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Basta scontri, serve unità per far nascere un governo del Presidente in grado di traghettare l’Italia fino al 2022, anno in cui si voterà per eleggere il nuovo Capo dello Stato. E un nuovo partito di sinistra, capeggiato da Matteo Renzi, non farebbe altro che procurare danni ad una sinistra che deve recuperare il contatto con il popolo, come antidoto al populismo, partendo dalla rete dei sindaci. È questa la ricetta di Matteo Ricci, sindaco di Pesaro ed ex vicepresidente del Pd targato Renzi, che ora lancia il suo appello alle due anime del partito: «Parlatevi, perché rischiamo di consegnare il Paese a Salvini».
Sindaco, il Pd al momento è lacerato dall’ennesimo scontro interno. Ne uscirà?
Siamo in una fase delicata per il nostro Paese. Il fallimento di questo governo ha prodotto una stagnazione della nostra economia, l’occupazione non cresce più e siamo alla vigilia della legge di Bilancio. In una situazione così drammatica sarebbe pazzesco pensare ad una divisione del Pd. È inaccettabile. Bisogna, invece, trovare la capacità di discutere e cercare la strada migliore, costruendo una posizione più forte ed autorevole da mettere a disposizione di Mattarella.
Qual è la strada da seguire?
In una situazione normale il voto sarebbe la cosa più lineare, sebbene non si sia mai votato in autunno. Ma il Paese rischia il tracollo economico e non possiamo far aumentare l’Iva.
Tocca al Pd cercare di evitare le urne?
Deve offrire una posizione autorevole, rimanendo coeso. Invito Renzi e Zingaretti ad una discussione serena e unitaria, sapendo che non c’è una strada facile, ma anche che non possiamo dividere il Pd. Se Renzi pensa ad una scissione fa una fesseria e non possiamo accontentarci di andare alle elezioni arrivando secondi. Questo lo dico a Zingaretti.
Però il segretario sembra avere una linea diversa.
Sta a lui indicare la direzione che deve prendere il partito, ma Renzi è ancora molto influente, quindi è necessario che si parlino. Il popolo del centrosinistra è disorientato e dobbiamo cercare di far prevalere non le logiche interne, ma l’interesse del Paese.
Come dovrebbe essere questo governo del Presidente?
Se il Partito democratico decide di mettersi a disposizione di Mattarella per una soluzione del genere, allora dobbiamo chiedere anche che a guidare questo governo non siano figure politicizzate, figure che abbiano avuto ruoli di responsabilità nel governo credo peggiore che la storia ricordi. E poi l’altro aspetto da valutare è il profilo temporale: il futuro esecutivo non può limitarsi all’approvazione della legge di Bilancio, ma deve portarci alle elezioni del nuovo presidente della Repubblica.
Chi potrebbe essere il premier a capo di questo esecutivo?
Serve una figura autorevole e di garanzia. Non può essere qualcuno che ha contribuito ai disastri di questo governo, non può essere dunque Giuseppe Conte, né uno dei ministri uscenti. Serve una figura nuova, nella quale la maggioranza del Parlamento si possa ritrovare.
Cottarelli, ad esempio?
Non lo so, non voglio fare nomi. Per fortuna possiamo contare su un grande presidente della Repubblica. Ci affidiamo a lui.
Zingaretti sostiene che impedire le elezioni possa essere un assist a Salvini, che così potrà additare gli altri come autoritari. Non pensa possa avere ragione?
Chiaramente ogni strada ha i suoi pro e i suoi contro. È chiaro che il pericolo che Salvini si possa rafforzare stando all’opposizione c’è, per questo considero l’orizzonte temporale importante. La priorità non è soltanto tenere a bada l’Iva, se pensassimo solo a quello rischieremmo di fargli fare liberamente campagna elettorale per sé e per il Presidente della Repubblica più utile ai suoi scopi. Anche tatticamente si darebbe sponda alla sua strategia. Il governo deve nascere con un profilo non politico, puntare alle elezioni del presidente della Repubblica, alla legge di Bilancio, alla riduzione del numero di parlamentari e, quindi, alla legge elettorale.
Crede sia questo il reale obiettivo di Salvini, arrivare ad eleggere un nuovo presidente?
Intanto ci sono due aspetti da considerare. Salvini non è il padrone dell’Italia e questo atteggiamento autoritario è pericoloso. È in un delirio di onnipotenza e non spetta a lui dirigere i giochi e decidere le sorti di un Paese, perché fissare la data delle elezioni è compito del Presidente della Repubblica. Ha preso tutti alla sprovvista, sotto ferragosto, lanciando la sua campagna elettorale dalla spiaggia in costume da bagno e scaricando sulle spalle dei 5 Stelle tutti i fallimenti di questo governo. Ma i fallimenti sono comuni, anzi, lui, che di fatto è stato il premier di questo esecutivo, ha le maggiori responsabilità. Il suo atteggiamento, ora, mira solo a creare problemi a coloro che fino ad oggi erano i suoi alleati. Ma non può scaricare tutto sul M5s.
Torniamo al Pd: c’è in gioco anche un rimescolamento di posizioni interne. Come se ne esce?
Penso che sia Zingaretti sia Renzi debbano evitare di dare ascolto ai pasdaran che girano loro intorno e che rischiano solo di fare danni. Quelli di Zingaretti sperano che Renzi se ne vada, ma fanno un errore clamoroso, perché rischiamo di trasformare il Pd in Pds; quelli di Renzi, invece, avendo paura di non essere rieletti, lo spingono a creare un suo partito. Così, però, rischierebbe di dare vita ad un piccolo partito che non gli farebbe onore, anche rispetto al passato che ha avuto, perché per me è stato un ottimo premier. Un leader non si mette a capo di un piccolo partito.
Come si recupera questa vocazione maggioritaria?
Prendendo esempio dalla rete dei sindaci, che non ha un approccio correntizio e può portare come proprio bagaglio un rapporto costante con i cittadini, che troppo spesso è stato abbandonato. Noi rappresentiamo un’interfaccia essenziale con la cittadinanza, abbiamo vinto in città importanti, quindi abbiamo dimostrato sul campo di avere rapporto col popolo, che può essere il reale antidoto al populismo. C’è una rete straordinaria del centrosinistra, persone come il sindaco di Milano Beppe Sala, ad esempio, che possono aiutare la segretaria nazionale. Si riparta da lì.