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Marco Travaglio direttore del Fatto
Ancora sotto choc per la storica sentenza sulla trattativa Stato Mafia, il giustizialismo italiano prova a riannodare i pensieri e a far ripartire la giostra. Ma l’impressione è che nulla sarà più come prima, la “spinta propulsiva” del populismo penale sembra infatti che stia per esaurirsi. E come spesso accade nei momenti di cambiamento, gli sconfitti alzano il tiro, si radicalizzano, incapaci di accettare la realtà. Rabbia, confusione, senso di vuoto, i giudici della Corte d’assise di Palermo hanno decisamente ingolfato la vecchia, gioiosa macchina del fango che ora gira a vuoto. E come un pugile suonato mulina colpi contro tutto e tutti. La prima pagina di oggi del Fatto Quotidiano è l’emblema di questo smarrimento; il giornale diretto da Marco Travaglio da giorni listato a lutto, tenta uno scatto di reni e titola: "La giustizia funziona, panico tra i 2 Matteo", buttando in un unico calderone le disavventure del leghista Luca Morisi, indagato per possesso e cessione di stupefacenti e il rinvio a giudizio di Tiziano Renzi per l’affare Consip. E per non farsi mancare niente, nel mucchio occhieggia anche la condanna a un anno per turbativa d’asta a Denis Verdini (sempre per il caso Consip) nonché gli arresti dell'ex commissario straordinario dell'Ilva di Taranto Enrico Laghi, accusato di corruzione. Praticamente un dispaccio generale delle procure, un potpourri di provvedimenti giudiziari che non hanno alcuna relazione tra loro se non il fatto che riguardino dei conclamati avversari politici di Travaglio e soci. Per i quali la giustizia «funziona» soltanto quando indaga, rinvia a giudizio e condanna. Mai quando archivia, proscioglie o assolve. Vitam impendere vero (sacrificare la vita per la verità) recitava l’exergo dell’Ami du Peuple, il quotidiano diretto da Jean-Paul Marat che nel 1792 condusse una violenta campagna contro le sentenze troppo miti dei giudici parigini nei confronti di aristocratici, preti, e fiancheggiatori dell’ancien régime. Per loro non bastava la galera, ci voleva la decapitazione. Così il giornale lancia un appello ai rivoluzionari affinché venga fatta giustizia. Tra il 2 e il 6 settembre le prigioni sono assaltate, oltre 1500 persone vengono trucidate. Poiché la Storia si ripete in farsa, nessuno potrebbe mai sospettare il Fatto di simili efferatezze , ma di sicuro per i giustizialisti italiani vale lo stesso monito con cui Charlotte Corday si rivolse a Marat prima di assassinarlo: «La rivoluzione mangia i suoi figli».