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La prima azienda di consegne a domicilio risale al 1890 nella città di Mumbai, in India, La parola hindi “dabbawala” significa letteralmente “colui che porta una scatola”. I servizi offerti dai dabbawala sono il trasporto quotidiano dei pasti dai ristoranti e dalle case agli uffici. Più di 200.000 lunch box vengono gestiti ogni giorno da circa 5 mila dabbawala con un costo minimo e una puntualità quasi perfetta. Secondo uno studio dell’Università di Harvard, c’è un solo errore ogni 6 milioni di spedizioni. Sebbene il servizio indiano faccia un uso scarso della tecnologia, poiché basato sul fattorino come elemento principale, i dabbawala hanno recentemente iniziato ad adottare le nuove tecnologie informatiche, consentendo la prenotazione tramite SMS e sito web. Questo modello quasi perfetto diffuso dall’Ottocento e invidiato per anni dalle migliori compagnie di logistica è stato successivamente copiato in tutto il mondo. Da qualche anno i sistemi di food delivery sono entrati a far parte della quotidianità dei popoli occidentali e ordinare cibo via internet o via app è diventata ormai una consuetudine. Il leader indiscusso delle consegne a domicilio nel nostro Paese è Glovo, giovane start- up spagnola fondata a Barcellona nel 2015. Si tratta di un servizio di corriere on demand che acquista, ritira e consegna a domicilio i prodotti ordinati attraverso la sua app scaricabile su smartphone e tablet. Alla fine dello scorso anno l'impresa aveva già conquistato 26 paesi offrendo il servizio in oltre 200 città del mondo. In 4 anni è entrata ufficialmente a far parte degli “unicorni”, la denominazione attribuita alle start- up che raggiungono una valutazione superiore al miliardo di dollari. “Tutto ciò che vuoi, consegnato in pochi minuti”. Questo lo slogan di Glovo. Cibo ma non solo. I fattorini, meglio noti come “glovers”, ritirano farmaci, abiti dalla lavanderia, scarpe dal calzolaio e consegnano a domicilio giornali e sigarette.
Il recente lockdown causato dal Covid- 19 e la chiusura al pubblico di ristoranti e negozi ha notevolmente contribuito ad accrescere la platea di clienti dei servizi di delivery. Secondo un’analisi di settore il 40% dei nuovi clienti “conquistati” durante la Fase 1 della pandemia non aveva mai utilizzato un servizio di questo tipo in precedenza. E’ ormai risaputo che stiamo vivendo tempi molto singolari. Talmente singolari che Armani, Gucci, Prada, Fendi e molti altri si sono dati alla produzione di camici e mascherine, la Ferrari ha cominciato a realizzare respiratori, la Ramazzotti i gel sanificanti e i ristoratori, anche i più refrattari, a prevedere consegne a domicilio e cibo da asporto. Secondo quanto emerge dal Delivery Report di Glovo se fino a qualche tempo fa le consegne a domicilio venivano considerate la soluzione estemporanea per chi non aveva tempo o voglia di cucinare, oggi il servizio è diventato essenziale e imprescindibile per tutti. E’ il momento indiscusso di Glovo e dei suoi maggiori competitor ( Deliveroo, Just Eat, Foodora e Uber Eats) il cui volume d’affari continua a crescere in maniera esponenziale: + 300% la domanda per farsi recapitare la spesa a casa, + 150% i farmaci da banco, + 180% i gelati, + 200% il cibo da asporto, + 900% gli ordini della categoria “spedizione” con gli italiani che scelgono il delivery come mezzo per far recapitare ad amici e parenti non solo cibo ma anche regali e messaggi di vicinanza. Mentre tutti stavano a casa loro lavoravano. Mentre tutti erano intenti a decidere tra passeggiate e jogging loro pedalavano per consegnare a domicilio pizza, sushi, hamburger, libri, medicine, dolci di compleanno e regali. Anche le ricerche online hanno subìto un’impennata in quest’ambito con “cibo da asporto”, “opportunità delivery”, “vantaggi della consegna a domicilio” tra le ricerche più digitate. Da un’analisi condotta dalla piattaforma Google emerge un dato davvero sorprendente: la query “cena a casa” supera di ben 4 volte la query “cena al ristorante”. La medesima analisi registra anche una maggior diffusione dell’uso delle app di delivery food con l’incremento più rappresentativo nel Nord Italia e nella città di Milano come leader indiscussa per il numero di ordinazioni, seguita da Roma, Torino, Bologna e Firenze. Il digital food delivery, nella sola Milano, “pesa” quasi 500 milioni di euro all’anno di indotto. Un valore sconcertante che, alla luce delle prospettive di crescita del settore, è destinato ad aumentare nell’immediato futuro.
L’emergenza globale è certamente un acceleratore di fenomeni e l’effetto lockdown ha rivoluzionato i comportamenti dei consumatori oltre ai formati stessi di distribuzione dei servizi. La storia, più o meno come 70 anni fa, è ad un punto di svolta con la pandemia che ha chiuso i primi vent’anni del nuovo secolo e aperto un capitolo del tutto nuovo e inaspettato.