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ANDREA OSTELLARI - SOTTOSEGRETARIO MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Alla kermesse leghista di Pontida, non si può dire che il tema del funzionamento della macchina della giustizia e della riforma dell'ordinamento sia stato in cima ai pensieri dei tanti politici nazionali che si sono avvicendati sul palco.
A dire il vero, non ha fatto capolino praticamente mai, compresso dalla contingenza, da questioni come la guerra, l'immigrazione illegale, la sicurezza e l'autonomia differenziata, che di certo hanno scaldato maggiormente la platea del Carroccio. Eppure il partito di Matteo Salvini due anni e mezzo or sono, fu promotore di una raccolta firme, assieme al Partito Radicale, per un pacchetto di referendum sulla giustizia, che poi si tennero senza che fosse raggiunto il quorum di partecipanti necessaria a rendere valida la consultazione. E uno dei quesiti si riferiva proprio alla separazione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante.
Inoltre, la Lega esprime, nella persona dell'avvocato padovano e senatore Andrea Ostellari, un sottosegretario alla giustizia a cui il ministro Nordio ha affidato – tra le altre – le deleghe all'amministrazione penitenziaria e alla giustizia minorile. A lui, a margine dell'evento di Pontida, abbiamo chiesto una valutazione sullo “stato dell'arte” della riforma, il cui iter sta per entrare nel vivo alla commissione Affari costituzionali di Montecitorio.
Senatore, la Lega tiene ancora alla riforma dell'ordinamento giudiziario?
Assolutamente sì. Sulla separazione delle carriere, noi siamo in linea con le battaglie storiche che abbiamo affrontato anche recentemente. Riteniamo che questa sia una strada utile per il Paese, e non certo una strada per dividere. Ci attribuiscono la volontà di dividere per tante battaglie che stiamo facendo, per le quali è vero esattamente il contrario: ce lo dicono sull'Autonomia, che invece serve a unire ancora di più. E così la riforma della giustizia, che serve a unire ancora di più la stragrande maggioranza dei magistrati che lavorano silenziosamente e che hanno bisogno di maggiori strumenti e maggiore indipendenza. Credo che la separazione delle carriere, un Csm senza lo strapotere delle correnti, e un'Alta Corte per la magistratura, siano interventi utili al paese.
I magistrati accusano il governo di voler punire le toghe e di voler attentare alla loro indipendenza. E' un film già visto?
Sono cose che abbiamo sentito ogni volta che si è tentato di fare una riforma seria. Noi siamo assolutamente disponibili al dialogo, ad aprire un dibattito e crediamo che in questo dibattito ci debba essere anche la magistratura, ma non solo: c'è il mondo dell'avvocatura e tutti coloro che lavorano all'interno della famiglia- giustizia, perché se non facciamo così non cambieremo mai. Ed è utile non solo fare questa riforma, ma occorre fare di più per investire sulle persone, intervenendo sul numero dei magistrati, non solo quelli che giudicano ma anche sugli addetti all'esecuzione penale, sulla magistratura di sorveglianza. E bisogna intervenire sul personale di cancelleria, cioè coloro che mandano avanti quotidianamente la macchina. Perché qualcuno, troppo spesso, perde di vista l'obiettivo: una macchina della giustizia che cominci a funzionare bene. Senza il peso di quelle correnti della magistratura che – non lo dico io, basta leggere quello che diceva Palamara – sono alla base di ciò che non funziona.
Ha accennato all'esecuzione della pena. In questi ultimi tempi, il sovraffollamento carcerario ha raggiunto livelli insostenibili, e le condizioni dei reclusi sono quasi ovunque disumane. Nelle nostre carcere, dall'inizio dell'anno, ci sono stati più di 70 suicidi. Fi, che in maggioranza appare come la forza più interessata al tema, ha annunciato che chiederà un'indagine parlamentare. Lei cosa pensa?
L'indagine conoscitiva facciamola, ben venga, non è questo il problema. Io, da quando sono sottosegretario, ho girato tantissime carceri, ed è quello che continuerò a fare. Per guardare ovviamente i problemi di chi dentro ci lavora e di chi purtroppo ci vive in quanto recluso. Credo che la cosa importante sia questo tipo di lavoro, non tanto piantare delle bandierine ideologiche. Il mondo dell'esecuzione della pena è molto complesso e va affrontato con massima attenzione. Il decreto carceri che abbiamo approvato da poco è un esempio delle cose che vogliamo fare: no alle ideologie, sì al mettere al centro la persona, la sua rieducazione attraverso strumenti come la formazione e il lavoro, e la speranza, che noi diamo ma che però non può essere data da ' svuotacarceri' o sconti maggiori di pena, che non servono a nessuno.
Perché non consentire a chi ha un residuo di pena non sostanzioso, di scontarla fuori dal carcere?
Quello lo abbiamo già fatto noi come governo, quando abbiamo detto che diamo la disponibilità delle comunità, con un elenco nazionale nel quale possono iscriversi. In questo modo, tutti coloro che oggi non possono uscire in misura alternativa potranno farlo domani grazie a questo e al fatto che forniamo un domicilio idoneo. Le persone che oggi potrebbero andare in misura alternativa e non escono dal carcere, non lo fanno perché non hanno un domicilio idoneo. Vuoi perché magari la famiglia non li vuole a casa, o perché semplicemente il domicilio non ce l'hanno. Questa è la strada che noi abbiamo intrapreso e pensiamo che sia la strada risolutiva.