«Nessuno può ridicolizzare o strumentalizzare il lavoro di chi si dedica alla missione della Corte penale internazionale. Nessuno Stato parte può cercare di sfuggire ad obblighi pregnanti di eseguire le decisioni della Corte». Silvana Arbia, magistrata dalla grande esperienza internazionale - ha ricoperto, tra i vari incarichi, quello di Prosecutor del Tribunale penale internazionale per il Ruanda -, sottolinea il ruolo fondamentale della Cpi, dopo i mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, e dell’esponente di Hamas, Mohammed Al- Masri.

I mandati di arresto della Corte penale internazionale hanno suscitato reazioni tra le più diverse. Nel profluvio di dichiarazioni è stato trascurato il ruolo della Cpi?

Vorrei partire da alcune premesse. La richiesta iniziale di mandato d’arresto del Procuratore, risalente al 20 maggio di quest’anno, riguardava anche altri due leader di Hamas, Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh, il cui decesso successivo ha comportato la fine della procedura nei loro confronti. Ricordo anche che l’esercizio della giurisdizione penale internazionale sui crimini internazionali di competenza della Cpi, che si ipotizzano essere stati commessi e che si commetteranno nei Territori palestinesi, vale a dire Gaza, West Bank e Gerusalemme Est, è una naturale conseguenza dell’adesione della Palestina allo Statuto di Roma, trattato istitutivo della Corte penale internazionale. Tutti coloro che commettono tali crimini nel territorio di uno Stato parte sono perseguibili e punibili dalla Cpi, come sono perseguibili e punibili i crimini medesimi commessi ovunque da cittadini dello Stato membro. Richiamo l’attenzione sul lungo lasso di tempo, quasi sei mesi, intercorso tra la richiesta del Procuratore e l’emissione dei mandati di arresto da parte della I Camera preliminare, che ha esaminato le questioni sollevate da Israele contro la richiesta del Procuratore.

Dunque, un lavoro molto attento?

Si tratta di decisioni prese dopo approfondita considerazione degli elementi di prova presentati dal Procuratore a sostegno delle accuse formulate, e che necessariamente hanno dovuto emettere mandati di arresto e non altri ordini, per esempio ordine di comparizione, in presenza delle condizioni previste nell’articolo 58 dello Statuto ovvero: sussistenza di motivi ragionevoli per ritenere che la persona ha commesso un crimine di competenza della Corte. L’arresto della persona è necessario per assicurarne la comparizione nel processo e per assicurare che non ostacoli o non pregiudichi le indagini o le procedure avanti la Corte, ove necessario, per prevenire che la persona non continui a perpetrare i crimini di cui è accusata o crimini collegabili ad essi o risultanti dalle circostanze addotte, se di competenza della Corte. Si deve inoltre ricordare un altro aspetto.

Quale?

La giurisdizione della Cpi è complementare alle giurisdizioni nazionali e opera quando la giurisdizione nazionale competente non vuole o non può perseguire e punire i crimini in questione. L’esecuzione dei mandati di arresto e di altre decisioni della Corte penale internazionale richiede la cooperazione degli Stati, non disponendo di autonoma enforcing authority. Tale cooperazione è obbligatoria per gli Stati parte secondo inequivocabili disposizioni dello Statuto. Gli Stati non parte possono cooperare con la Corte in base ad accordi ad hoc. L’obbligo degli Stati parte di cooperare è ripetutamente richiamato dall’Assemblea degli Stati parte, che nelle sue risoluzioni richiama l’impegno a rafforzare l’efficienza del funzionamento della Corte e di recente ha stabilito delle misure che mirano a eliminare o ridurre gli impedimenti oggettivi, si pensi alla mancanza di strumenti a livello nazionale. Si è anche creata una rete di esperti per facilitare scambi e sinergie con particolare focus sull’esecuzione dei mandati di arresto, senza la quale le procedure innanzi alla Corte non potranno continuare non essendo consentito il processo in contumacia o in absentia. Con frustrazione del diritto delle vittime ad un uguale ed effettivo accesso alla giustizia.

Qualcuno ha ridicolizzato il ruolo della Cpi, definendo i recenti provvedimenti inutili. Cosa ne pensa?

Parlare di “inutilità” non ha senso e denota una grave carenza di informazioni sulla Corte, sulla giustizia penale internazionale e sui principi generali di diritto internazionale, tra cui la necessaria ottemperanza degli obblighi assunti firmando e ratificando un trattato. Rivela anche indifferenza inaccettabile di fronte a decisioni che considerano sussistenti ragionevoli motivi per ritenere le accuse di crimini di guerra, tra cui usare la fame di civili come strumento di guerra, e crimini contro l’umanità, oltre all’imputazione di crimini di guerra commessi da subordinati e non impediti e o puniti. La gravità del quadro fa sì che il ridicolo ricada sui responsabili di espressioni di ignoranza. Tentare di delegittimare la Corte, quando le sue decisioni non servono finalità politiche, è un grave attacco alla sua indipendenza.