«Nei miei racconti ho sempre cercato di far comprendere all’opinione pubblica i meccanismi interni di funzionamento della magistratura e le sue storture. Ed è quanto ho intenzione di fare anche con questo mio nuovo libro», afferma Luca Palamara. L’ex presidente dell’Anm, dopo “Il Sistema” e “Lobby e Logge”, scritti con Alessandro Sallusti, ha annunciato l’altro giorno di essere pronto per il terzo volume.

Dottor Palamara, ha già scelto il titolo?

Non ancora. Però voglio dire, visto che qualcuno me lo ha già rinfacciato, che non ho intenzione di togliermi sassolini dalle scarpe.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nell’intervista al Corriere della Sera, ha detto che “il sistema Palamara non è stato mai rivelato in tutta la sua complessità ed estensione anche perché sia il Csm che la magistratura non hanno ascoltato le decine di testimoni, magistrati in pensione o ancora in servizio che Palamara aveva indicato”.

Guardi, io sono sempre a disposizione per essere sentito dal Csm. Nei mesi scorsi un consigliere (il togato indipendente Andrea Mirenda, ndr) aveva fatto richiesta affinché fossi sentito su queste vicende. La richiesta del consigliere è stata però bocciata perché sarai stato inattendibile. Una inattendibilità preventiva, dal momento che, normalmente, un teste prima si sente e poi si valuta se quanto ha dichiarato è attendibile o meno.

Anche il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ha ribadito che "è improprio parlare di caso Palamara perché non è cambiato nulla e ha pagato solo lui. Dopo quello che è successo avrebbero dovuto dimettersi tutti i componenti del Csm”.

Come invece è andata lo sapete.

Sono passati cinque anni da quando le contestazioni della Procura di Perugia nei suoi confronti divennero di pubblico dominio. In questa vicenda un ruolo importante lo hanno giocato i mezzi d’informazione, pubblicando sul suo conto, per settimane, intercettazioni e atti coperti da segreto. Cosa pensa?

Il 29 maggio del 2019 ai magistrati italiani gli organi di informazione di riferimento hanno raccontato di apocalittici episodi di corruzione al Csm e di nomine che venivano vendute per decine di migliaia di euro. Ovvio che all’interno della magistratura ci sia stato in quel momento chi ha voluto cavalcare l’onda terrorizzando chi non si allineava a quella linea di pensiero. Oggi quegli stessi organi di informazione che in tutti questi anni non hanno mai dato notizia delle mie ripetute assoluzioni nei processi, si ricordano di me pensando alla mia felicità perché sarei fra i beneficiari del ddl Nordio, che ha modificato la disciplina del traffico di influenze illecite, eliminando dal panorama normativo un reato dai caratteri evanescenti, così come da sempre riconosciuto da tanti giuristi e magistrati.

Dica la verità, è contento di questa riforma?

La mia felicità non proviene dal ddl Nordio, materia sulla quale si cimenteranno i miei legali, sia nell’ambito dell’esecuzione penale che sul piano disciplinare innanzi al Csm (competente per la revisione della sentenza con cui è stata disposta la rimozione di Palamara dalla magistratura, ndr), ma dal fatto che gli stessi giudici che si sono occupati del mio caso hanno già escluso qualsiasi corruzione al Csm sul versante delle nomine, nonché qualsiasi strategia di discredito a danno dei magistrati della Procura di Roma. Personalmente questo mi ha reso felice perché quello è stato e sarà sempre il mio ufficio, nel quale ho lasciato tante persone a cui sono visceralmente legato avendo con loro condiviso momenti fondamentali della mia vita professionale.

Nella sua vicenda c’è anche una sorta di “contrappasso”: Piercamillo Davigo, che è stato suo giudice disciplinare, a sua volta è finito per essere condannato in sede penale.

Io penso che, all’inizio di questa storia, in quel momento, una parte dell’informazione all’interno della magistratura che conta sia stata molto abile ad alzare un polverone, che in qualche modo ha finito per narcotizzare diversi magistrati. Davigo, che notoriamente ha legato la sua carriera alle indagini e non alla politica associativa, ha inteso cavalcare l’onda perché immagino che molti, all’interno di quel Csm, gli abbiano contestato le sue posizioni a favore del dottor Marcello Viola, che all’epoca concorreva per la Procura di Roma.

E cosa è successo?

Improvvisamente ha dovuto fare retromarcia prendendosela con il collega Sebastiano Ardita, reo, a suo dire, di avergli fatto votare Viola. Ma a sua volta Davigo è rimasto impigliato nella vicenda dei verbali della fantomatica loggia Ungheria. E non dimentichiamo che, a proposito della conoscenza del contenuto di quei verbali, nella stessa situazione di Davigo si trovava un componente laico, di cui in questa sede non voglio fare il nome, sulle cui modalità di elezione in quel Csm c’è ancora molto da raccontare. E come sempre anche su questo mi rendo disponibile ad essere audito nelle sedi competenti.

Torniamo all’abolizione dell’abuso di ufficio. Teme che, come dicono i vertici dell’Anm, possa portare a rendere impuniti i comportamenti degli amministratori pubblici?

Premesso che bisogna garantire il rispetto della legge da parte di tutti i cittadini, e quindi anche da parte degli amministratori pubblici, allo stesso tempo bisogna però consentire alle amministrazioni di poter operare, perché altrimenti si crea quella paura della firma che blocca l’adozione di qualsiasi provvedimento.

Ha seguito la vicenda di Giovanni Toti?

Sì. La politica a mio avviso non dovrebbe sottovalutare quanto accaduto, ritenendolo un fatto isolato. Con l’attuale sistema dei finanziamenti alla politica a rischiare possono essere in molti, e ciò a prescindere dalle annunciate modifiche sulle misure cautelari.

Ha ancora interesse a entrare in politica?

Io penso che i temi da me trattati inevitabilmente finiscano per avere un risvolto politico. Indubbiamente sono tematiche difficili da maneggiare ma, al netto dei risultati poco lusinghieri delle recenti mie esperienze elettorali, colgo sempre un grande interesse da parte dei cittadini, curiosi di comprendere come funzionino i meccanismi interni al sistema di potere delle correnti nella magistratura. D’altronde esistono tanti modi di fare politica, non necessariamente nei palazzi. Si può fare politica anche in una serata in piazza con persone interessate ad ascoltare.

È cambiato qualcosa nel Csm? Ciò che balza all’occhio è l’aumento dei ricorsi innanzi al giudice amministrativo.

Io penso che la magistratura abbia bisogno di una nuova classe dirigente staccata dalla correntocrazia che, purtroppo, ancora la pervade nei suoi meccanismi decisionali. Nonostante lo sforzo degli attuali componenti, è il sistema ad essere incentrato sulla correntocrazia, che inevitabilmente finisce per valorizzare l’appartenenza rispetto al merito, col conseguente ricorso al giudice amministrativo. Alle nuove generazioni il compito di affrontare l’ardua impresa del rinnovamento. Mi permetta, prima di concludere, di fare un in bocca al lupo ai giovani che il mese prossimo dovranno sostenere le prove scritte per il concorso.