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«Nessun ostracismo da parte di Berlusconi, tutte chiacchiere da giornali». In prima fila alla convention organizzata da Giovanni Toti, il senatore Paolo Romani smentisce qualsiasi astio tra il fondatore di Forza Italia e il rampante governatore della Liguria. Anzi, preme l’acceleratore sul bisogno di riformare il partito: «O si cambia in fretta o si muore». Senatore, allora non è vero cheBerlusconi non ha apprezzato l’iniziativa di Toti? Guardi, Toti si è incontrato con il presidente Berlusconi e le assicuro che da quella riunione non è emerso alcun tipo di fastidio.
«Nessun ostracismo da parte di Berlusconi, tutte chiacchiere da giornali». In prima fila alla convention organizzata da Giovanni Toti, il senatore Paolo Romani smentisce qualsiasi astio tra il fondatore di Forza Italia e il rampante governatore della Liguria. Anzi, preme l’acceleratore sul bisogno di riformare il partito: «O si cambia in fretta o si muore».
Senatore, allora non è vero che Berlusconi non ha apprezzato l’iniziativa di Toti?
Guardi, Toti si è incontrato con il presidente Berlusconi e altri dirigenti del partito poco prima dell’evento al Brancaccio, e le assicuro che da quella riunione non è emerso alcun tipo di fastidio.
Eppure l’intervista di Berlusconi suggerisce cose diverse… Io credo che quell’intervista sia stata realizzata prima dell’incontro che le ho detto. E, in ogni caso, probabilmente quella di Berlusconi è stata solo una battuta. Erano anni che non si vedeva una partecipazione del genere a un incontro: nonostante il caldo, c’erano duemila persone da tutta Italia, venute con le bandiere di Forza Italia per chiedere una riforma.
Nessuno strappo in avanti da parte di Toti?
Nel suo intervento, Toti è stato molto cauto. Non ha minacciato alcuna scissione ma ha giustamente espresso la necessità di una rivoluzione in Forza Italia. Lo stesso ho detto anche io negli ultimi incontri del Comitato di presidenza, come anche Renato Brunetta e Maurizio Gasparri. Forza Italia deve ritrovare la strada.
E come si fa?
Servono tre ingredienti: partecipazione, che era poi l’intento della convention; contenuti, da costruire capendo che la società ha subito un cambiamento epocale; proiezione digitale, come hanno fatto Salvini con la “Bestia” e i 5 Stelle con Rousseau.
Cominciamo dalla partecipazione. Le piacciono le primarie?
IL Pd era al minimo storico con Renzi e Zingaretti non è un leader carismatico, ma è passato dal 17% al 23% grazie a 1,6 milioni di votanti alle primarie. Noi dobbiamo avere questo riferimento: Forza Italia deve dare ai suoi elettori uno strumento per sentirsi a casa, un metodo di partecipazione diverso rispetto al clima verticistico di oggi.
I candidati alla leadership sono
già molti…
Ci sono Toti, Carfagna e anche Gelmini, che prima era contraria alle primarie e ora decide di partecipare. Prima dobbiamo definire le regole in un tavolo allargato che non comprenda solo chi corre, poi ci si pone il problema di chi sostenere.
Quello di sabato non è stato il lancio della candidatura di Toti?
No, Giovanni Toti non ci ha chiesto di aderire alla sua candidatura, ma di condividere la richiesta di cambiamento del partito.
Un cambiamento che, dopo la nomina dei coordinatori nazionali, è sembrato stopparsi.
In effetti dopo le nomine di Toti che Carfagna - che noi tutti abbiamo accolto con entusiasmo - si è avvertito uno stop in attesa del tavolo delle regole. In ogni caso, io credo che entrambi i coordinatori abbiano la legittimazione di esercitare fino in fondo e liberamente il loro mandato di rinnovamento.
Rimane il nodo del ruolo di Berlusconi.
In quanto fondatore, è ovvio che Berlusconi sia il riferimento ultimo del partito. A me piace immaginarlo come quello di un re che da monarca assoluto diventa monarca costituzionale. Come tutti i re, anche Berlusconi ora emana il suo Statuto albertino.
Veniamo ai contenuti: Forza Italia punta a rappresentare il ceto medio moderato?
Sabato abbiamo analizzato un sondaggio Swg: in 15 anni il ceto medio italiano è passato dal 70% al 38%, quindi l’elettorato tradizionale, moderato, popolare e di centro si è molto ridotto. In sostanza, la classe media è rimpicciolita e pessimista. Forza Italia deve capire questa profonda trasformazione, altrimenti rischiamo di fare una proposta vecchia. Non basta parlare di centro liberale, bisogna coniugarlo rispetto alle necessità di un paese impoverito e arrabbiato.
Che tempi dà a questa rivoluzione? Il voto potrebbe essere vicino.
Salvini non ha interesse a votare in settembre, ma vorrà condividere da una posizione di forza con gli alleati la stesura della prossima difficile legge di Bilancio. Quindi, abbiamo un anno per cambiare il partito, con dei numeri bene in testa: veniamo dall’ 8%, ora siamo al 6% e tendiamo al 4%. O ci riformiamo in fretta restituendo a Forza Italia il senso della partecipazione, oppure avremo fallito.
Con questa rivoluzione va in soffitta anche la coalizione di centrodestra?
Per noi no, ma credo che Salvini oggi abbia la tentazione di presentarsi da solo: sfiora il 40% e con il Rosatellum e il meccanismo del voto utile rischia di portarsi a casa la maggioranza.
Per ora, l’alleato della Lega sono i 5 Stelle.
Loro hanno siglato un patto generazionale in nome del cambiamento, pur formando un governo scolorito sia ideologicamente che sul piano valoriale. Eppure questo funziona a livello elettorale, anche se ora le percentuali si sono invertite.
Come lo si fa tornare indietro?
Perchè Salvini si convinca, il patto di cambiamento deve sottoscriverlo anche Forza Italia, adeguandosi a questa sensazione di modernità che Salvini ha proposto e che all’Italia è piaciuta. Lo spazio per noi c’è, se sapremo capire come è cambiato il Paese.