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Niente da fare, Di Pietro non ci sente: invece di lamentarsi, borbotta, meglio ricorrere al Csm come ha fatto lui nei confronti dell’ex collega bresciano Fabio Salo- mone. Qualcuno di buona memoria potrebbe ricordare che un silenzio tombale del Di Pietro parte lesa era caduto dopo che il tribunale di Brescia nell’assolvere le persone che Di Pietro aveva querelato aveva emesso una sentenza in cui il denunciante era descritto più come un avventuriero che come un magistrato. In quell’occasione l’ex Pm non aveva presentato nessun ricorso in appello né al Csm nei confronti del giudice Maddalo autore delle motivazioni della sentenza.
Oggi Di Pietro vorrebbe parlare d’altro, dei cartelli d’impresa e di politica che inquinarono la politica e che portarono poi alla nascita di tangentopoli. Ma nessuna autocritica sull’uso politico di quelle indagini, né sulla custodia cautelare né sui morti, né sulla selezione politica degli imputati e dei partiti da perseguire e in seguito distruggere. Mastella non ci sta. Non gli sfugge la presenza di Susanna Mazzoleni seduta in prima fila ( un po’ annoiata in verità) ad ascoltare il marito e butta lì la storia della propria, di moglie, che ha subito per nove mesi i provvedimenti giudiziari e anche la gogna mediatica, sempre definita come “Lady Mastella” e con i carabinieri fin dentro la sala operatoria in ginecologia. Caro Di Pietro, non si può fare «chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto». Ma c’è un muro di gomma, il dibattito si fa surreale.
Di Pietro: «Se i tempi della giustizia sono lunghi è colpa del legislatore». Mastella: «Ma quando il legislatore cerca di cambiare, i magistrati lo fottono». Il futuro dei due mancati duellanti? L’ex imputato, oggi sindaco di Benevento: farò politica ancora, per rispetto ai tanti che erano con me e sono stati maltrattati. L’ex Pm, finalmente ridendo: io faccio parte dell’Associazione combattenti e... Solo che si sbaglia e invece che reduci dice “reclute”. La nuova recluta di D’Alema e Bersani?