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Diciamola tutta: è da maramaldi, di chi vuole vincere giocando facile, rimproverare a Matteo Salvini la sua simpatia e il suo sostegno a Vladimir Putin; e per quel che riguarda la sua “missione” polacca di smaccata demagogia in linea col personaggio: non è grave la contestazione a opera di un sindaco di quel Paese che gli rammenta e rimprovera passate posizioni e indumenti indossati. Un sindaco di buona memoria l’avrebbe potuto incontrare ovunque. Banale il coro di “guarda un po’” compiaciuti. È altro piuttosto che dovrebbe colpire: l’improvvisazione, la “leggerezza” con la quale la “missione” è stata organizzata. Il fatto che Salvini, o chi per lui, abbia pensato che bastava presentarsi con un autobus, medicine e cibarie, ed essere accolto come un novello George Patton, venuto a distribuire, con la promessa di libertà e democrazia, tavolette di cioccolata, carne in scatola e gomme da masticare. Il modus operandi del leader della Lega, in questa occasione e chissà quante altre: l’idea ingenua e al tempo stesso bislacca, che sgomenta; al pari della precedente ( bisogna dire coltivata da tanti altri), di andare a Kiev a far sotto le bombe russe non si sa bene quale convivio ( e guardandosi bene, tuttavia, dal farne uno, come si potrebbe pur fare, sotto le finestre del Cremlino, a Mosca, come fanno migliaia di russi).
Da un tipo che assume questi comportamenti con questa “leggerezza” che di che preoccuparsi: è come il tipo che avuta un’arma in mano, si spara da solo i “santissimi”.
Si assiste poi a una sorta di difesa che è peggiore del buco che intende rattoppare. Ci si affanna a dire: non solo Salvini ha baciato la pantofola di Putin. Vero. Verissimo. In quanto a baciar pantofole a questo o quello, si è specialisti. Basterebbe ricordare l’avvilente spettacolo offerto dalla visita di Gheddafi a Roma, tutto il corteo di politici, finanzieri, faccendieri, accorsi a rendergli ossequio e omaggio. All’epoca, tra i potenti che lo mantennero una briciola di dignità, fu solo il presidente della Camera Gianfranco Fini, che stanco di attendere i comodi di Gheddafi, annullò l’incontro e lo mandò a quel paese.
Per tornare a Putin e a Salvini, si obietta che un po’ tutti si sono inchinati di fronte al dittatore russo, destra, centro, sinistra che sia. Il direttore di Libero Alessandro Sallusti, per tutti: «Alzi la mano chi combatteva lo Zar» ( titolo del suo editoriale). Tra l’altro scrive: «… Da Prodi a Letta, da Renzi a Berlusconi tutti i nostri politici di rango hanno avuto a che fare amichevolmente con Putin durante la sua precedente vita e in modi e forme diverse gli elogi nei suoi confronti non sono mai mancati. A Salvini solo questo non è perdonabile, se ho capito bene, per una questione di look. Già, perché un conto è andare a stringere la mano a Putin con sorriso a favore di fotografi in doppiopetto scuro, altro sarebbe indossare una maglietta con la sua effigie…».
Del look salviniano si lascia discutere chi di questo si appassiona e si interessa. Qui, interessa il poter o no alzare o la mano. Marco Pannella e il Partito questa mano la possono alzare: oggi, ieri, e si ha la presunzione di dire anche domani. Preferisco ora lasciare la parola al segretario del Partito Radicale Maurizio Turco: «… Eccoci! Noi, il Partito Radicale, con Marco Pannella, abbiamo combattuto contro il sistema Putin. Noi abbiamo lottato contro l’invasione della Cecenia, gli sconfinamenti in Georgia, Crimea, Kazakhistan, e contro la repressione del popolo russo. Noi abbiamo accolto e avuto tra i nostri dirigenti Umar Khambiev, ministro della Salute nell’ultimo governo ceceno eletto legalmente. Noi abbiamo avuto Andrea Tamburi, responsabile della nostra sede a Mosca, ucciso. Noi abbiamo avuto Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale, assassinato a Tiblisi, in Georgia, mentre indagava sulla guerra in Cecenia. Fino a quando la Russia non ha chiesto di espellere il Partito Radicale dal Comitato economico e sociale dell’Onu. Chi combatteva lo zar Putin? Noi».
A me piace inoltre ricordare che al funerale di Anna Politkovskaja, la giornalista assassinata a Mosca da killer di Putin, un solo parlamentare europeo era presente: Pannella, pur gravemente malato. Generalizzare è sempre ingiusto; non è vero che sono tutti uguali; c’è chi si è prodotto in caldi e solidali abbracci, ha tributato e ricevuto onori e glorie; c’è chi si è schierato per la difesa dei diritti umani e civili, a fianco di quanti, in quelle realtà per quei diritti lottavano, pagando con arresti, processi, condanne, violenze fisiche anche estreme. C’è chi quella mano la può alzare senza timore.