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Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo, e “voce” di Giorgia Meloni a Strasburgo, spiega che «Fdi auspica più o meno la ripetizione in Europa del modello italiano, ma potrebbe anche esserci una forma ibrida fatta da Popolari, Ecr e alcune delegazioni di Id e Renew Europe». Poi invita il commissario Gentiloni «a lavorare per l’Italia e non per il Pd».
Presidente Procaccini, dopo le parole di Manfred Weber sperate ancora nel dialogo tra Conservatori e Popolari per la guida della futura commissione Ue?
Mi faccia sottolineare che le Europee non sono elezioni che prevedono una coalizione, la quale poi se vince governa e l’opposizione sta all’opposizione. Le maggioranze si formano volta per volta e spesso non si formano tra gruppi ma tra delegazioni di partito. Quando Ursula von der Leyen è diventata presidente della Commissione, la votazione che ha certificato una maggioranza risicatissima di 9 voti un minuto dopo non c’era già più. Tanto è vero che per quei 9 voti di scarto furono decisivi Fidesz, il Pis polacco che fa parte dei Conservatori, e altri. Non hanno fatto parte di quella maggioranza buona parte dei Socialisti, tutti i Verdi e tutta la Sinistra. Poi i Verdi ad esempio hanno votato il Green deal i Verdi, a differenza di Orban e del Pis.
È innegabile però che Meloni e Weber negli scorsi mesi abbiano dialogato per cercare convergenze tra Popolari e Ecr…
Certo, ma tutto dipende dagli equilibri determinati dal voto del Parlamento europeo, che io credo si sposterà verso destra, e anche dalla composizione del Consiglio europeo, che è l’organismo politicamente più forte dell’Ue. Fortunatamente mi sembra che tutte le ultime elezioni nazionali stanno vedendo il centrodestra acquisire nuovi governi e il centrosinistra perdere o pareggiare, come accaduto in Spagna.
Elezioni nazionali che di solito sono più sentite di quelle Europee: pensa che questa volta cambierà qualcosa?
Ho la sensazione che da noi sarà un’elezione più partecipata e più sentita perché a pelle i cittadini percepiscono la possibilità per l’Italia di giocare una partita da protagonista grazie a Giorgia Meloni. Perché probabilmente Fdi sarà la delegazione con più parlamentari di tutto il Parlamento europeo e perché Meloni sta rappresentando un governo di centrodestra che affascina e che fa pensare a un modello esportabile anche fuori dai nostri confini.
Il deludente risultato di Vox in Spagna vi ha lasciato l’amaro in bocca?
Non direi, perché seguiamo i sondaggi e sapevamo che paradossalmente lo spostamento a destra del Ppe avrebbe eroso un po’ di consenso a Vox. Quello che ci amareggia sono gli attacchi a Vox e il non comprendere che si può sacrificare qualche seggio per un interesse superiore. La sensazione che abbiamo avuto è che il Pp spagnolo si sia fatto trascinare su questo terreno da una sinistra che da un lato non disdegna i comunisti come Yolanda Diaz e dall’altro spacca il centrodestra. Ma sappiamo che se il centrodestra è unito vince, se è spaccato perde. Questo vale in Spagna come ovunque.
E qui arriviamo al solito ritornello: in un’eventuale maggioranza europea il Ppe direbbe sì alla Lega, no a Le Pen e all’Afd. Come se ne esce?
Già oggi, sulla maggior parte dei voti i Popolari vanno assieme a Ecr e Id. Penso ad esempio al temi della difesa del mondo agricolo. Insomma esiste già una maggioranza alternativa a quella rossoverde. Dopodiché Fdi auspica più o meno la ripetizione in Europa del modello italiano, ma potrebbe anche esserci una forma ibrida fatta da Popolari, Ecr e alcune delegazioni di Id e Renew Europe. Il tutto durerebbe lo spazio di un voto, cioè quello per la ratifica del presidente della Commissione europea. Poi ognuno torna a giocare la sua partita.
Ma quello per la Commissione è il voto più importante di tutta la legislatura, come pensate che Salvini possa lasciare per strada Le Pen o che a Renew vada bene votare con Vox?
Non si tratta di lasciare per strada nessuno, perché ogni voto è diverso dall’altro. Magari su quel voto Lega e Rassemblement national voteranno per il nuovo presidente della commissione, mentre Afd voterà contro. E il Ppe potrebbe dire di non aver voluto una coalizione ma soltanto che gli altri hanno votato il loro candidato. Io penso che in ogni caso sarà un’elezione affascinante.
Nei fatti Le Pen ha parlato più volte di “Frexit” ( l’uscita della Francia dall’Ue) mentre Afd è un partito neonazista: come può Meloni dialogare con loro?
Meloni, come il sottoscritto, attaccava manifestanti inneggianti all’Ue quando altri cantavano canzoni e attaccano manifestanti inneggianti all’Unione sovietica. La destra giovanile italiana si è sempre nutrita del mito dell’Europa come alleanza di popoli liberi e sovrani, che però si uniscono per fare poche ma grandi cose insieme. Quindi non prendiamo lezioni da nessuno.
Poche ma grandi cose: ad esempio la difesa come europea?
Dell’esercito europeo ne abbiamo parlato per primi. Quindi la difesa comune è uno dei punti che dovrebbe essere portato all’attenzione della governance europea nella prossima legislatura. Significa dotarsi di una forza militare che sia capace di rappresentare autorevolmente una colonna europea della Nato. Che non vuol dire uscire dalla Nato ma cerare una colonna europea che sia paritaria a quella statunitense. E dobbiamo rendere sempre più integrati i sistemi di difesa, sull’esempio del Samp T italo- francese.
I dati economici esposti ieri dal commissario Gentiloni non sono rassicuranti e nelle prossime settimane si dovrà parlare della riforma del Patto di stabilità: cosa si aspetta?
Sicuramente non è un periodo facile ma mi permetto anche di notare che per alcuni è meno facile che per altri. E quindi per quegli stati che hanno sempre fatto del rigore e del rispetto dei vincoli di bilancio la propria stella polare, oggi ritrovarsi in recessione vuol dire non poter dare slancio alla produzione. Credo che i primi a soffrire di quelle regole troppo stringenti siano non paesi come l’Italia, che crescono poco ma crescono, ma paesi che decrescono come la Germania. Quella sul Patto di stabilità sarà una trattativa complessa.
Pensa che il commissario Gentiloni dovrebbe in qualche modo lavorare per il paese che rappresenta?
È ovvio che i commissari europei lavorano per l’Ue, il problema è quando lavorano anche per un interesse di partito. Per noi è fondamentale che il commissario Gentiloni continui a fare, come ha fatto, il commissario non del Pd ma dell’Italia in seno all’Ue. Riguardo al Patto di stabilità sappiamo che il commissario Gentiloni avrà un ruolo nella riforma e ci aspettiamo che rappresenti il punto di vista di chi, come l’Italia ma non solo, ha certamente un grande debito pubblico ma anche una dinamica economica particolarmente positiva.