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NARDELLA EUROPARLAMENTARE PD
L’ ex sindaco di Firenze e oggi europarlamentare del Pd Dario Nardella spiega che «rispetto alla spaccatura di tre settimane fa a Strasburgo abbiamo fatto un passo avanti e dobbiamo continuare in questa direzione» in riferimento al voto compatto di ieri della delegazione europea del Pd sulla risoluzione pro Difesa comune, che conteneva anche un passaggio sul piano ReArmEu. «Su quello specifico emendamento abbiamo votato contro - dice Nardella - ma segnalo che il centrodestra si è spaccato in tre».
Onorevole Nardella, ieri c’è stato il voto sulla risoluzione per la Difesa comune europea e il Pd ha votato a favore, con delle divergenze tra gli indipendenti: come commenta?
Viste le premesse, penso che il voto finale abbia rispecchiato una sintesi larghissima dentro la delegazione del Pd. Con un messaggio chiaro che è sì alla Difesa comune europea, all’esercito europeo e al coordinamento tra le strutture militari nazionali e no al semplice riarmo nazionale e alla messa in discussione dei fondi di coesione per finanziare l’acquisto di armi. Peraltro rilevo che il centrodestra si è diviso in tre sull’emendamento che riguarda il ReArm, con Lega che ha votato contro, Forza Italia a favore e FdI astenuti.
Lo stesso emendamento sul quale anche nel Pd ci sono state divergenze, con la delegazione che ha votato compitamente contro tranne Picierno e Gori, a favore. Che ne pensa?
La linea che abbiamo assunto come delegazione Pd è stata di votare contro l’emendamento ReArm e a favore di tutta la risoluzione della Difesa Comune europea. Ci sono stati un numero esiguo di voti differenti rispetto alla larga maggioranza della delegazione. Tarquinio e Strada che hanno votato contro l’intera risoluzione e Picierno e Gori che hanno votato a favore dell’emendamento sul ReArm. Su una delegazione di 21 europarlamentari mi sembra un buon segnale. Il dato politico più rilevante è il dato a favore di tutta la delegazione sulla risoluzione Difesa comune e sicurezza salvo i due distinguo. Rispetto alla spaccatura di tre settimane fa a Strasburgo abbiamo fatto un passo avanti e dobbiamo continuare in questa direzione.
A proposito di ReArm, sabato il M5S di Conte scenderà in piazza contro il piano von der Leyen, e Avs sarà al suo fianco. Il Pd dovrebbe esserci?
Credo che la manifestazione del Pd sia stata quella di Piazza del Popolo a Roma, dove ci siamo ritrovati tutti insieme. Quella era la nostra piazza. Tutte le altre iniziative, dal congresso di Azione alla piazza del M5S, sono iniziative legittime che rispettiamo ma non sono le nostre. Non ci avrei visto nulla di male se il Pd avesse partecipato con una delegazione al Congresso di Azione e se parteciperà con una delegazione alla piazza di Conte, ma è cosa diversa da condividere appieno la manifestazione. Partecipare a eventi di altri soggetti politici vicini se invitati è naturale e comprensibile. Aderire politicamente alle loro iniziative è un altro discorso.
Dal palco del Congresso di Azione Calenda ha lanciato improperi contro il M5S, ma in base ai numeri una coalizione larga è l’unico modo per battere il centrodestra: siete ancora convinti di andare tutti insieme al voto?
Con questo sistema elettorale, che ha una quota rilevante di collegi uninominali, se vuoi vincere le elezioni e governare il Paese devi necessariamente fare un qualche tipo di alleanza. Del resto, le differenze che ricorrono tra Pd, M5S e Azione non sono superiori a quelle che ci sono nel centrodestra. Però loro riescono sempre a ricomporle e a vincere. Forse dovremmo cominciare a fare così anche noi.
Dunque non c’è alcuno spazio al centro?
Credo che l’esperienza di un terzo polo, stante questo sistema elettorale, sia impossibile. E in effetti ogni tentativo passato è fallito. La gara è tra due diverse idee di Italia e tra due diverse coalizioni. Mi auguro e continuerò a lavorare personalmente perché sia Conte che Calenda possano convergere nella stessa alleanza e condividere con noi un programma comune. Anche perché lo abbiamo già fatto su temi come il salario minimo e la difesa della sanità pubblica. E anche perché governiamo insieme in varie Regioni e città.
Quanto è importante per il Pd che nella coalizione ci sia anche una componete moderata, magari con una proposta che possa parlare agli astenuti?
Credo che il centrosinistra debba puntare a recuperare tanti astenuti, mettendo in campo un vocabolario nuovo e portando avanti con un linguaggio semplice e diretto le battaglie contro le diseguaglianze e per i diritti. E che possa per questo avvalersi della tanta energia presente nei territori e delle esperienze di governo di centinaia di sindaci e amministratori locali. Noi abbiamo una credibilità che viene dalle tante buone esperienze di governo e da un rapporto autentico con il paese reale. Dobbiamo tradurre tutto questo in un programma vincente e chiaro.
Ieri sono entrati in vigore i dazi americani su alcuni prodotti europei: perché il centrosinistra contesta l’operato del governo?
Credo che i dazi di Trump faranno un grande danno non solo all’Italia e all’Europa ma anche al suo stesso Paese. Perché i dazi nella storia non hanno mai fatto bene a nessuno. Per questo l’Europa deve rispondere con fermezza, mettendo in campo diverse misure, dalla tassazione dei giganti americani del web all’apertura a nuovi mercati come Sudamerica e Asia a misure economiche e fiscali per riportare in Europa 300 miliardi di risparmi dei cittadini europei che oggi vanno in fondi americani. Certamente la strategia del governo Meloni di aprire un canale bilaterale con gli Stati Uniti abbandonando il gioco di squadra europeo sarebbe un clamoroso fallimento, perché in un’economia globalizzata o stiamo tutti insieme noi Stati europei oppure cadremo uno ad uno.