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Anche il processo- Finmeccanica si è concluso con un flop. Ci sono voluti quasi cinque anni per arrivare alla conclusione che lo scandalo non c’era. Non è stata trovata nessuna traccia delle tangenti. Come del resto avevano già detto i giudici di primo grado, quasi tre anni fa, ma non erano stati ascoltati. I manager ora sono scagionati e possono riprendere a testa alta la loro attività.
Anche se i danni che ha ricevuto la loro carriera ormai sono irreparabili. Anche se il trauma subìto quel giorno che arrivarono i carabinieri a casa e li trascinarono in prigione, la foto di fronte e di profilo, gli oggetti personali consegnati al piantone, e poi i tre mesi passati in cella, beh, tutto questo è impossibile da dimenticare. E anche da risarcire. Lo scandalo Finmeccanica non c’era Chi pagherà i danni ( ingentissimi)?
Lo scandalo non c’era. Non è la prima volta che succede. Cito a mente, senza neanche sforzarmi troppo e senza consultare gli archivi: lo scandalo tempa Rossa, che alimentò tutti i grandi giornali un paio d’anni fa, e che costrinse alla dimissioni una ministra, e che permise alla stampa di frugare in modo osceno nella sua vita privata, e di sbatterla in piazza con ferocia e un po’ di perversione, beh, lo scandalo Tempa Rossa si è concluso con un’archiviazione generale. Non esisteva: zero. Nessuno ha pagato.
Lo scandalo di Sesto San Giovanni, che travolse il braccio destro di Bersani, Filippo Penati, figura emergente della sinistra italiana, beh, anche quello è finito in una bolla di sapone. Penati, invece, ha pagato. L’ha pagata cara. Oggi nemmeno più pensa alla lontana all’ipotesi di tornare a far politica. Un po’ non gli interessa più, un po’ forse ha paura, ha imparato sulla sua pelle che se un Pm ti punta ha il potere di fare di te quel che vuole, di sbranarti, e poi magari lasciarti sul selciato, vivo, ma distrutto e terrorizzato.
Vogliamo parlare di Vasco Errani, ex presidente della Regione Emilia, anche lui travolto da uno scandalo, accusato di favoritismi e corruzione, costretto a uscire dalla politica per molti mesi, poi assolto? Errani non s’è dato per vinto, in qualche modo ha ripreso a lottare a a far politica, ma certo ripartendo da una posizione molto, molto svantaggiata rispetto alla posizione che aveva raggiunto prima che una Procura si interessasse a lui.
Fermiamoci qui, sennò diventiamo noiosi ( e tralasciamo i settanta processi a Berlusconi andati a vuoto). Appena appena citiamo il caso Consip, che non è ancora concluso ma si è già sgonfiato come un palloncino di plastica. Il caso Consip è stato ancora più clamoroso, forse. Perché è stata una inchiesta realizzata in collaborazione da Pm e giornalisti, che si sono scambiati volentieri i ruoli, e che hanno passo passo accompagnato con la copertura e il cannoneggiamento della “marina”, cioè dei giornali, l’attività sul terreno dei magistrati, la quale però - si è poi scoperto - era parecchio farlocca perché basata su informative dei carabinieri falsificate. Lì poi il candidato “vittima” - che si è salvato solo perché a un certo punto è intervenuta la Procura di Roma è ha scoperto che a Napoli stavano taroccando - era una preda parecchio appetitosa: il capo del partito di maggioranza e premier uscente.
Torniamo al punto di partenza. Lo scandalo Finmeccanica ha avuto molte conseguenze: il cambio quasi totale del management di Finmeccanica, la rovina personale di alcune carriere, una perdita consistente economica e di prestigio per l’industria italiana. Difficile quantificare tutto questo, ma stiamo parlando probabilmente di miliardi.
Naturalmente nessuno sostiene che se sono in ballo i miliardi è bene che la magistratura si tenga fuori. E’ chiaro che se ci sono indizi seri di un reato grave, la magistratura deve intervenire, senza opportunismi e senza guardare in faccia a nessuno. Il problema è che negli ultimi tempi si hanno pochissime notizie di inchieste che hanno portato alla condanna. Lo scarto tra il clamore, talvolta drammatico, provocato dall’apertura delle inchieste sui politici o nelle grande aziende e i risultati delle inchieste è uno scarto gigantesco. Sarebbe forse il caso di ragionarci. E di vedere se non è il caso di portare qualche correttivo. Non solo per rendere più giusto il funzionamento della nostra società, e più salde le garanzie di giustizia dei cittadini, ma anche per la credibilità della magistratura. La quale credibilità, se in questi vent’anni non fosse stata sostenuta con incredibile utilizzo di mezzi, da quasi tutto il fronte dell’informazione, oggi probabilmente sarebbe a livelli ancor più bassi da quelli raggiunti dalla politica.
Il fatto è che finché chiunque può in allegria procedere in inchieste, anche in assenza di prove, e può costruire su queste inchieste il proprio successo mediatico, e se poi va tutto a carte quarantotto non succede niente, e chi ha avviato l’inchiesta non solo non paga in “euro” ( come succede a quasi tutti gli altri professionisti), ma neppure in carriera, in possibilità di avanzamento e di successo, voi capite che è difficile frenare la “pulsione” irrefrenabile ad aprire sempre nuove inchieste sui “Grandi Imputati”. E addirittura, succede, come nel caso Finmeccanica, che se il tribunale assolve, c’è una Procura che non si arrende, perché ha un’idea di uso personale della macchina della giustizia - non è in grado di interpretare l’interesse generale - e ricorre in appello sulla base di nulla.
Ecco, di fronte a questa situazione dovrebbe essere interesse in primo luogo della magistratura ragionare, impegnarsi e trovare dei correttivi. Perché il rischio è che l’idea di onnipotenza, dominante in alcuni magistrati, mandi a scatafascio tutta la macchina della giustizia, a partire dalla magistratura.