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È il 18 maggio del 1978, all'ora di cena, l'ora della Tribuna Politica in tv. Sullo schermo appaiono Mauro Mellini e Marco Pannella, la bocca fasciata da un fazzoletto bianco, con cartelli scritti a mano, immobili. Il silenzio è pesante e denso come una colata di cemento. La telecamera inquadra il cartello di Mauro "Bavaglio al Referendum" e il suo viso impietrito, poi passa su Marco e sul cartello "La Rai Tv abroga la verità e l'informazione". Marco ti spara addosso quel suo sguardo color del cielo quando è senza nuvole, e quello sguardo ti si infila dentro e ti insinua la certezza che quell'uomo ha ragione. Poi entra in scena Emma, imbavagliata a sua volta, toglie il bavaglio a Marco e lui la libera: recita quello che deve, mitragliando parole veloci, con quella sua voce così giovane (non ha ancora trent'anni ed è deputato già da due, è ancora vestita da signorina di buona famiglia venuta da Bra, provincia di Cuneo, con la gonna e la camicetta). Dice che sono state raccolte le firme, che si dovranno votare i Referendum e nessuno sa ancora su che cosa si voterà. Raccomanda di cercare sulla radiolina Radio Radicale: a Roma 88,5, a Torino 90. Poi parla Marco: a quel suo sguardo assassino si aggiunge la voce, e ti accarezza l'anima; sembra che parli con ciascuno dei milioni di ascoltatori della Rai, proprio come se parlasse soltanto per ognuno di loro: «Non sapevamo che fare, perché vi sia chiaro che dovete conoscere, per poter deliberare?»Diciotto mesi prima, il 4 novembre 1976, il 17° Congresso aveva eletto Segretaria del Partito Radicale Adelaide Aglietta: prima donna a rivestire il più alto incarico politico in un partito. Nel primo anno della sua segreteria aveva curato la raccolta delle firme sugli otto referendum, e attuato uno sciopero della fame di 73 giorni senza interruzione con l'obiettivo di ottenere la riforma carceraria e il superamento del regime di carcere duro.La sera del 18 gennaio 1978 Adelaide ascolta dal telegiornale la sentenza di non ammissione di quattro degli otto referendum. Nel suo libro autobiografico parla di rabbia, di disperazione, nel sentire dal Tg della sera che la Corte Costituzionale ha cancellato il referendum sul Concordato fra Stato e Chiesa, sui reati di opinione e sindacali del codice Rocco, sui codici e tribunali militari.Scrive ancora Adelaide: «Avevamo fatto di tutto, per nulla. Abbiamo deciso di cessare le attività politiche nazionali del partito, chiarendone il motivo con un comunicato stampa: «Per una forza politica di opposizione che intenda essere nonviolenta, costituzionale, in queste condizioni non esistono più i margini per esercitare la propria funzione; l'unica via praticabile è ormai diffondere le lotte radicali e libertarie nelle città e nelle regioni, non più da Roma, dal centro».A Torino c'è un clima pesante: si stanno cercando giudici popolari per il processo alle Brigate Rosse, e più di cento torinesi sorteggiati per far parte della giuria hanno presentato certificati medici per esserne esentati. La città è piena di poliziotti in borghese a bordo di auto comuni, e tuttavia le Br hanno ucciso l'avvocato Fulvio Croce, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Torino, designato per la difesa d'ufficio dal presidente della Corte d'Assise. I brigatisti rifiutano il processo, a maggior ragione una difesa, e il disaccordo va regolato col mitra. Dopo due anni di inutili tentativi, improvvisamente viene estratto il nome di Adelaide Aglietta.Adelaide ha paura, pensa alle due figlie adolescenti, ai genitori sempre così apprensivi: ma sente di dover compiere un dovere, accetta la nomina. Rifiuta la scorta, telegrafa a Cossiga, ministro dell'Interno: «Non conosco altra garanzia possibile di serenità e di sicurezza che quella derivante dall'assenza di armi e armati di qualsiasi tipo». I compagni la proteggono ospitandola ogni sera in una casa diversa, perché il rischio di un agguato sia meno greve: l'esempio di Adelaide porta altri sorteggiati ad assumere l'impegno civile di garantire un processo equo, il processo si celebra, si arriva alla sentenza.Quelli fra noi che hanno capito veramente la lezione di Marco hanno sempre agito così, ben consci della propria responsabilità individuale. Adelaide, quando ha trovato la forza di chiudere la sede e le attività nazionali del Partito, non intese certo lasciare che ciascuno degli iscritti decidesse linee di azione lontane dal metodo e dai mezzi radicali per raggiungere altri obiettivi: ha invece trasferito nei partiti radicali regionali la responsabilità di far vivere l'idea e il progetto radicale. Certo, c'erano sempre alcuni che erano interessati a qualcos'altro, fossero problemi ecologici o animalisti o sindacali, ma non per questo mancavano di collaborare a quella iniziativa che aveva riscosso - fra i compagni - il maggior numero dei consensi. C'erano militanti dovunque, che lavoravano sodo in serena prestazione gratuita e non chiedevano né si aspettavano riconoscimenti ufficiali o incarichi remunerati. Sì, alcuni se ne sono andati, hanno trovato casa e "carriera", altrove. Ma nonostante le fughe, ad onta delle diatribe sull'eterna vertenza fra radical-nonviolenti e radical-democratici (quasi che il nonviolento fosse l'opposto di un democratico), il Partito continua a vivere, è ancora qui.Anche recentemente è riaffiorato il quesito: "e se chiudessimo il Partito? ". Il Tesoriere, nella sua relazione, ci ha detto chiaramente che l'iniziativa politica radicale non può continuare, perché le azioni condotte in questi ultimi cinque anni, sia dal Partito che dalle realtà costituenti, che ne hanno utilizzato la sede e le strutture, hanno causato l'accumularsi di un debito di un milione di euro. In più il referendum, lo strumento di lotta che ha contrassegnato i più importanti momenti di accordo fra noi e l'opinione dei cittadini, mostra la corda e si è fatto impraticabile per mancanza di autenticatori delle firme e di volontari per raccoglierle.Se questo Congresso sarà vissuto con dignità, con lealtà, con coerenza ai principi e alla tradizione radicale; se i giornali e le Tv saranno capaci di raccontare questo Congresso in modo corretto; allora la gente capirà che soltanto il Partito Radicale ha a cuore la difesa dei diritti di tutti e ciascuno. E se gli italiani capiranno che "conviene" proprio a loro l'esistenza e la resistenza del Partito Radicale, allora un gigantesco referendum avrà luogo subito, senza bisogno di raccogliere le firme. Non sarà un referendum abrogativo (articolo 75 della Costituzione), sarà un referendum spontaneo, confermativo di fiducia. Cinquemila iscrizioni al Partito Radicale bastano per pareggiare il debito dovuto all'attività politica pregressa. Se saranno settemila, ci saranno anche i margini per riprendere immediatamente la lotta per la giustizia, per l'amnistia, per il diritto dei popoli a conoscere la verità sui fatti che li riguardano, per favorire una comune conquista di condizioni da Stato di diritto.Qui la più vecchia (per età anagrafica) di tutti i Radicali vuole essere speranza: solennemente affido a tutti noi il compito di celebrare lealmente un buon Congresso, e ai cittadini il potere di confermarci la fiducia, iscrivendosi al Partito Radicale: sul sito www. radicalparty. org o con i mezzi che Radio Radicale ricorda ogni giorno. Con senso di responsabilità e con urgenza. (sintesi dell'intervento al 40° Congresso del Partito radicale)