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Il guardasigilli Alfonso Bonafede ha ammesso candidamente al question time di oggi alla Camera che col Cura Italia sono stati liberati appena 200 detenuti. Nonostante il coronavirus e gli appelli dell'Onu
Nel Paese dei paradossi, la mozione individuale di sfiducia ad un ministro a tutto serve tranne che a mandarlo via. Anzi, di norma si ottiene il risultato opposto: avvitarlo ancor più sulla sedia. Il perché è semplice. La mozione è ovviamente presentata dalle opposizioni e mira, colpendo il titolare di dicastero ritenuto più vulnerabile, a indebolire il governo infiacchendone lo spessore e il passo. Ergo, la maggioranza che quel governo esprime e sostiene, fa muro per respingere l’attacco. Risultato: il ministro resta al posto suo, il governo va avanti, le opposizioni ottengono di battere la grancassa mediatica, i problemi - di qualunque genere siano - non vengono sfiorati e tutto procede, madama la marchesa. Non è una valutazione di parte: è la storia della mozione che quel paradosso coltiva e coccola. A parte la stranezza di uno strumento con obiettivo individuale in un contesto di governo collegiale con sostegno parlamentare, la sfiducia sparò solo un colpo che colse nel segno. Fu quando nacque per affondare un altro Guardasigilli (sono i destini incrociati del pantano giustizia) inviso alla sua stessa maggioranza: Filippo Mancuso. Attenzione, quella volta funzionò perché fu la maggioranza a volere le dimissioni. In caso contrario, sarebbe finita al macero come tutte le altre successive. E’ verosimile che il copione si ripeta con la mozione di domani al Senato contro Alfonso Bonafede. Il centrodestra tra qualche distinguo e l’imbarazzo malcelato di Forza Italia che sa che si tratta di un colpo a salve, farà la voce grossa guadagnando qualche titolo di giornale. La coalizione giallorossa replicherà - con altrettanto imbarazzo dalle parti di Italia Viva - serrando le fila e respingendo la spallata degli avversari. Fin qui l’involucro politico-mediatico. Poi c’è la sostanza. Che non riguarda tanto Bonafede bensì i problemi della giustizia che sono vasti e profondi. Le vicende del Csm, la prescrizione, il codice carcerario sono solo punte di iceberg rimbalzate sulle cronache più recenti. Allora, sommessamente, sarebbe forse il caso che il Parlamento, riprendendo una suggestione avanzata dal pd Verini e dal forzista Costa, dedicasse una sessione al dibattito sulla giustizia. Senza ultrà, senza urla. Ragionando, nell’interesse dei cittadini. Allora sì che il dopo Covid ci avrebbe reso più saggi.