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Su richiesta della Lega al Senato verrà attivato il cosiddetto affare assegnato, uno strumento meno rigido dell’indagine conoscitiva, in merito al «rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea». Ne parliamo con Salvatore Curreri, ordinario di Diritto costituzionale e pubblico comparato presso l'Università di Enna.
Cosa ne pensa della proposta del Carroccio?
A me pare un’iniziativa che risponde solo a esigenze propagandistiche. A livello giuridico mi sembra un’operazione assolutamente inutile: la messa in discussione del primato del diritto dell’Unione europea contrasta tanto con i principi fondamentali su cui la Ue si regge, tanto con la nostra Costituzione. Non è vero che il principio della supremazia del diritto europeo, come afferma con una certa arditezza il senatore Borghi, è “meramente giurisprudenziale”, cito testualmente.
Si spieghi meglio.
È vero che ci sono state delle sentenze risalenti al 1963 e 1964 della Corte di giustizia che hanno fatto da apripista a questo principio, per cui è vero che questo principio ha avuto un’origine giurisprudenziale, ma oggi questo principio lo si trova affermato nel diritto dell’Unione, perché l’adesione alla stessa Ue porta all’accettazione della sovranità della Ue nelle materie ad essa attribuite sul diritto nazionale e poi soprattutto trova conferma della nostra Costituzione. Dapprima nell'articolo 11, che è stato sempre interpretato come una disposizione che giustifica la prevalenza del diritto dell’Unione Europea sul diritto nazionale.
Però non si parla esplicitamente del diritto europeo.
È vero, anche per la semplice e banale considerazione che nel 1948, quando la nostra Costituzione fu scritta, l’Ue non esisteva. Quando il Costituente scrisse questo articolo in realtà pensava alle Nazioni Unite, ma tutti sanno che le disposizioni devono essere interpretate al di là dell'intenzione di chi le ha scritte. Quando noi progressivamente abbiamo ceduto, soprattutto dopo il trattato di Maastricht del 1992, fette sempre più consistenti della nostra sovranità alla Ue, lo abbiamo fatto perché l’Ue risponde a quei criteri indicati nell'articolo 11, cioè un ordinamento che assicura, in condizione di parità, la pace e la giustizia tra le Nazioni, e quindi questo giustifica la cessione della sovranità.
E poi c’è l’articolo 117.
Esso costituisce l’epilogo finale. Quando nel 2001 abbiamo riformato il Titolo V, con una riforma che riguardava in realtà il rapporto tra Stato e Regioni, abbiamo però inserito che la potestà legislativa non solo regionale, ma anche ovviamente quella statale, deve essere esercitata nel rispetto sia degli obblighi internazionali che dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Quindi abbiamo costituzionalizzato espressamente questa prevalenza. Pertanto, chiedere un’indagine su quello che è il fondamento su cui si basa la Ue mi sembra un modo, un po’ forse tartufesco, di aggirare il problema principale che è quello di adesione del nostro Paese alla Ue.
L’unico modo per eliminare il primato della Ue rispetto all’Italia sarebbe quello di modificare il 117?
La supremazia del diritto europeo è la condizione essenziale perché uno possa far parte dell'Unione Europea. Pensare di voler eliminare questo vincolo significherebbe sostanzialmente intraprendere un percorso di uscita dalla Ue. Poi si può fare un'altra cosa, ed è forse questo l'obiettivo del senatore Borghi.
Ossia?
Nella sua proposta si fa riferimento al principio di attribuzione: l’obiettivo potrebbe essere quello di rivedere le materie su cui l’Unione Europea ha sovranità e in cui si decide Bruxelles e magari far ritornare quelle stesse materie, tra cui per esempio l'immigrazione, sotto la legislazione nazionale. Ci si scontra con un'altra contraddizione però.
Quale?
Il trasferimento di determinate materie a livello di Ue risponde a un altro principio costituzionale che è il principio di sussidiarietà dell’articolo 118, in base al quale gli Stati si rendono conto che per affrontare efficacemente e per dare una disciplina appunto efficiente a determinati fenomeni, il livello nazionale è assolutamente insufficiente. Bisogna agire a un livello superiore, questo è quello che fonda poi in realtà il trasferimento di competenze europee.
Secondo lei converrebbe al nostro Paese riappropriarsi del tema immigrazione?
Affrontare il problema dell'immigrazione a livello nazionale diventa anche paradossalmente contrario ai nostri interessi, perché significherebbe che noi dovremmo gestire da soli, senza nemmeno poter chiedere la solidarietà a livello europeo, questo fenomeno. E sappiamo che l’Italia è Paese di primo sbarco. Anche questa messa in discussione delle competenze della Ue potrebbe risolversi in un boomerang.
Dl Paesi sicuri: la norma primaria vincola di più i giudici oppure no?
Qualunque studente di primo anno di giurisprudenza sa perfettamente che nella gerarchia delle fonti la supremazia del diritto europeo è tale per cui prevale sia che la fonte nazionale sia secondaria, sia che la fonte sia primaria, come un decreto legge. Questo il governo lo sa perfettamente. Magari questo giochetto di trasformare la fonte di disciplina, la fonte che identifica i Paesi sicuri, da una fonte secondaria come un decreto interministeriale a una fonte primaria, può magari essere venduta all’opinione pubblica come una sorta di rafforzamento e, quindi, come un tentativo per far prevalere il diritto nazionale, ma in realtà proprio perché abbiamo detto che il 117 ci dice che la potestà legislativa va esercitata nel rispetto dei vincoli comunitari, qualunque fonte legislativa che contrasta con i vincoli dell'ordinamento comunitario è illegittima. Tenga conto poi che proprio sulla materia dei migranti deve essere rispettato anche l’art. 10.
In che modo?
Per quanto riguarda la condizione giuridica dello straniero, ci dice che va regolata per legge, ma in conformità alle norme e ai trattati internazionali. Riconosce il diritto di asilo. Si può anche tentare di sottrarsi all’abbraccio ritenuto soffocante dell'Unione Europea su questa materia, ma ci si scordi di ritenere che il legislatore nazionale da questo punto di vista possa fare quello che vuole in materia di diritti dei migranti, perché c’è una Costituzione da rispettare, c’è il diritto di asilo, e ci sono comunque altre norme. Pensi per esempio alla Convenzione di Ginevra: non è una convenzione di diritto europeo, ma una convenzione internazionale che disciplina lo status di rifugiato. In ogni caso quella convenzione deve essere rispettata ai fini della valutazione del diritto di asilo del migrante.