Il ministro Nordio ha incontrato l’omologo francese Gérald Darmanin. Dall’incontro è emerso un interesse dei francesi verso i nostri modelli di lotta alla criminalità ma soprattutto di gestione delle carceri. Ne parliamo con Mauro Palma, già Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura ed ex Garante nazionale dei detenuti.

I francesi vogliono copiare il nostro modello carcerario. Che ne pensa?

Non mi è chiaro se l’interesse francese sia rivolto al circuito dell’” alta sicurezza” o al regime speciale ex articolo 41bis. In quest’ultimo caso va osservato che non si tratta di un regime rivolto a chi ha commesso reati molto gravi in senso generico o è una persona detenuta ritenuta pericolosa. Il 41bis ha una sua origine, una sua caratteristica e una sua connotazione delineata da sentenze della Corte costituzionale e della Cedu che lo definiscono sul piano dei destinatari a esponenti di spicco della criminalità organizzata di tipo mafioso ( o di analoghe situazioni territoriali) e sul piano della finalità l’interruzione di collegamenti con le organizzazioni criminali all’interno e all’esterno del carcere. Non altro ( e non è poco).

Esiste questa necessità in Francia?

Penso ci si riferisca ai Dps ( détenus particulièrement signalés) inseriti in un particolare “elenco”, ma la loro connotazione è molto mista – non solo criminalità organizzata, ma anche e soprattutto presunto rischio di evasione – e la Corte europea ha in passato condannato la Francia ( caso Khider c. Francia) per il continuato isolamento, le perquisizioni corporali, in generale la durezza ingiustificata della detenzione. Anche il “Difensore dei diritti” è intervenuto un anno fa su questo tema. Che si voglia introdurre il sistema italiano, che però ha una logica diversa, per sanare queste inaccettabili situazioni?

I francesi sarebbero interessati anche al progetto di recupero delle caserme dismesse e alla “politica di gestione delle carceri e il sovraffollamento che affligge anche loro”.

Qui mi sfugge il nesso, soprattutto relativamente al tema della detenzione speciale. Attenderei un po’ gli esiti dell’azione del Commissario e del relativo utilizzo di caserme, prima di ritenerle un metodo esportabile, come sembrerebbe emergere da quel comunicato. Ci sono addirittura voci di spostamento di giovani adulti dagli istituti minorili a una sezione di un carcere per adulti – a Bologna – per risolvere il sovraffollamento minorile, figuriamoci le lezioni che riusciamo a dare. Certo, la Francia ha un problema grave di sovraffollamento; certo occorre ipotizzare soluzioni nuove, se non si intende intervenire con un provvedimento emergenziale che dia il tempo per elaborare una riforma sostanziale del sistema. Quello che è evidente è che un sistema di indistinta detenzione non è in grado di reggere. Le persone in carcere per pene brevi o brevissime sono il risultato di una debolezza sociale che richiede altri strumenti nel territorio, non certo strumenti meramente penali, e qualora a questi si sia giunti, differenti luoghi e diverse modalità per l’esecuzione della sanzione e una diversa presenza degli enti territoriali.

I francesi guardano con ' particolare interesse' al 41 bis. Secondo lei serve ancora nel nostro Paese?

L’interruzione delle possibilità di comunicazione con le organizzazioni criminali da parte di persone che a esse appartengono è un dovere da parte dello Stato. Quindi, questa finalità deve essere perseguita. Il problema è poi sulle forme e sugli strumenti. Il fatto stesso che il numero di persone sottoposte a tale regime sia più o meno sempre lo stesso, con lievissime oscillazioni, indica che di fatto non funziona e che rischia di diventare anche nell’immaginario esterno una esemplare punizione – da qui il nome di “carcere duro”, inaccettabile in un ordinamento democratico – piuttosto che un regime che semplicemente eviti tali contatti. Molte volte è dovuta intervenire la Corte costituzionale per rimuovere singole imposizioni vessatorie non giustificabili sul piano della finalità per cui tale regime è sorto e entro il cui limite deve attenersi. Che la Francia venga a prendere informazioni per ipotizzarlo per situazioni gravi, ma diverse, è indicativo di questa generica idea di durezza in sé. E prima della Francia sono già venute l’Albania e l’Olanda.

Come è cambiato nel tempo questo regime di ' carcere duro'?

Il regime è sostanzialmente inalterato dopo l’ultimo intervento normativo del 2009. Si è aggiunta una circolare minuziosa nel 2017 emanata dall’allora Capo Dap, pur con il mio parere negativo come Garante nazionale, che pretendeva di definire aspetti minuziosi e ha aperto a una valanga di inutili prescrizioni e relativo contenzioso. È invece cambiata la tipologia delle persone assegnate a tale regime perché diversa è l’attuale impostazione della criminalità organizzata: molto più interessata al controllo politico- imprenditoriale su larga scala e all’imposizione della propria capacità di ‘ governare’. È cambiata la tipologia dei reati ed è così cresciuta la quota di persone in carcere in tale regime per pene temporanee: questo apre a una specifica criticità di questo regime.

Quali sono le maggiori criticità di questo sistema?

Appunto, la maggiore criticità la vedo nelle persone che, condannate a pena temporanea scontano in 41bis la pena fino all’ultimo giorno. Per poi passare direttamente alla libertà. Anche sul piano della sicurezza tutto ciò è insensato; come pure lo è sul piano della finalità del positivo reinserimento sociale. Mi chiedo come mai se si sa che la fine della pena avverrà durante il biennio di un rinnovo del 41bis (che, some sappiamo è inizialmente 4 anni poi rinnovabile di 2 in 2) tale rinnovo è proposto e approvato? Non è meglio far passare la persona al circuito dell’alta sicurezza per l’ultima parte della sua pena e dare così la possibilità di sperimentare, spesso dopo molti anni, una situazione di maggiore gradualità verso l’esterno? O molti rinnovi avvengono quasi automaticamente anche per il simbolismo che portano con sé (nel passato venne rinnovato il regime anche a un morente per il valore simbolico della sua figura)? Vale la pena ricordare che se la norma sospende il “trattamento! per le persone sottoposte a questo regime, non sospende certamente – né potrebbe farlo – la finalità della pena. Che deve restare integra anche per loro.