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Da quando è libero di determinare la sua linea politica, senza rischi di censura da parte dello “Staff” pentastellato, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, non ha timore a definirsi di centrosinistra. E alle Regionali emiliane di gennaio ha già scelto da che parte stare: con Stefano Bonaccini, governatore uscente del Partito democratico.
Sindaco, perché ha deciso di sostenere Bonaccini?
È la scelta più naturale e coerente rispetto al lavoro fatto in questi anni. L'Emilia Romagna ha tantissimi risultati da poter raccontare dal punto di vista ambientale, economico, occupazionale. Inoltre, ho avuto modo di collaborare col presidente della Regione in tante occasioni, anche quando ci trovavamo su fronti opposti, costruendo un rapporto di stima reciproca. Dall'altra parte, invece, c'è la forma peggiore del populismo e una candidata completamente inadeguata. Alla luce di tutto ciò non posso avere alcun dubbio sulla mia scelta.
Ha parlato dei risultati ottenuti dalla Giunta regionale. Eppure ha detto di sostenere Bonaccini ma non il Pd. Non sono la stessa cosa?
Ho semplicemente detto che sosterrò il governatore uscente. È ovvio che in coalizione ci sarà anche il Pd, però i risultati sono frutto di un'amministrazione locale e della capacità di visione delle singole persone che fin dal primo giorno si sono messe a disposizione di un progetto, non tanto i partiti.
Il suo movimento, Italia in Comune, presenterà una lista?
Stiamo ancora ragionando su questo. È più probabile che presenteremo i candidati migliori all'interno di altri contenitori.
Poco fa ha definito «inadeguata» Lucia Borgonzoni, la candidata leghista alla Regione. Ma il Carroccio viene quotato come primo partito anche in Emilia. Come fermerete il vento salviniano?
I sondaggi danno avanti la Lega, non Borgonzoni. Ricordo le elezioni sarde: il candidato di Salvini vinse senza neanche mettere la faccia sui manifesti elettorali. E ricordo le promesse fatte dal ministro dell'Interno ai pastori sardi sul prezzo del latte in piena campagna elettorale. Ma dopo il voto nessuno ha più visto leghisti sull'isola. Ecco, la memoria deve essere un criterio con cui scegliere per chi votare. Ad oggi, a poco più di due mesi dall'appuntamento elettorale emiliano, la Lega non ha presentato un programma che non sia il vago cambiamento. Utilizzano temi strumentali, come Bibbiano, o slogan contro la maggioranza giallo- rossa, ma neanche una parola sul governo dell'Emilia Romagna. E su questo devono riflettere, secondo me, gli elettori di questa Regione. Salvini non conosce questo territorio, con una tradizione antica di centrosinistra, che tutto sommato ha retto bene al vento populista.
Viste da Roma, le elezioni emiliane sembrano determinanti per la sopravvivenza del governo Conte. È così?
Non credo. Il governo Conte è nato per non consegnare il paese a Salvini e impedirgli di eleggere il prossimo presidente della Repubblica, non c'era un progetto comune. Perdere una Regione, sulla carta, non dovrebbe dunque comportare traumi. Semmai l'esecutivo dovrebbe guardare con attenzione alle mosse di Renzi, che presenta 58 emendamenti alla Legge di Biliancio e gioca logorare gli alleati. È molto più pericoloso questo di un'elezione regionale. Ovviamente, tutto può essere preso a pretesto, ma sempre pretesto rimane.
Il suo ex partito, il M5S, potrebbe decidere di ritirare il simbolo in Emilia. È un bene o un male?
Credo sia un bene per tutti, anche per loro. Secondo me in questa regione il Movimento 5 Stelle avrà il 5 per cento se va bene, è meglio dunque saltare un giro ed evitare una brutta figura. Inoltre, l'elettorato del centrosinistra preferisce una campagna elettorale coraggiosa, con al centro temi e valori, non una campagna basata su alchimie di coalizioni forzate.
Di Miao e Bugani sembrano d'accordo con lei. Riusciranno a convincere i consiglieri uscenti a ritirarsi?
Non lo so. Però pochi giorni fa si è dimessa la sindaca grillina di Imola a un anno e mezzo dalla vittoria elettorale. Un altro esempio da tenere a mente. Anche in quel caso, infatti, gli elettori avevano scelto il “cambiamento” tanto per cambiare. Ma se non hai un’idea d’amministrazione il risultato è per forza fallimentare.
Ritirarsi dall'Emilia, regione che ha visto nascere il Movimento, non sarebbe un fallimento in sé?
Il Movimento è in ritiro in tutta Italia, non riescono nemmeno a presentare liste nei Comuni. Non tira più perché non esiste sui territori. E alla lunga sparirà anche a livello nazionale perché, dopo essersi alleato con tutti, non è più credibile. Sono come la vecchia politica che volevano spazzar via.
Non ha mai visto di buon occhio l'alleanza giallo- rossa. Perché secondo lei questo matrimonio non può funzionare?
Perché non parte da presupposti valoriali comuni. Cosa hanno in comune M5S e Pd? Niente, a mio parere, se non rimanere in maggioranza e aspettare di vedere cosa accade.
Poco prima della nascita del Conte due ha dato alle stampe “Il meglio deve ancora venire” ( Piemme). Aveva già previsto alleanze a livello regionale tra Pd e M5S con tanto di esito disastroso...
L'elettore si accorge subito quando la politica compie delle scelte solo per salvaguardare se stessa senza un obiettivo preciso. Per questo credo che il Pd debba avere il coraggio di mettersi in discussione e provare a rifondare un campo più ampio mettendo da parte i personalismi. Serve un percorso di medio- lungo periodo. Bisogna adeguare il campo progressista alla società contemporanea.
In questo campo progressista c'è anche Pizzarotti?
Sicuramente sì. Italia in Comune è nel campo del centrosinistra con una posizione ambientalista e civica. Ma bisogna tornare a stare tra la gente, anche a prendersi gli insulti. Ho apprezzato molto Conte che, senza paracadute, ha scelto di presentarsi da solo davanti agli operai dell'Ilva. Le persone vogliono essere ascoltate.