PHOTO
Nei giorni successivi all’espulsione dall’Associazione Nazionale Magistrati il dottor Luca Palamara ha rilasciato interviste a vari quotidiani nazionali: per quanto mi risulta a La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e La Verità, accompagnate dalla divulgazione di una sorta di memoriale difensivo. Questa intensa attività si è posta l’evidente obiettivo di coinvolgere il maggior numero possibile di magistrati nel suo ruolo di manovratore occulto degli incarichi direttivi e dell’assegnazione delle varie sedi e funzioni giudiziarie, all’insegna del motto “così fan tutti”. Il che per fortuna non corrisponde assolutamente al vero. Al riguardo mi piace menzionare la bella lettera aperta indirizzata al dottor Palamara dal giudice civile di appello Silvana Ferriero, che ha avuto, senza che questa fosse l’intenzione dell’autrice, ampia diffusione su quotidiani on line e in rete. In quella lettera si spiega molto bene cosa significa fare il giudice, in radicale e totale antitesi con la “spregiudicatezza”, l’” insensibilità”, l’“insaziabile e incomprensibile sete di potere” che hanno caratterizzato i comportamenti del dottor Palamara. A fronte del ruolo veramente sciagurato svolto e del gravissimo danno per l’immagine e la credibilità della giustizia e per i valori costituzionali di indipendenza, imparzialità e terzietà del giudice, mi ha stupito che alcuni organi di stampa abbiano riservato ampio spazio a sue interviste. Offrire una palestra allo stesso Palamara per illustrare l’illecito mercato svolto dal suo occulto centro di potere potrebbe quasi apparire come una sorta di legittimazione: dopo avere dato la più ampia informazione sul suo operato la risposta più valida sarebbe stata quella di stendere per carità di patria un pietoso velo di silenzio su questo magistrato che ha così gravemente offeso la dignità della funzione giudiziaria. Preso atto che è stato immediatamente sospeso dall’incarico di pubblico ministero e dallo stipendio, ora non si deve fare altro che rimanere in vigile attesa degli esiti dei procedimenti penale e disciplinare già iniziati rispettivamente dalla Procura della Repubblica di Perugia e dal Procuratore generale della Cassazione. Rispetto alla gravità della vicenda mi sono parse inadeguate anche alcune considerazioni, diciamo così difensive, relative all’immediata espulsione del dottor Palamara dall’Associazione Nazionale Magistrati. In una nota pubblicata domenica scorsa su La Stampa Marcello Sorgi ha censurato severamente l’Anm per avere proceduto all’espulsione di Palamara mediante un processo sommario, senza avergli dato alcuna possibilità di difesa. Ebbene, l’espulsione di un socio da una libera associazione è un atto che non può esser assimilato né ad una sanzione disciplinare, né ad una misura cautelare in un procedimento penale, e pertanto non presuppone alcun previo intervento difensivo del destinatario dell’espulsione. Si tratta di un discrezionale e insindacabile provvedimento nei confronti di un socio la cui presenza era divenuta incompatibile con i codici etico e deontologico che stanno alla base di quell’associazione. Non vi è dunque nulla di scandaloso nell’espulsione del dottor Palamara dall’Anm mediante un “processo sommario”, anzi sarebbe stato censurabile mantenerlo nella qualità di associato dopo che erano divenuti di pubblico dominio i contenuti dell’intercettazione del suo cellulare depositati dal pubblico ministero di Perugia. L’immediata espulsione è stato un atto necessario per tagliare i ponti con un passato poco felice, tanto più ove si tenga presente che quel socio era stato a suo tempo presidente dell’Anm e componente del Csm. L’incresciosa vicenda del dottor. Palamara non si chiude comunque con l’espulsione dall’Anm e la prevedibile futura destituzione dall’ordine giudiziario, ma dimostra – come ha vigorosamente sostenuto nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – l’urgenza di una robusta riforma del Consiglio, con l’obiettivo di rendere l’organo di autogoverno della magistratura in grado di svolgere un effettivo controllo sugli eventuali comportamenti eticamente e deontologicamente scorretti, in sede preventiva e, se del caso, repressiva. Il che vuol dire in primo luogo intervenire sul sistema elettorale, per impedire che l’elezione dei componenti togati continui a essere monopolizzata dalla nefasta influenza delle correnti, e far prevalere scelte basate sul prestigio e sulla credibilità acquisita sul terreno della correttezza personale e professionale dei candidati nell’ambito di collegi uninominali istituiti a livello di Corte di appello. Ma sul tema vi sarà modo di intervenire più a fondo quando il Governo presenterà in Parlamento il preannunciato disegno di legge di riforma del CSM.