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Che le leadership politiche mondiali, a parte qualche eccezione, siano in crisi danni, lo sapevamo già. Ma la politologa Sofia Ventura, professoressa di Scienze Politica a Bologna, spiega che «la pandemia ha acutizzato il problema» e che «non si risolverà a breve».
Professoressa Ventura, anche l’Italia è coinvolta nella perdita di leadership?
È molto evidente che in questo momento in Italia manchi una guida sicura ed è un problema, perché nelle fasi di crisi i leader di governo hanno un ruolo fondamentale. Devono combattere l’insicurezza creata dalla crisi e fornire certezze per raccontare davvero cosa sta succedendo e delineare tempi e vie d’uscita. Le crisi sono tempi di rottura che spezzano i riferimenti che abbiamo nella vita quotidiana; è necessario ricostruirli e per farlo bisogna fare prima una buona diagnosi e poi dare una direzione. Al momento tutto questo in Italia è completamente assente.
È colpa del governo attuale?
Dall’avvio della fase 2 il governo ha preferito giocare allo scaricabarile dando tutto in mando alle regioni o ai cittadini. Che in parte è anche giusto ma nelle situazioni di crisi il governo è l’attore ultimo che deve coordinare dal centro la situazione. Fornire linee guida che poi i presidenti di Regioni possono aggravare ha senso quando le indicazioni sono chiare. A causa della grande confusione De Luca e Fontana stanno invece chiudendo le loro regioni. Questo non significa rafforzare le norme del governo, ma prendere il suo posto.
Crede sia un problema di affidabilità politica?
Pensiamo alla scuola e ai trasporti. La ministra Azzolina sta continuando a dire che i contagi a scuola sono pochi mentre De Micheli che la colpa non è dei trasporti. Ma sono questioni che non vengono spiegate. Dire “teniamo le scuole aperte” o “non ci si contagia negli autobus” va bene ma occorre illustrare sulla base di quali studi scientifici si dicono queste cose. Sono decisioni estemporanee, dettate dal fatto che non si sa prevedere e quindi si insegue il virus. Un comportamento tipico di questo governo. Probabilmente il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, presta troppa attenzione al consenso sia dei vari stakeholders che dell’opinione pubblica.
Come giudica, dal punto di vista degli strumenti politici, le decisioni prese dalla durante l’emergenza sanitaria?
La situazione è complessa e ci sono dilemmi che vanno affrontati, ma deve essere fatto con chiarezza e trasparenza. I Dpcm sono atti amministrativi completamente stravolti nella sua natura, perché si stanno toccando diritti e libertà delle persone. I decreti legge devono essere fatti anche con uno sguardo al futuro, mettendo in moto i procedimenti che servono una volta finita l’emergenza. I Dpcm invece servono solo a inseguire e a “tirare a campare” di volta in volta.
È un problema nato con la pandemia?
No, è un processo di lungo periodo che dura almeno da alcuni decenni. Leader che avevano iniziato a mostrare queste debolezze, come Tony Blair o Bill Clinton, oggi ci sembrano dei giganti ma anche loro cercavano un mix tra ricerca del consenso e buone decisioni di prendere. Negli anni poi si è andati sempre più verso il fare le cose con l’obiettivo del consenso e non dell’interesse comunitario.
Lei ha puntato il dito contro i media, accusati di aver preso parte a questo percorso. Conferma la tesi?
Il sistema dei media ha favorito questo processo, e oggi gli stessi media si lamentano dei leader che non sanno governare. Il sistema mediatico ha generato molti mostri, tant’è che alcuni difendono a spada tratta diverse di queste personalità politiche, perché capiscono che sono figli loro.
Quali differenze vede tra i Paesi europei?
L’unica leadership forte, che si differenzia dalle altre, è quella di Angela Merkel, che però guida un Paese molto diverso dal nostro. Lo stesso Emmanuel Macron si sta rivelando molto incapace nella gestione della crisi, anche se non al pari del “giocoliere” Boris Johnson nel Regno Unito.
Negli Stati Uniti si andrà verso una leadership di Joe Biden o sarà riconfermato Donald Trump?
Se verrà eletto Biden staremo più sereni, ma il fatto che un candidato alla presidenza degli Stati Uniti abbia 78 anni è pazzesco. La fase di assenza di leadership continuerà ancora perché i leader dovrebbe formarsi all’interno dei partiti ma i repubblicani sono divisi tra chi vota per Biden e chi si è fatto soggiogare dal populismo di Trump, mentre i democratici non sono più in grado di sfornare leader.
E in Italia quali partiti vede in mano a dei veri leader?
I partiti che sono in gioco ora non sono in grado di produrre leadership. Il Pd ha sempre avuto problemi di leadership ed ora è appiattito sul nulla. Fratelli D’Italia e Lega indubbiamente possono produrre leadership ma non ne vedo di altre rispetto a quelle attuali di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ma sono leader che non funzionano in una democrazia liberale, come dimostra il fallimento di Salvini come ministro dell’Interno. La persona più ragionevole al momento è Carlo Calenda, che riesce a bucare il sistema mediatico perché ha un caratteraccio e questo fa sì che venga preso in considerazione. Potrebbe avere qualche possibilità a Roma ma come leader politico non sfonda e se la gente preferisce Meloni a Calenda questo ci deve far pensare.