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Può sembrare curioso scegliere la «connessione» come tema di un Expo. E invece nell’era delle comunicazioni globali istantanee, il “Connecting Minds” indicato dal Commissariato per l’esposizione 2020 non è un obiettivo acquisito. Un conto è l’infrastrutttura tecnologica, altro è il brainstormig globale tra culture diverse. In un’ottica così ambiziosa, e persino più innovativa di quanto si creda, si inseriscono l’Italia e in particolare l’avvocatura italiana. Che con il Cnf sarà primissima linea a Dubai, dove si terrà la prossima Esposizione universale ( ottobre 2020- aprile 2021). Dalla massima istituzione forense verrà un contributo rilevantissimo sul versante dello sviluppo sostenibile: promuovere la definizione di un «nuovo, inedito diritto all’acqua, che possa essere riconosciuto da tutti gli Stati coinvolti nell’Expo, il che equivale a dire, di fatto, da tutto il mondo», spiega Francesco Greco, consigliere Cnf che coordina la Commissione interna per l’Expo di Dubai.
Greco illustra un’ambizione nell’ambizione, quella appunto degli avvocati italiani. Straordinaria e persino difficile da misurare. «Non esiste un diritto internazionale all’acqua: partiamo da qui. Partiamo anzi dalla nostra Costituzione, che neppure prevede quel diritto. Si provi a immaginare», riflette il consigliere Greco, «come sarebbe stata diversa la storia del nostro Paese, in particolare in Regioni come la Sicilia, se nella nostra Carta fondamentale il dirtto all’acqua fosse stato riconosciuto: probabilmente in tanti piccoli centri siciliani l’acqua corrente non sarebbe arrivata solo 15 anni fa, come invece è avvenuto. Ora si provi a trasferire una simile logica sul piano globale. E si comprenderà come stabilire un diritto, un’idea di accesso regolato alle risorse idriche, vorrebbe dire davvero cambiare la storia dei popoli, cioè del pianeta».
Lo scorso 19 marzo il presidente del Cnf Andrea Mascherin ha sottoscritto con il Commissario italiano per Dubai 2020, Paolo Glisenti, un protocollo d’intesa che coinvolge la stessa istituzione forense in una collaborazione rivolta a promuovere «iniziative congiunte» in vista dell’Expo. Ebbene, tale contributo si tradurrà essenzialmente nella elaborazione di una «Carta universale del diritto all’acqua», che il Cnf, ricorda Greco, «sottoporrà a tutti gli altri Stati. L’idea di un simile, straordinario documento, è quella di riconoscere il diritto di ciascun Paese ad utilizzare in modo razionale e sostenibile le risorse idriche, senza impedire che possano accedervi anche altri Paesi». È il principio alla base dell’idea liberale di democrazia applicato alla dimensione globale della risorsa primaria. «Oggi in diverse parti del mondo, innanzitutto in Asia, i Paesi che detengono le sorgenti realizzano dighe per chiudere il corso dell’acqua e approvvigionarsene in modo esclusivo», aggiunge il coordinatore della commissione Cnf per l’Expo. «Impediscono così l’accesso alle fonti a chi si trova in posizioni geografiche diverse, con tutte le immaginabili conseguenze in termini di conflitti. Se tutti i Paesi condivideranno la Carta universale, dunque il principio per cui l’acqua non può essere oggetto di una simile appropriazione, l’avvocatura italiana diverrà protagonista di una svolta epocale».
È così. Connettere le menti, secondo lo slogan dell’Expo. Che vuol dire anche connettere le menti giuridiche, per affermare la priorità del diritto lì dove ancora il diritto non c’è.