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Renzi
La decisione dei magistrati di rendere pubblica una lettera privata, di Tiziano Renzi al proprio figlio, anche nelle parti più delicate e di nessun interesse processuale, non avrebbe bisogno di alcun commento. Martedì sera nel corso di una trasmissione in prima serata la lettera è stata letta per ben tre volte e commentata dei campioni del giustizialismo disposti in formazione di “testuggine”. Un autentico assalto alla “vita degli altri”. Renzi può essere la persona più antipatica del mondo ma ha avuto il merito di affrontare i magistrati a testa alta e con la schiena dritta ritenendo di trovarsi dentro una persecuzione giudiziaria per fini politici. Può darsi che abbia sbagliato in alcuni passaggi, anzi ha certamente commesso un errore quando si è soffermato su vicende personali di singoli magistrati ma.. solitamente reagisce chi ha la coscienza pulita e non ha scheletri nell’armadio. Comunque la si pensi su Matteo Renzi non v’è alcun dubbio che dinanzi ai pm, abbia dimostrato coraggio. E, nel mondo politico attuale, è cosa rara. Nei mesi scorsi il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, in piena crisi di governo, ha ricevuto da parte della procura di Catanzaro un avviso di garanzia per il grave reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Si stabilirà successivamente che non solo non esisteva uno straccio di prova ma neanche un timido indizio che portasse ad una tenue responsabilità di Cesa nella vicenda in cui fu coinvolto. Per giorni e giorni Lorenzo Cesa è stato sputtanato sulla stampa e nell’intero Paese. Poi, la vicenda è stata archiviata: Cesa non sarà un giglio da campo ma con la ’ ndrangheta c’entra proprio nulla. Cosa ti aspetti da un politico di “statura nazionale” e con la testa alta in casi come questo? Non certo rappresaglie di natura personale contro i magistrati che l’hanno coinvolto sia pure operando non leggerezza e superficialità. Altra cosa sarebbe stata la scelta di trasformare la propria vicenda (apparentemente) personale in proposta politica tesa a mettere fine alla strage di innocenti che quotidianamente si consuma in Italia. Invece, l’estremo rifugio dei pavidi è quello di pronunciare la fatidiche parole “fiducia nella Giustizia”. Amen! Sappiamo tutti che quasi mai c’è sincerità in chi pronuncia questa frase di comodo. Anzi è certo che tale frase rappresenta oggettivamente una resa senza condizioni ai propri persecutori. A volte una vera supplica di essere lasciati in pace. Non mi sento di esprimere giudizi su quanti si comportano in tal modo. In alcuni casi, come per esempio nel caso di Cesa, ciò avviene per ragioni imperscrutabili almeno per noi umani, in altri perché il cittadino comune è estremamente debole dinanzi allo strapotere dei magistrati che, in alcuni casi, sconfina nel potere assoluto e totalmente svincolato dalle stesse leggi dello Stato. Proprio per tali ragioni il comportamento di Renzi rappresenta un’eccezione, e non di poco conto -, alla regola. E se anche, come nel mio caso, si condivide molto poco della politica “renziana”, diventa forte la tentazione di mettersi al suo fianco soprattutto per chi considera la tutela della Costituzione come la prima emergenza nazionale. Restano però tanti dubbi. Ed i dubbi, ancora una volta, ci riportano in terre difficili. Per esempio è lecito domandarsi perché Renzi, nel 2014, avrebbe voluto l’attuale procuratore di Catanzaro (non proprio un campione di garantismo) come ministro della Giustizia? Il tarlo diventa forte ma, ovviamente, non ho alcuna possibilità di interloquire con Renzi. È certo però che per essere credibile nella sua battaglia di oggi, ha il dovere di spiegare le ragioni della sua scelta di allora. Spieghi, perché ha buttato definitivamente alle ortiche quel poco che ancora restava della migliore storia garantista e libertaria scritta dalla Sinistra italiana. Sa bene il senatore Renzi che nessuno lo seguirà se ci sarà il sospetto che egli persegua il sogno di una “giustizia giusta” per pochi mentre i cittadini comuni, soprattutto in Calabria, portano sulla loro pelle le ferite profonde inferte da un giustizialismo che ha operato senza pietà e senza alcun rispetto per la vita degli altri.