«Ciampi rimane una risorsa per il paese e per la democrazia». Achille Occhetto pronunciò questa frase nel 1994, alla vigilia delle elezioni politiche in cui lanciò l'investitura di Carlo Azeglio Ciampi alla guida di un nuovo governo. La ripete oggi, a ventidue anni di distanza, per ricordare il presidente emerito della Repubblica e suo grande alleato politico, scomparso ieri all'età di 95 anni.Lei e Carlo Azeglio Ciampi avete percorso parallelamente, spesso incontrandovi, l'ultima fase della prima repubblica e l'inizio della seconda. Quale considera come il suo merito principale?È stato indubbiamente uno dei costruttori dell'europeismo, in cui ha creduto e per cui ha lavorato. Ciampi è stato un grande presidente della Repubblica, ma anche un presidente del Consiglio capace. Politicamente, è stato lui il primo ad aprirci le porte al governo, nell'esecutivo da lui guidato nel 1993.Eppure il Pds ritirò i propri ministri dal governo Ciampi il giorno dopo il giuramento. Come ricorda quel 29 aprile 1993?Fui io a decidere, pur essendo in minoranza, per l'ingresso del Pds nel governo. Il giorno dopo l'insediamento, il Parlamento votò per l'autorizzazione a procedere contro il leader del partito socialista, Bettino Craxi, negandola. Il salvataggio di Craxi scaricò su di me un'enorme pressione da parte dell'opposizione interna nel partito e mi costrinse all'uscita dal governo. Col senno di poi, però, si trattò di un errore. Indotto dalle pressioni dell'opposizione interna nel Pds e dal fatto che l'ingresso fu una forzatura, ma pur sempre un errore.Eppure i vostri rapporti politici non si inasprirono mai, nonostante lo strappo.È vero. Ricordo di aver avuto con lui un colloquio confidenziale, in cui mi raccontò di un suo viaggio istituzionale negli Stati Uniti. Lì ebbe modo di parlare con i vertici dell'amministrazione americana, i quali gli confermarono che, dopo la svolta della Bolognina del 1989, l'America vedeva di buon occhio la presenza degli ex comunisti al governo in Italia, cosa che prima veniva invece considerata come fumo negli occhi.Un Ciampi abile politico, oltre l'immagine istituzionale?Ciampi veniva da una storia politica importante, quella del Partito d'Azione. Il suo merito maggiore è stato quello di avere una grandissima capacità di interloquire con tutti, rispettando le sensibilità di ognuno. La sua apertura e il suo equilibrio lo hanno reso una figura politicamente molto credibile e soprattutto capace di mediare.Il Partito d'Azione fu l'unico a cui Ciampi fu mai iscritto. Come mai non trovò mai spazio in una nuova dimensione di partito?Lui come molti "azionisti" non ha mai trovato una rappresentazione politica adeguata, dopo lo scioglimento del PdA. Ciampi, però, ha subito assunto un profilo tecnico, a partire dalla sua lunga carriera nella Banca d'Italia. La sua sensibilità è sempre stata vicina alla sinistra, ma lui è sempre stato un uomo delle istituzioni più che un uomo di parte.Nel 1994 fu lei stesso a proporlo come possibile alternativa al governo del Paese, opposto alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, che poi prevalse. Come mai?Nella famigerata campagna elettorale del 1994 io non mi presentai come premier, pur essendo indicato come leader della coalizione di sinistra. All'epoca definii Ciampi una "riserva per la nostra Repubblica". Credevo, infatti, che rappresentasse la figura democratica migliore, in quel momento, per il Paese.Una volta salito al Quirinale, è stato da subito riconosciuto come il Presidente patriottico, che ha riportato i valori della resistenza e del risorgimento al centro dei suoi discorsi pubblici. Da cosa derivava?Ciampi è sempre stato mosso da una grande tensione unitaria, soprattutto all'indomani delle bombe di Firenze in via dei Georgofili, nel maggio del 1993. Non era un rigurgito di veteronazionalismo, il suo, ma l'esigenza di ricostruire l'unità nazionale per opporsi alla barbarie del ritorno alla violenza e agli attentati alla vita democratica del Paese.Quale eredità lascia?Dal punto di vista istituzionale, è stato colui che ha posto le condizioni per una serena alternanza tra destra e sinistra pulite alla guida del Paese, dopo gli anni di Tangentopoli.E dal punto di vista politico?Rimarrà il suo esempio di grande dialogatore, ma anche la sua capacità di decidere. Politicamente non si è mai accontentato e non ha mai ripiegato su compromessi al ribasso, ma ha sempre cercato la mediazione che producesse gli esiti migliori per tutte le parti in causa.