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Quello scontro sotto traccia. Lo scontro tra Lega e M5S sulle autonomie, forse la meno sacrificabile in assoluto tra le riforme del programma leghista, si svolge alla luce del sole, facilmente percepibile per chiunque abbia voglia di sbirciare oltre le dichiarazioni di facciata, che impongono a pentastellati di confermarsi in linea di principio favorevoli alle autonomie rafforzate.
E' probabile però che su quel fronte, come su molti altri, al confronto tra i partiti della maggioranza se ne aggiunga un altro, inconfessato e nascosto: quello tra il partito di Salvini e la massima istituzione della Repubblica, il Quirinale.
Parla Mattarella
Mattarella è intervenuto nel contenzioso una prima volta già qualche mese fa. La Lega era allora decisa a forzare la mano per un'approvazione che di fatto impedisse al Parlamento qualsiasi intervento.
L'escamotage era considerare le autonomie rafforzate alla stregua degli accordi con le confessioni acattoliche.
In questo modo tutto si sarebbe risolto con un voto secco, sia pure vincolato all'obbligo della maggioranza assoluta e non relativa. Senza passaggi in commissione.
Senza emendamenti e relativi voti. Trattandosi di una legge che rimodella lo Stato italiano ben più di una ' semplice' riforma costituzionale, la forzatura sarebbe stata inaudita.
Il capo dello Sato convocò in quell'occasione i presidenti della Camere, Casellati e Fico, e ricordò loro, in più di una occasione, il dovere di difendere le prerogative del Parlamento.
Al momento l'idea di un passaggio- lampo della legge sulle autonomie, quando il sospirato testo sarà infine stato approntato, sembra tramontata, anche se l'iter del provvedimento non si capisce bene quale sarà.
La materia è talmente vaste e le commissioni interessate sono tante che un iter normale significherebbe lasciare la legge in Parlamento per tempi biblici, ed esporla a cambiamenti radicali a valanga.
Una posizione defilata
Nell'attuale contenzioso il capo dello Stato non figura direttamente. O meglio non figura nelle vesti attuali di primo cittadino.
Probabilmente però non è un caso se per contrastare il passaggio cruciale sull'istruzione i 5S impugnano proprio una sentenza della Corte costituzionale dello stesso Mattarella, sulla decisione della Regione Lombardia di procedere con una chiamata diretta dei docenti molto simile a quella che figura oggi nella bozza della ministra Stefàni.
Nel corso dei mesi, inoltre, il filo diretto tra il presidente della Repubblica e quello del Consiglio si è fatto sempre più robusto e in una contesa tra i due soci della maggioranza il ruolo arbitrale del premier finisce per forza per essere esaltato.
Questa sorta di confronto per interposti soggetti tra Mattarella e Salvini deriva in parte dal modo di intendere il proprio ruolo istituzionale del presidente e in parte dall'esperienza diretta nella prima fase del percorso di governo.
L'attenzione estrema di Mattarella per il rispetto anche formale dei limiti del proprio mandato è nota.
Da questo punto di vista l'attuale inquilino del Quirinale ha uno stile diametralmente opposto a quello del suo predecessore, Giorgio Napolitano, la cui interpretazione della presidenza della Repubblica era più che estensiva.
Interventi felpati
Ciò non significa che il presidente intenda restare spettatore ma solo che cerca puntualmente il modo per intervenire nel modo meno fragoroso e invadente possibile, dunque spesso seguendo canali indiretti e affidandosi al consiglio e alla moral suasion più che alla pressione aperta.
Anche perché Mattarella non ha dimenticato le polemiche seguite ai suoi interventi diretti, quello per impedire la nomina di Savona a ministro dell'Economia ai tempi della formazione del governo e quello per forzare la mano sullo sbarco dei profughi della Diciotti.
Se appena possibile, il presidente punta invece su vie più oblique.
Capita in questi giorni su una materia delicata come l'indicazione del commissario europeo.
Mattarella sa che la faccenda non è di sua competenza diretta ma sa anche che molto difficilmente un commissario della Lega verrà approvato dal Parlamento europeo e cerca dunque di spingere i suoi referenti diretti nel governo a optare per un ministro d'area e non di partito.
E' capitato col dl Sicurezza bis, che al Colle non è piaciuto affatto ma sul quale Mattarella si è limitato a segnalare gli aspetti clamorosamente incostituzionali.
Capita anche sugli sbarchi, con un capo dello Stato che non sta affatto in panchina ma evita accuratamente di figurare.
La consapevolezza di avere le spalle coperte dal guardiano della Costituzione regala però ai 5S, solitamente terrorizzati dal rischio di una crisi, un coraggio di questi tempi per loro inusuale. Tanto più che lo spettro del voto a settembre è ormai fugato. Per questo sul fronte delle autonomie hanno deciso di cedere il meno possibile.