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Scandalo. Renzi se ne va e fonda il suo partito.
Il sistema politico è in subbuglio, la maggioranza ancora di più. Il PD, manco a parlarne. Eppure è lo stupore che stupisce. Dov’è la notizia?
La scelta è frutto della fase di transizione verso cui ci muoviamo. E dell’abilità tattica dell’uomo, che anche gli avversari gli riconoscono. Perché, diciamoci la verità, nessuno sa più in che diavolo di sistema politico siamo. E’ quindi cruciale essere pronti a tutti gli scenari.
Hai voglia a contare le Repubbliche. Qui ogni anno si apre una nuova èra. Peccato che nel paese del Gattopardo… le nuove “ère” puzzano. Di antico. Anzi di proporzionale.
Ma andiamo con ordine.
Punto primo. La nuova maggioranza nasce con una chiara regola di ingaggio: riaffermare il baricentro europeo dell’Italia e contenere le spinte sovraniste. In un paese così instabile, che vede all’orizzonte un ulteriore fattore di instabilità quale la scelta del nuovo Presidente della Repubblica ( garanzia dell’unica continuità che questo paese si sia riuscito a dare in questi decenni), non ci si può affidare solo a un accordo di maggioranza. E’ necessario – per la maggioranza - disinnescare il rischio del ritorno sovranista. E l’unico modo è scongiurarne la possibilità di una vittoria elettorale degli “altri”, che continuano ad avere il vento in poppa nei sondaggi.
Lo strumento è noto: un bel ritorno al proporzionale puro. Il sistema che, più di ogni altro, minimizza il rischio che qualcuno vinca le elezioni. Ecco l’antico che torna. E puzza, gattopardescamente puzza. E’ l’odore della paura. Quella di perdere. Non è detto però che quest’operazione funzioni. Per vari motivi.
Una prima ragione politica è legata alla strategia dei cosiddetti sovranisti. Dopo la batosta di agosto potrebbero correggere il tiro. L’antieuropeismo estremista è ansiogeno. Non rassicura gli italiani rispetto alle proprie paure. E rassicurare contro le paure è stata la forza di Salvini in questi mesi.
Così, mentre l’invocazione autarchica “l’Italia sovrana fuori dall’Europa” spaventa e fa anche sorridere ( nemmeno l’ “impero britannico” ci riesce, figuriamoci l’Italia), rivendicare sovranità in Europa ( magari dall’interno del PPE) e non oltre l’Europa toglierebbe molti alibi di cui si nutre la caccia alle streghe della Santa Alleanza che sostiene il governo. L’Europa, non necessariamente questa Europa, è un orizzonte epocale per cercare di contrastare la ristrutturazione mondiale di potenza. La prospettiva di restare vasi di coccio abbandonati a se stessi, spaventa, dà ansia.
Il secondo elemento da non sottovalutare è quello del radicamento del maggioritario nella mente degli italiani. Dopo le elezioni, eravamo in pochi a contestare il Requiem corale del bipolarismo. A un anno di distanza il corteggiamento tra PD e M5S è talmente evidente che si parla già di matrimonio.
Per questo la scelta di Renzi più che una notizia è un posizionamento. Quello di un abile giocatore, che, da un lato, riscatta le quote sociali per esercitare in autonomia la golden share della maggioranza che lui stesso ha costruito e, dall’altro, non si preclude la possibilità di giocare in uno scenario ancora bipolare, sfidando direttamente Salvini, ( come ha fatto appena annuciato il partito) come leader del fronte contrapposto.
Lui è pronto per giocare col proporzionale ( come player neocentrista), ma se fallisse la strategia difensiva, è pronto a interpretare il ruolo di front runner della competizione maggioritaria. E gli altri? Che fanno?