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istituto minorile
Silvio Berlusconi qualche giorno fa ha dichiarato che Marcello Dell’Utri è un prigioniero politico. La sua non era una polemica ma una semplice constatazione.
Dell’Utri è in carcere e ci resterà probabilmente per diversi anni in seguito alla condanna per un reato che la Corte europea ha solennemente dichiarato inesistente all’epoca dei fatti. La carcerazione di Dell’Utri è palesemente illegale, e non è un mistero per nessuno che la ragione per la quale l’ex senatore di Forza Italia è trattenuto è squisitamente politica: un modo per punire e tenere sotto scacco il suo amico del cuore, e cioè lo stesso Berlusconi.
Possibile che la politica non sia in grado di reagire a questi atti di arroganza?
Possibilissimo. La politica, su questo terreno – purtroppo non solo su questo terreno è subalterna e atterrita. Non osa fare obiezioni, subisce, china il capo, non pretende nemmeno di far valere il Diritto. Teme l’ira del popolo, teme l’ira dei Pm.
Antonio Caridi è un senatore della Repubblica, piuttosto giovane ( 47 anni), calabrese ( e perciò sospetto) e fa parte di Forza Italia. E’ sposato e ha una figlia. Antonio Caridi è in prigione, a Reggio, e passerà in carcere il natale. In casa Caridi non sarà un bel natale. Natale in casa Caridi senza il senatore prigioniero
Anche Caridi è un prigioniero politico, e ora provo a spiegarvi perché.
E’ stato catturato ( per la verità si è costituito dopo che il Senato gli aveva negato l’immunità dall’arresto) il 4 agosto scorso, dopo una inchiesta lampo che ha portato i magistrati a concludere che Caridi è membro della ‘ ndrangheta. Su quali basi? Le dichiarazioni di alcuni pentiti, rilasciate tra il 2006 e il 2010 e in precedenza scartate come inattendibili e contraddittorie. In effetti erano abbastanza contraddittorie e poco attendibili. Basta dire che il principale indizio della colpevolezza di Caridi sta nel fatto che uno dei pentiti è sicuro che il futuro senatore una decina d’anni fa incontrò un capomafia in una località segreta. Qual era questa località? Boh. Da una breve ricognizione risulta però che al tempo di quello strano incontro il boss mafioso in questione era in cella. Figurate- vi un po’. E poi risulta ai pentiti che Caridi godette dell’appoggio elettorale di una cosca mafiosa che controlla un pezzo del territorio del reggino. Ma risulta anche che Cariddi su quel territorio prese pochissimi voti.
Se qualcuno avesse letto le carte dell’ordinanza di arresto difficilmente avrebbe potuto escludere il fumus persecutionis. E quindi non avrebbe autorizzato l’arresto. Le carte furono mandate al Parlamento, perché i senatori le esaminassero e decidessero se concedere o no l’autorizzazione, il 28 luglio scorso, e indicavano Caridi addirittura come il capo della cupola mafiosa. Poi furono reinviate, corrette, il giorno dopo, e Caridi non era più il capo – bontà loro – ma un semplice affiliato. I senatori della giunta delle autorizzazioni le lessero molto in fretta, perché il 2 agosto ( cioè quattro giorni dopo, con in mezzo il sabato e la domenica) si riunirono per decidere. Il “malloppo” inviato dai magistrati era di 4000 pagine. Se i commissari si sono applicati per almeno otto ore al giorno nella loro lettura ( sabato e domenica compresi, portandosi il lavoro a casa) hanno letto al ritmo di circa 145 pagine all’ora ( ma se sabato e domenica si sono riposati la media sale a quasi 300 pagine all’ora). Ottimo coefficiente di produttività. Probabilmente però i senatori commissari non hanno letto neanche una riga di quelle carte e poi hanno votato secondo quando deciso dai gruppi parlamentari. E così il 4 agosto si è andati in aula, e i senatori che hanno dato il voto definitivo hanno dovuto leggere il tutto in un giorno solo, e dunque anche loro hanno evitato e votato al buio per l’arresto di un loro collega.
La sera del 4 agosto Antonio Caridi, rassegnato, prostrato, immaginiamo distrutto dall’operazione kafkiana nella quale è rimasto impigliato, si è presentato a Rebibbia. Ai magistrati però è sembrata troppo comoda la situazione e così hanno mandato un cellulare a prelevarlo e portarlo giù in Calabria, dove è più difficile che la stampa si occupi di lui, che i colleghi parlamentari lo vadano a trovare eccetera eccetera.
Cosa vogliono i magistrati da Caridi? Io un sospetto ce l’ho. Che parli e accusi di qualcosa il suo principale ( un tempo) sponsor politico, e cioè Beppe Scopelliti, ex presidente della Regione. Scopelliti proprio ieri è stato condannato in appello a cinque anni per abuso d’ufficio. Potrebbe bastare ai magistrati, no? Lo scalpo lo hanno preso. Ma a loro non basta. Da anni inseguono la pista di Scopelliti mafioso e non hanno mai cavato un ragno dal buco. Se magari Caridi l’accusasse... Sarebbe un bel colpo, non vi pare? E se lo tengono a pane e acua, magari alla fine cede, accetta di accusare il suo amico.
Conosco Antonio Caridi, lo ho incontrato varie volte quando facevo il giornalista in Calabria. Sono politicamente e intellettualmente lontanissimo da lui, che è un vecchio democristiano ( anche se giovane d’età), figlio di un vecchio democristiano, amico solo di vecchi democristiani. Sono pronto a mettere varie mani sul fuoco sul fatto che non è il capo della mafia. E anche che non appartiene alla ‘ ndrangheta.
Caridi, esattamente come Dell’Utri, è un prigioniero politico. A differenza di Dell’Utri non è stato giudicato da nessun tribunale, non è un detenuto, è un ostaggio vero e proprio.
Quel che mi colpisce è il silenzio dei politici e anche, soprattutto, il silenzio dei suoi compagni di partito. Mi ricordo quando ero ragazzo, mezzo secolo fa, facevo parte del movimento studentesco. Ogni tanto la polizia catturava qualcuno di noi e lo sbatteva in galera ( erano ancora lontani i tempi della lotta armata: lo incarceravano o per reati di opinione o perché beccato durante qualche manifestazione; spesso, allora, la polizia attaccava le manifestazioni degli studenti). Allora noi ci organizzavamo, andavamo tutti i giorni sotto Regina Coeli, e gridavamo per ore: “Russo libero o Roma brucerà! ”, “Piperno libero o Roma brucerà”. Alla fine, in genere, la magistratura mollava, e i nostri compagni venivano scarcerati.
Gli amici di partito di Caridi invece tacciono. E’ silenzio tombale da sei mesi. Sembra che non gliene freghi niente a nessuno. Non dico che debbano fare gli scalmanati come facevamo noi sotto il carcere. Ma almeno una dichiarazione, una interrogazione, una piccola protesta. Macché, niente. Magari qualcuno pensa: “finché non tocca a me è meglio star zitti e incrociare le dita”. Non è un bello spettacolo. Mi pare ci sia un po’ di vigliaccheria. Mi sa che eravamo meglio noi del sessantotto.