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Qualcuno ha visto per caso camminare l’Immuni per le strade d’Italia? Ma come, quell’applicazione dal volto umano da scaricare sul telefonino che ci deve garantire la definitiva cacciata del Covid ( l’immunità, appunto: lo dice la parola) attraverso il controllo delle autorità sanitarie sui nostri spostamenti, congiungimenti, imboscamenti, insomma della nostra vita? Nessuna notizia?
Eppure la narrazione ufficiale era stata suadente: voi scaricate gratuitamente e volontariamente l’app securitaria e noi vi diciamo quando si avvicina l’untore. Fantastico! Già, solo che a furia di semplificare le narrazioni per il pubblico, un po’ di cose sono restate in ombra senza che nessuno facesse le domande giuste. E non mi riferisco a tutto il pur rilevante arco di questioni tecniche in senso stretto, tipo persona infetta segnalata a un metro da me ma che sta dall’altra parte del muro nell’appartamento contiguo e la app non lo capisce. No: parlo di questioni perplesse all’origine. Un primo e non irrilevante ordine di questioni riguarda la nostra privacy. So che l’argomento quando viene evocato sembra come le canzoni di Lucio Battisti: un pizzicotto al cuore per quelli di una certa età. Ma, anche se ne abbiamo fatto volontario scempio con smartphone e social, si tratta comunque di un diritto fondamentale tutelato dalla nostra Costituzione. Forse un sacrificio temporaneo si può fare a fronte dell’interesse superiore della comunità colpita da una crisi sanitaria importante, ma devono essere chiare almeno tre cose: 1) deve essere un sacrificio utile e risolutivo; 2) deve essere un sacrificio temporaneo; 3) devono essere fornite garanzie chiare sulla gestione e sulla distruzione dei dati una volta conclusa l’emergenza. Sarebbe, dunque, questo un sacrificio utile?
Gli esperti dicono che questo controllo funziona a partire dall’adesione del 60% dei cittadini, all’incirca 36 milioni di italiani. Francamente non capisco come facciano a dire che basti quella percentuale: poniamo che la rimanente parte sfuggita al controllo, 24 milioni, sia ( teoricamente, per carità) contagiata dal Covid: che succede? E sia chiaro: la logica del contact tracking volontario è la buona fede da parte dei contagiati, che dovrebbero autodenunciarsi, non degli illesi. Comunque diamo credito agli esperti e diciamo che lo screening funziona una volta agganciata quella soglia del 60%. A che punto siamo, allora? Sette giorni fa la ministra responsabile, Pisano, ha dichiarato con una qualche soddisfazione che eravamo arrivati alla ragguardevole soglia del 5,5%. “Annamo bene!!”, avrebbe detto la Sora Lella. Quando finirà la app di circolare sugli smartphone che l’hanno amorevolmente accolta non è dato di sapere. Nè viene raccontato che cosa succederà dei dati fiduciosamente consegnati dal cittadino al governo. L’app è stata prodotta da un privato, la società milanese Bending Spoons, per conto del governo italiano che resta proprietario di quei dati. Ma se quelle informazioni non servono a niente perché sono poche e male assortite, che se ne fa? La verità? Il sistema di contact tracking ha fallito quasi dappertutto nel mondo democratico: se la base è volontaria non funziona, è persino banale. Meno male che siamo quasi a luglio e magari anche il Coronavirus si è un po’ stancato.