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Marco Di Liddo, direttore del "Cesi"
La strage di Mosca di qualche giorno fa sta offrendo alla Russia di Putin l’occasione di intensificare gli attacchi contro l’Ucraina e di rafforzare l’idea, mostrandola al mondo intero, che il Paese aggredito poco più di due anni fa ha una responsabilità diretta nei fatti del Crocus City Hall. «È la propaganda di Putin», evidenzia Marco Di Liddo, direttore del Cesi ( Centro studi internazionale).
Direttore Di Liddo, Putin non ha esitato ad attribuire responsabilità all’Ucraina dopo la strage di Mosca di venerdì scorso. È una soluzione troppo semplicistica e di comodo?
Dal punto di vista della narrativa di guerra, tenendo conto dell’esigenza di dover offrire una risposta alla popolazione in linea con quello che la Russia vive in questo momento, quella di Putin è una reazione che potevamo attenderci. C'è una manipolazione in tutto questo, la creazione di una narrazione tale da attribuire a Kiev delle responsabilità. C'è l'intento di demonizzare l'avversario ulteriormente e di cercare di dimostrare al mondo che l'Ucraina in una maniera più o meno diretta è uno Stato sponsor del terrorismo e aiuta i terroristi. Questa è una dimensione narrativa, comunicativa e speculativa. Poi bisogna portare delle prove credibili e senza queste tutto è relegato all’ambito dei sospetti. Se non si portano prove credibili, inequivocabili, che dimostrino a più livelli delle attribuzioni concrete di responsabilità, resta soltanto un'accusa senza un fondamento di verità.
Si sta tentando di creare confusione, dunque?
L'accusa di Putin ha il compito di aumentare i livelli di sospetto, di continuare a delegittimare Kiev. In questo clima inoltre si vuole rendere più difficile il supporto occidentale verso la resistenza ucraina. Come ho appena detto, se tu fai delle accuse precise, vuol dire che hai delle prove altrettanto precise e le devi esibire. Se mancano le accuse, queste diventano vaghe e allora l’obiettivo è un'operazione di propaganda, psicologica, politica, non un'operazione volta a mettere un altro Paese di fronte alle proprie responsabilità.
Al netto delle prove del coinvolgimento dell’Ucraina, hanno fatto il giro del mondo le immagini dei presunti terroristi condotti in tribunale con i volti tumefatti e i segni delle torture. Questo modo di fare intende dimostrare una forza apparente?
Sì, ma è anche un modo di fare piuttosto dozzinale. C'è la necessità di parlare alla pancia delle persone e quindi di rispondere alla violenza con altra violenza per cercare di soddisfare una folla inferocita. Pure questo fa parte della comunicazione. Mostrare i presunti terroristi ridotti nelle condizioni che abbiamo visto rientra in una logica volta a distrarre l’opinione pubblica, a mostrare le torture che hanno subito i presunti attentatori, la vendetta che può realizzare lo Stato, e tentare di non soffermarsi sui buchi dell'Fsb che ha fatto una figura pessima.
Ritiene che si sia voluto lanciare un messaggio anche ai russi, ostentando i quattro presunti terroristi, rispetto al pugno di ferro che si continuerà ad usare nei confronti dei dissidenti?
Fino a un certo punto. I russi conoscono già molto bene il pugno di ferro nei confronti dei dissidenti. Hanno avuto modo di constatarlo più volte.
Dopo la strage del Crocus, gli attacchi contro l'Ucraina si sono intensificati. Una reazione ancora più rabbiosa rispetto ai mesi scorsi?
Assolutamente sì. Quello che sta succedendo in Ucraina in questo momento è la trama che conosciamo da oltre due anni ormai. Ci mostra come la Russia, nonostante le difficoltà che ha avuto, continui ad avere un sistema economico, politico e anche sociale tale da supportare lo sforzo bellico in maniera diretta. La Russia al momento è riuscita ad eludere le sanzioni, ha costruito dei meccanismi efficaci e sta intensificando la pressione sull’Ucraina, consapevole delle difficoltà del fronte occidentale nel sostenere Kiev.
Con l’attentato di Mosca si è risvegliato il terrorismo islamico con l’Isis- K?
Questa è una sigla tra le tante. Parlerei di Isis in generale. La pista dell’Isis- K si è un po' sciolta. A mio avviso, occorre soffermarsi sullo Stato Islamico nel suo complesso e sulla sua capacità di coinvolgere più sigle e più tipologie di attori. Lo Stato islamico è in grado di parlare a porzioni della popolazione in grave difficoltà psicologica, economica, sociale e di coinvolgerli in attività di tipo terroristico. Anche se a livello strutturale la rete è meno forte di qualche anno fa, mantiene inalterata una capacità di cercare soggetti vulnerabili e trasformarli in terroristi. Una capacità di attirare i lupi solitari e magari metterli anche insieme per condurre operazioni come quelle che abbiamo visto a Mosca.
In merito alla guerra in Ucraina, ci siamo messi alle spalle l’inverno. Quali previsioni si possono fare per i prossimi mesi, a due anni dall’invasione russa?
Le previsioni non sono rosee per Kiev, perché se non inviamo munizioni, equipaggiamenti ed armi è difficile per l’Ucraina far fronte alla pressione russa. Temo che nei prossimi mesi si intensificherà l'azione militare di Mosca, soprattutto con bombardamenti, con incursioni di droni, cercando poi di sfondare la linea del fronte in varie direzioni.
La recente violazione dello spazio aereo della Polonia è un segnale di forza da parte della Russia oppure è stato un incidente di percorso?
Ogni tanto si verificano queste tensioni anche nei cieli. Ma non si tratta di un incidente di percorso, perché la traiettoria di un missile che passa per 39 secondi nello spazio aereo di un Paese della Nato può far temere il peggio. Nel caso in cui il missile fosse andato fuori rotta o fosse finito in territorio Nato, avremmo assistito a conseguenze molto gravi. Questo episodio indica alcune situazioni critiche che si verificano dall'inizio della guerra e che nascondono tutti gli elementi per potenziali escalation e avvenimenti nefasti di difficile gestione.