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PIETRO REICHLIN, PROFESSORE DI ECONOMIA, LUISS
Pietro Reichlin, economista dela LUISS, spiega che i dazi imposti da Trump «potrebbero dar vita a una recessione globale» e che il presidente americano «alza la posta e minaccia gli altri paesi perché l’economia statunitense e forte e variegata».
Professor Reichlin, ieri le Borse di mezzo mondo sono crollate a causa dei dazi imposti dal presidente americano Donald Trump: cosa sta accadendo?
Quello che sta accadendo è che i fondi e gli investitori in generale stanno vendendo massicciamente perché le previsioni delle conseguenze che avranno i dazi sull’economia, almeno nel breve periodo, sono quelle di un aumento dell’inflazione il che porterà la FED ad aumentare i tassi d’interesse. In questo contesto ci sono anche prospettive di recessione, perché i dazi equivalgono a un aumento della tasse con conseguente riduzione in maniera significativa della fiducia dei consumatori. In prospettiva ci sarà una recessione, voluta paradossalmente dallo stesso governo americano.
Qual è la logica dietro tutto ciò?
Ci potrebbe anche essere una logica ma di certo è difficile da comprendere sulla base delle azioni che sono state intraprese dall’amministrazione USA. Loro partono dall’idea che il dollaro sia sopravvalutato a causa del fatto che è la valuta di riserva internazionale e a causa del fatto che gli altri paesi e soprattutto Cina e paesi asiatici in qualche modo sussidiano le loro imprese e quindi dominano il mercato manifatturiero alimentare. La stessa colpa che secondo gli Stati Uniti avrebbe anche l’Europa. Ovviamente trascurando il fatto che poi gli USA hanno un surplus dal lato dei servizi.
Per questo erano “necessari” i dazi, dal loro punto di vista?
Trump vuole cambiare la situazione e indurre gli altri paesi a limitare le loro esportazioni, soprattutto in settori chiave che sono quelli dell’industria tradizionale americana. Detto ciò la strategia sembra abbastanza caotica, basti pensare a quel che è successo ieri, con annunci e smentite. Tutto questo però è controproducente perché se volessero intavolare un negoziato per salvaguardare l’industria nazionale in settori chiave tipo l’automotive potrebbero farlo senza dazi in maniera generica e basati su una formuletta che non ha alcun senso. Per dirne una, hanno imposto dazi punitivi nei confronti di paesi in via di sviluppo che esportano negli USA materiale tessile a bassissimi costi verso i quali l’amministrazione americana non ah alcun interesse.
A che gioco sta giocando Trump?
L’idea è che Trump abbia intenzione di ricevere in qualche modo un guadagno da quanto sta accadendo. Lo fa alzando la posta e minacciando gli altri e se lo può permettere perché l’economia americana è forte e variegata. Ma tale strategia gli si sta rivoltando contro, viste le perdite in Borsa.
A proposito di Borsa, quale peso può avere Wall Street nei prossimi passi del governo americano ed eventualmente in un passo indietro sui dazi?
C’è molta incertezza ma Wall Street conta molto perché come noto l’andamento della Borsa ha delle importantissime ripercussioni, in primis, sulla classe media americana. Gran pare del reddito pensionistico degli americani deriva da una forma di risparmio a capitalizzazione e quindi se la Borsa va male questo significa meno pensioni per tutti. Il fatto che i grandi players del mercato finanziario americano stiano dando un segnale contrario a Trump qualcosa vuol dire. Tutti dicono che occorre vendere per proteggersi dalla recessioni e mi sembra che l’impatto sia importante.
Quali conseguenze avranno i dazi sull’Europa e in particolare sull’Italia?
C’è da fare una considerazione. Se ragioniamo limitatamente al nostro interscambio con gli USA esso vale almeno 500 mld di dollari e quindi è chiaro che l’impatto dei dazi sarà significativi. Ma potrebbe non essere troppo grave per molti paesi europei, forse anche per l’Italia, visto che esportiamo prodotti ad alto valore aggiunto e bisogna anche considerare che i dazi generalmente provocano una rivalutazione del paese che li mette, anche se per ora abbiamo visto che il dollaro è sceso. L’impatto potrebbe non essere enorme sull’economia europea ma tale considerazione va valutata nel tempi perché bisogna vedere cosa succede nel resto del mondo. Se ci sarà una recessione globale e la Cina dovesse cercare di ridirigere le sue esportazioni dagli USA all’Europa questo produrrà molti interrogativi.
L’Ue dovrebbe quindi reagire imponendo altri dazi o trattare?
In questo caso la scelta si presenta come una medaglia a due facce. Da una parte è giusto che l’Ue risponda in maniera dura a Trump perché immagino che lui voglia dimostrare agli americani che può ottenere uno scalpo da esibire, anche se è difficile capire cosa. Concedergli troppo significa mettere a rischio la nostra posizione in futuro perché in sostanza gliela si dà vinta. Dall’altra parte bisogna anche essere prudenti perché ciò che esportano gli USA in Europa sono prodotti molto importanti di cui è difficile fare a meno a partire dal tech e dai prodotti energetici. Di certo la trattativa è difficile e va condotta direttamente tra Europe e USA e non in ordine sparso. È importante rimanere compatti.