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Il Presidente del Tribunale di Livorno, la mia città, ha pubblicato un nuovo editto. Stavolta non per limitare gli accessi fisici, oramai ridotti al lumicino, ma anche per le telefonate, lamentando che gli avvocati con le loro richieste di aggiornamento su fascicoli sospesi e udienze rinviate intralcerebbero il lavoro dei pochi cancellieri rimasti in servizio. Preoccupazioni comprensibili, visto che il Palazzo di Giustizia dove sono entrato, previa appuntamento e controllo, è irriconoscibile : postazioni nei corridoi, sbarre , mascherine, ombre fuggenti di magistrati che corrono verso aule deserte per convalidare arresti a distanza. Siamo nel pieno di un’emergenza che stravolge tutto: mi viene in mente l’immagine di un campo da calcio riadattato a eliporto in caso di terremoto. Ma una società civile si può permettere una sospensione della Giustizia “sine die”? Il 22 Marzo infatti è slittato al 15 Aprile e questa data con ogni probabilità sarà sola la seconda tappa della stazione di una “via crucis”. In inglese la parola “bar” ha una doppia accezione ; sia quella a noi pervenuta di mescita di alcol al bancone, sia quella di tribunale, dove c’è il bancone del giudice. I termini però non sono sinonimi e con ogni rispetto per i Caffè, che tanta parte hanno ( o avevano ? ) nel nostro modo di vivere, non si può chiudere un tribunale, come se fosse un simpatico ritrovo di chiacchieroni inconcludenti. Né si può, come si è fatto in questi giorni nascondere la cenere di limitazioni della libertà personale, come il divieto di passeggiata, sotto il tappeto dell’illecito amministrativo. Quasi che prendere una sanzione pecuniaria, pari nel minimo a un quinto della stipendio di molti italiani, sia una bagatella, contando sul fatto che quelle sanzioni nel nostro sistema sono irrogate da un Organo amministrativo quale è la Prefettura e trovano tutela giudiziaria solo a costo di un assurdo balzello ( il contributo unificato) davanti a un Giudice non specializzato, quale è il Giudice di Pace, che in questi giorni è in condizioni di quasi totale paralisi e che rischia di esser travolto da questo tipo di contenzioso , semmai torneremo a una specie di normalità. Una società civile ( lo ricordavano Vico e Hegel qualche secolo fa) si caratterizza per l’esistenza di tribunali, i Palazzi della Ragione, come venivano chiamati nel medioevo. E non occorre scomodare Goya per immaginare quali ulteriori mostri, oltre a quelli che popolano le nostre veglie angosciose in questa notte fredda e lunga, possa generare il sonno della Ragion Civile, del diritto, in una parola. Riaprite per favore le porte dei Tribunali, come si è riaperto il Parlamento ( e come forse, sussurro, dovrebbero riaprirsi le Chiese). Abbiamo bisogno di essere uomini, anche sotto le mascherine, ma soprattutto ce lo chiedono i cittadini, da quelli che soffrono nelle carceri, da quelli che vogliono ancora veder riconosciuto un credito , che potrebbe dar loro risorse necessarie in un momento di crisi, da coloro che si ostinano a pensare che il tempo del processo debba essere ragionevole e che sanno che le sospensioni normative non fermano il corso dei giorni, ma anzi lo dilatano in un‘ ora di angoscia come questa.