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La giustizia in tempo di covid è stata messa a dura prova
A più di un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, la situazione può ora dirsi notevolmente migliorata ed è possibile iniziare a fare un resoconto su come la pandemia abbia gravemente inciso sul settore dell’amministrazione giudiziaria. Se, infatti, grazie alla scienza medica si possono già apprezzare sensibili miglioramenti di carattere generale, non altrettanto può dirsi del sistema giudiziario, già in stallo per altri, strutturali, motivi. Su queste pagine si è già affrontato il tema, auspicando l’attuazione di una riforma complessiva delle regole procedurali sì da bilanciare celerità e giusto processo. Difatti, tra le cause dello stallo vi è proprio l’organizzazione dei Palazzi di giustizia, così come voluta dall’ex ministro Bonafede, il quale ha voluto delegare interamente l’organizzazione, in pieno periodo covid, ai presidenti dei Tribunali. Non è possibile fargliene una colpa: la diffusione di un virus così peculiare è stata qualcosa di totalmente inatteso, improvviso e nel contempo catastrofico e col cosiddetto senno del poi diventa troppo semplice giudicare l’operato altrui. La ratio della delega è figlia del particolarismo amministrativo che vede nelle amministrazioni locali le istituzioni più adatte ad auto-normare realtà in cui operano. La storia ci sta insegnando e ci insegna, tuttavia, che molto spesso le direttive di un potere centralizzato risultano più efficaci: lo si veda per la Sanità e lo si è visto, ora, anche con la Giustizia. Insigniti di un potere organizzativo assoluto, non tutti i Tribunali sono stati in grado di organizzare i calendari giudiziari con efficacia, e qualcuno è stato sopraffatto dalla difficile situazione emergenziale, orfana di un potere centrale che ha preferito delegare, piuttosto che rilasciare direttive chiare. Inevitabili ritardi, l’accumularsi di pratiche urgenti, la sospensione delle attività d’udienza hanno sollevato non pochi dubbi in seno ai giuristi circa la tenuta del sistema. Difatti, volendo in qualche certa misura ringraziare l’effetto “stress” che il covid ha causato sulle attività giudiziarie, forse ci si è resi conto di tutta la fragilità dell’impianto giustizia, che abbisognerebbe di un vero e proprio ammodernamento, giacché indossa un vestito ormai troppo logoro. Partiamo dalla prescrizione. Dapprima quale principio di carattere sostanziale oltre che processuale e tecnico, lo si è poi sacrificato e dichiarato “sospendibile”, in virtù del più alto interesse di tutela della salute, con buona pace di tutti quei soggetti imputati, anche detenuti, che si sono visti balzare in avanti di quasi due mesi i termini prescrizionali. Inoltre, lungi dall’essere un sistema in toto adattabile al processo virtuale, il settore penale non può dirsi essere stato così fortunato come il settore civile, il quale ha potuto far fronte all’emergenza tramite l’ampio ricorso a udienze virtuali 2.0, ovvero ad udienze sostituite con la trattazione scritta. Un testimone, un imputato, sono soggetti che vanno guardati negli occhi perché un giudice possa apprezzarli e valutarli come la Costituzione insegna. Non è possibile condannare ad anni di reclusione un soggetto di cui non si è potuto saggiare il lato umano, tramite dichiarazioni rilasciate via Skype con una connessione, oltretutto, a singhiozzi e di bassa qualità. Insomma, le distanze e l’impossibilità di liberamente circolare non hanno certamente giovato al settore penale che, ad oggi, più di tutti ha patito l’emergenza. Giuseppe Meliadò, in una relazione di fine gennaio scorso, esplicita in dati gli effetti devastanti della pandemia, tanto che si è registrato “il marcato aumento delle pendenze presso il tribunale penale di Roma, dove hanno visto un incremento del 16,41% e del 7,91% rispettivamente nel ruolo monocratico e collegiale, e le sentenze pronunciate una diminuzione rispettivamente del 40% e del 32%”. Nel sistema civile, comunque, la situazione non è del tutto rosea, e Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani, evidenzia come centinaia siano le separazioni rimaste “congelate” e come questo abbia portato a situazioni difficili, costringendo persone pronte a separarsi a convivere forzosamente sotto lo stesso tetto, alimentando anche drammi familiari, nell’attesa di un’udienza che veniva rinviata anche di sei o sette mesi. Anche la giustizia tributaria conta dei ritardi non indifferenti, con un aumento delle pendenze pari al 3%, causa della minore definizione dei processi e in netto contrasto con il trend positivo degli ultimi anni. Il numero delle controversie decise nel 2020, infatti, era stato di 141.751, di cui 101.552 ricorsi e 40.199 appelli, con un calo pari al 37,9% rispetto al 2019 quando erano state addirittura 228.141. A complicare un quadro di per sé già difficile, infine, la situazione di aspiranti e futuri colleghi avvocati, i quali solo recentemente sono da poco in grado di sostenere i loro esami dopo una sospensione che li ha visti in balia dell’incertezza per circa 6 mesi. Questo triste, ma oggettivo quadro, lascia qualcosa di positivo. Senza voler ricorrere a frasi fatte è indubbiamente nelle avversità che nascono nuove soluzioni, e le difficoltà imposte dall’emergenza pandemica hanno avuto l’indubbio merito di razionalizzare alcuni farraginosi sistemi della Giustizia, la quale ora potrà vantare un assai più ingente utilizzo del telematico, mezzo dapprima pressoché sconosciuto alle cancellerie, nelle quali ora le file sono divenute l’immagine di un passato che non esiste più. Positivo anche l’ampio ricorso ai processi per trattazione scritta e le udienze virtuali, laddove queste non richiedano atti pratici di sostanza come l’escussione di un teste. O ancora, positiva è stata la razionalizzazione voluta dal ministero in relazione ai depositi in sede penale, i quali ora seguono modalità identiche per qualunque distretto (salvo qualche rarissima eccezione dovuta a pensieri recalcitranti e acronistici), lasciandosi alle spalle la lentezza che richiedeva una volta adattarsi a modalità diverse da Foro a Foro, se non all’interno delle cancellerie degli stessi Palazzi di giustizia. Volendo chiudere in chiave ottimista, la situazione attuale, per quanto di difficile risoluzione, se superata lascerà quale residuo molte innovazioni pratiche che renderanno senza dubbio la Giustizia più celere e razionale. *Avvocato, direttore Ispeg - Istituto per gli studi politici, economici e giuridici