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In Iran, la lotta per i diritti delle donne è un cammino segnato da sfide costanti e sacrifici. Nasrin Sotoudeh, avvocata per i diritti umani e attivista, ha vissuto sulla sua pelle la repressione di un regime che continua a negare libertà fondamentali e che continua ad accanirsi contro la sua famiglia. Venerdì, infatti, suo marito, Reza Khandan, è stato arrestato per un caso che risale a sei anni fa, legato alla sua opposizione al velo obbligatorio. Un arresto che avviene in un momento di crescente tensione, con l’approvazione di una nuova legge sul velo che al momento è stata congelata. Ma ciò non basta: la battaglia per i diritti delle donne e di tutti i cittadini iraniani, spiega al Dubbio Sotoudeh, continuerà. «Il movimento Donna, Vita, Libertà non è finito ed io continuerò a combattere».
Nasrin, oggi ci troviamo a parlare di un nuovo capitolo doloroso della sua vita e della sua lotta per i diritti umani in Iran. Suo marito, Reza Khandan, è stato arrestato pochi giorni fa. Può raccontarci cosa è successo quella mattina?
Il venerdì è il weekend in Iran. Reza era a casa a fare delle riparazioni quando due agenti sono venuti e gli hanno chiesto di seguirli alla porta principale del garage. Poiché uno dei nostri amici era lì, mi ha subito informato che due persone erano arrivate dicendo che Reza aveva una multa per guida irregolare e che doveva andare alla stazione di polizia a spiegare la situazione. Sono scesa subito alla porta del parcheggio e ho chiesto agli agenti perché volevano portare via mio marito. A seguito della mia insistenza, mi è stato mostrato il mandato di arresto per Reza, relativo a un caso di sei anni fa.
Il caso riguardava la produzione di spille su cui era scritto: “Mi oppongo al velo obbligatorio”. Reza è sempre stato una persona che ha lavorato sinceramente per i diritti delle donne e la libertà di abbigliamento in tutti questi anni. Lui e Farhad Meysami (medico, insegnante e attivista civile iraniano, ndr) sono stati condannati a 6 anni di carcere, 5 dei quali eseguibili. Farhad ha scontato 4 anni e mezzo di quella pena ed è stato rilasciato dopo il Movimento Mahsa (Donna, Vita, Libertà, ndr). L’avvocato di Reza ha seguito il caso e ha ridotto la pena a 3 anni e 8 mesi. Ora Reza è stato trasferito in prigione per scontare la pena. In realtà, non avrebbero dovuto arrestarlo, poiché il caso era stato archiviato. Un caso archiviato non può essere riaperto. Il problema è che, fino ad ora, questa archiviazione non è stata notificata a Reza. Tuttavia, i siti di notizie riportano che il caso di Reza e Farhad è stato archiviato e concluso. Ma ciò che mi preoccupa attualmente è la mia costante difficoltà di andare in prigione a incontrare Reza.
Perché?
Nelle prime ore del trasferimento di Reza alla stazione di polizia, mi è stato impedito l’ingresso perché non indossavo il velo, e la mia discussione con l’agente della stazione di polizia non ha avuto successo. Ieri (domenica 15 dicembre, ndr), quando sono andata alla prigione di Evin per seguire il caso di Reza, mi è stato impedito di entrare perché non indossavo il velo. Alla fine, sono rimasta fuori, mentre il nostro amico è entrato e ha parlato con Reza. Mi chiedo se riuscirò a rivederlo.
L’arresto di Reza è arrivato mentre era in corso l’entrata in vigore della nuova legge sul velo, bloccata dal presidente. Cosa pensa di queste politiche?
La legge medievale sul velo e la castità, recentemente approvata dal Parlamento iraniano, doveva essere notificata alle autorità esecutive proprio quel giorno. Io e signora Sedighe Vasmaghi, una studiosa islamica, avevamo diffuso una dichiarazione dicendo che avremmo preso misure di protesta se questa legge fosse stata annunciata. Venerdì la legge non è stata annunciata alle autorità esecutive, ma invece mio marito Reza Khandan è stato arrestato per la stessa protesta. Questa è una parte di un quadro più grande di violenza contro le donne e gli uomini, che mostra come anche gli uomini si siano uniti a questa causa, perché sanno che la libertà e la democrazia dipendono dal rispetto dei diritti umani, e soprattutto dei diritti delle donne.
Lei stessa è stata vittima di numerosi arresti. A che punto sono i suoi processi?
Attualmente sono una prigioniera, la cui condanna è stata rinviata a causa di una malattia. Oltre alla condanna che mi è stata emessa sei anni fa, di cui 6 anni sono ancora eseguibili, l’anno scorso sono stata condannata a 8 anni di prigione, 6 dei quali eseguibili, per aver partecipato al funerale di Armita, un’altra vittima delle violenze legate al velo obbligatorio. Il medico legale ha stabilito che non dovrei essere punita, ma finora il sistema giudiziario ha rifiutato di emettere un mandato per la mia liberazione.
Come vede il futuro della sua lotta, alla luce di tutto ciò?
Sono certa che il futuro del movimento “Donna, Vita, Libertà”, che non è finito, continuerà e naturalmente io continuerò la mia attività accanto a questo movimento pubblico. In particolare, penso che abbiamo un problema regionale in Medio Oriente con la questione della tirannia, che deriva principalmente dalla cultura patriarcale.
Se esaminiamo il governo della Repubblica Islamica, ha iniziato la sua tirannia imponendo il velo alle donne, così che anche ora la Repubblica Islamica dell’Iran è conosciuta nel mondo per il suo velo obbligatorio, proprio come il governo talebano è conosciuto per il divieto dell’educazione femminile, e altri governi in Medio Oriente sono in qualche modo legati a una cultura patriarcale. Non abbiamo altra scelta che mettere da parte questa cultura patriarcale.
C’è un altro caso che in queste ore sta scuotendo il mondo: l’arresto della cantante Parastoo Ahmadi per essersi esibita senza velo. Anche in questo caso, le notizie sono parziali e contraddittorie. Cosa può dirci a riguardo?
La sua è stata un’azione incredibilmente bella e tempestiva. Nei giorni in cui veniva discussa la legge medievale sul velo e la castità, ha compiuto un’azione straordinaria senza discuterne, è stata una risposta artistica a questa cosiddetta legge.
Sono diversi i casi simili: ricordiamo anche Ahoo Daryaei, che si è spogliata all’Università in segno di protesta. Anche su di lei sono state raccontate molte storie controverse. Cosa le è successo?
Il suo è stato un altro esempio di ribellione femminile contro il velo obbligatorio. Il governo ha dichiarato che Ahoo era mentalmente instabile e, abusando arbitrariamente del potere, l’ha inviata in ospedale psichiatrico. Il governo iraniano è direttamente responsabile di questa azione. Quale diritto ha di mandare qualcuno in ospedale solo per aver espresso dissenso? D’altra parte, supponendo che la rivendicazione del governo sulla stabilità mentale di Ahoo sia corretta, la domanda successiva è se sia ancora valido il suo diritto di gestire il proprio corpo. Quindi, questa affermazione non cambia il suo diritto. Inoltre, tutte queste azioni indicano quanto sia profondo il divario tra il popolo e il governo.
Il Medio Oriente è scosso da conflitti. Cosa prevede per il futuro?
Il Medio Oriente si salverà solo lasciandosi alle spalle la sua cultura patriarcale tradizionale, e spero che questo accada presto.