«Ho sempre assunto posizioni di contrasto con la magistratura. Questa volta, però, devo riconoscere che i giudici hanno preso una decisione sacrosanta. Si è tenuto più presente il rispetto della persona e non quello che avrebbe potuto far piacere al governo. Ecco perché non ci troviamo di fronte ad una decisione politica. È un provvedimento assolutamente giustificato». L’avvocato Gaetano Pecorella si esprime sulla decisione del Tribunale di Roma che ha impedito il trasferimento di alcuni migranti in Albania e sulle polemiche che ne sono scaturite. «Ci sono state epoche - aggiunge l’ex presidente delle Camere penali - in cui era facile individuare una qualche ragione politica nell’operato della magistratura, si pensi a “Mani pulite”, ma nel caso dei migranti la ragione politica non può essere chiamata in causa».

Avvocato Pecorella, la sezione immigrazione del Tribunale di Roma non poteva discostarsi dall’orientamento del giudice europeo?

La decisione del Tribunale di Roma deve essere condivisa. Tiene conto di quanto già stabilito da una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e male avrebbero fatto i giudici a non rispettarla. I migranti condotti in Albania sono di due Paesi, l’Egitto e il Bangladesh, nei quali non possiamo certo dire che siano rispettati i diritti umani. In merito all’Egitto, pensiamo al caso di Giulio Regeni. Il nostro connazionale è stato torturato e massacrato dai servizi segreti egiziani in un Paese dove i diritti umani non sono rispettati. In Bangladesh, invece, per motivi religiosi chi non è islamico viene discriminato. Il Tribunale di Roma, rispettando la legge e i principi dettati dal giudice europeo, che tutti siamo tenuti ad applicare, ha preso una decisione in cui la politica non c'entra assolutamente nulla. È stato rispettato il diritto interno e, soprattutto, è stato rispettato il diritto europeo. Credo che questa volta non si possa non riconoscere alla magistratura il fatto che è dalla parte della ragione, a prescindere da cosa questi giudici pensassero del governo. Da avvocato plaudo ad una decisione che va nella direzione del rispetto dei diritti umani, dei diritti fondamentali, del trattamento umano riconosciuto a ogni imputato e a ogni persona.

La presidente del Consiglio, non condividendo l’orientamento del Tribunale di Roma, ha parlato di una parte delle istituzioni che agisce contro il governo. Un attacco molto duro che va nella direzione dello scontro frontale?

Le dichiarazioni espresse violano profondamente un principio costituzionale, quello della non politicizzazione della magistratura. Se io chiedo alla magistratura di sostenere il governo, le chiedo non solo di non fare il suo mestiere, che è quello di applicare la legge, ma di diventare complice degli errori che fa il governo. Anche il governo è sottoposto al controllo della magistratura, quando ci sono leggi che vengono violate. Pertanto, credo le affermazioni della presidente Giorgia Meloni siano in contrasto con la separazione dei poteri e con il rispetto che è dovuto al magistrato che fa il proprio dovere, non al magistrato che fa politica. Meloni ha chiesto alla magistratura di sostenere il governo, che evidentemente non è il compito della magistratura. Anzi, quest’ultima deve sorvegliare anche sugli errori o sulle deviazioni che può fare il governo. Nella vicenda che stiamo esaminando è emersa una concezione particolare dello Stato.

Quale?

Mi riferisco ad una concezione profondamente autoritaria. Solo in uno Stato autoritario si può pensare che la magistratura debba avere la funzione, con le sue decisioni, di sostenere l’operato del governo. In questo caso assisteremmo alla politicizzazione della magistratura, in quanto farebbe delle cose che piacciono al governo o che lo aiutano a realizzare la sua politica. Nemmeno Mussolini pensò una cosa del genere, perché per poter fare la politica di repressione e di dissenso dovette fare i tribunali speciali lasciando che la magistratura si occupasse dei casi ordinari.

In più si è aggiunto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha parlato di un provvedimento “abnorme”. Cosa ne pensa?

Ritengo grave il fatto che il ministro della Giustizia abbia definito abnorme una decisione giudiziaria, ignorando una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui spetta al giudice esaminare se un Paese è o meno sicuro. E non può essere che così, visto che sono in gioco i diritti fondamentali della persona. Quando si va nelle stanze del potere, poi, il potere ti corrompe intellettualmente. Si può affermare che è un provvedimento che non si condivide, ma quando è il frutto dell’attuazione di un principio messo in una sentenza della Corte di giustizia europea ed è una decisione che è riservata al tribunale, non si può dire che si tratta di un provvedimento abnorme. Abnorme è una decisione fuori dalle regole del diritto. Una volta che motiva sulla base di una decisione superiore, che è quella europea, allora si dovrebbe deve dire che è abnorme anche la decisione dell'Europa. Il ministro non ha avuto il coraggio di dire questo e ha criticato i giudici romani. Io credo che si possa giudicare una sentenza abnorme se non applica il diritto. Una volta che ciò avviene, si può non condividere per come ha interpretato il diritto, ma certamente non si può parlare di abnormità.