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Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e storico dirigente di Fdi, in tema di premierato striglia il suo stesso partito a introdurre le preferenze nella futura legge elettorale perché, dice, «è una nostra storica battaglia e i parlamentari non devono essere decisi da segretari o apparati di partito».
Vicepresidente Rampelli, si parla di modifiche alla norma antiribaltone: ci sono possibilità?
Penso che di fronte a una proposta di riforma costituzionale di questa natura sia inopportuno incancrenirsi su quello che è un dettaglio rispetto all’impianto della legge. Anche perché ci sarà un iter parlamentare e quindi un confronto tra maggioranza e opposizione. Il nostro obiettivo è allargare più possibile l’area del consenso, ricordando che la cosiddetta definizione di “sindaco d’Italia” non appartiene esattamente al nostro mondo. Già essere passati dal presidenzialismo a una riforma che indica la formula del sindaco d’Italia dovrebbe essere recepito come un segnale importante.
Ma questa riforma non è esattamente il sindaco d’Italia, proprio a causa della norma antiribaltone. Tant’è che Renzi sembra perplesso…
Vogliamo dare ai cittadini il potere di decidere da chi essere amministrati, e in questo senso l’elezione diretta in quanto tale è già una norma antiribaltone. Il fatto che per impedimenti di qualunque genere e causa possa esserci la possibilità di convergere su un persona diversa rispetto al presidente del Consiglio eletto è un’opportunità per proseguire la legislatura nel solco delle scelte degli elettori.
Eppure molti, anche in maggioranza, preferirebbero il simul stabunt simul cadent: se il premier eletto cade, si torna al voto. Che ne pensa?
Attenzione, perché già oggi vediamo situazioni come quella dell’elezione diretta dei presidenti di Regione, ai quali, in determinate circostanze, sono subentrati i vicepresidente. E Anche nei comuni, quando il sindaco cade, non è che si dissolve l’amministrazione ma esiste comunque un governo per gli affari ordinari che prosegue il lavoro. Bisogna vedere quale è il perimetro temporale nel quale il subentrante è chiamato ad agire e questo lo potrà stabilire il Parlamento nel corso dell’esame. La riforma è sul tavolo e può essere integrata e migliorata. Tutti chiediamo di rendere protagoniste le Camere ed è quello che accadrà.
Dunque sarebbe favorevole a fissare un limite temporale entro il quale dopo la nomina del subentrante si torni al voto?
Penso sia giusto che queste decisioni vengano prese all’interno della coalizione, alla quale viene dato il consenso dei cittadini anche sul programma sottoscritto, del quale sono custodi il premier eletto ma anche i partiti che lo sostengono. In ogni caso, questo sarà oggetto di approfondimento e una soluzione utile potrebbe essere andare a elezioni anticipate dopo un periodo di tempo stabilito.
Una sorta di governo “elettorale”?
Io la vorrei così. Un premier chiamato a gestire la transizione prima del voto sarebbe il non plus ultra. Ma mi focalizzerei soprattutto sulla legge elettorale.
A proposito, il premio di maggioranza sarà accompagnato dalle liste bloccate?
Il premio di maggioranza sancisce la stabilità dei governi locali, quindi è corretto. Così come sarebbe corretta l’introduzione del voto di preferenza. Se va bene per Comuni e Regioni non capisco perché non dovrebbe andar bene per il Parlamento nazionale. Penso che i cittadini debbono decidere da chi farsi rappresentare. Non lo devono decidere segretari e apparati. Questa è una storica battaglia di FdI e immagino che una volta approvata la riforma si prenderà in considerazione questa nostra antica proposta.
Per l’opposizione i poteri del presidente della Repubblica saranno diminuiti: come commenta?
Le prerogative del capo dello Stato rimangono intatte e il Colle continuerà ad essere figura terza e garante della Costituzione. Queste osservazioni sono tipiche di chi non vuole cambiare nulla. Abbiamo sperimentato tutta la fragilità del nostro sistema e abbiamo potuto constatare, osservando la storia d’Italia, che i governi hanno avuto una durata media di otto mesi. Siamo ridicoli agli occhi del mondo. In una dinamica planetaria, con una globalizzazione che dal 1989 in poi ha rivoluzionato tutti i processi istituzionali, trovarsi incapaci di dare stabilità ai governi significa produrre un danno per la comunità e per la nazione.
Pd, M5S, Avs e Azione propongono la sfiducia costruttiva: si può dialogare su questo?
O si fa il presidenzialismo o si fa l’elezione diretta del capo del governo. Tertium non datur. Chi critica vuole mantenere lo status quo, il quale è evidente che avvantaggi storicamente la sinistra che non ha una maggioranza culturale nella società e si trova magicamente a governare anche quando perde le elezioni. Questo è inaccettabile. E La sfiducia costruttiva non è altro che il pertugio attraverso il quale far rientrare dalla finestra il trasformismo che noi vogliamo cacciare dalla porta principale.