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Istituzionalizzare: si traduce avvolgere, normalizzare, rendere compatibili con il sistema. Dal punto di vista dei duri e puri significa anche, forse soprattutto, annacquare, sterilizzare, disinnescare. E’ la strategia politica su cui puntava quell’area democristiana, mai foltissima ma sempre molto influente e a tratti egemone, che faceva capo ad Aldo Moro.
Moro la mise in pratica, negli anni 60, con il Psi, trasformando un partito che era sempre stato d’opposizione in componente omogenea del sistema. Aveva in mente lo stesso obiettivo con il Pci. Non subito, certo, non in quella turbolenta fase detta solidarietà nazionale nella quale si compì la tragedia di Moro. Il leader democristiano aveva in mente tempi molto più lunghi, anche perché bisognava far ingoiare l’indigesta pillola agli Usa, che quando sentivano la paro- la “comunista” non andavano tanto per il sottile e distinguevano sino a un certo punto il Pci, fondamentalmente democratico, dai “partiti fratelli” dell’est. Ma l’obiettivo conclamato di Moro era certamente quello.
Anche se di solito sfugge alla folta pubblicistica sul sequestro dell’allora presidente della Dc, dal carcere del popolo di via Montalcini Moro ipotizzava una strategia identica con le Brigate rosse. La sua proposta era politica, non mirava solo a salvare la pelle. Il prigioniero considerava la presenza di un movimento rivoluzionario armato in Italia una realtà radicata che pensava non potesse essere eliminata solo sul piano militare. Suggeriva quindi di arrivare a una soluzione concordata, di fatto un’amnistia, offrendo in cambio al movimento armato la possibilità di diventare legale deponendo le armi e passando alla politica democratica. Ipotizzava la sua “istituzionalizzazione”.
Sergio Mattarella viene dalla scuola di Aldo Moro e si muove sulla stessa lunghezza d’onda. Sin da prima delle elezioni si è adoperata, con la dovuta discrezione, per istituzionalizzare quello che allora sembrava il solo partito anti- sistema con cui dover fare i conti: M5S. La strategia del Quirinale è passata soprattutto per un rapporto personale con il “leader politico” del Movimento, Gigi Di Maio, e i risultati si sono visti. Lo scoglio, imprevisto sul Colle, è stato superato con notevole eleganza: quella richiesta di impeachment contro il capo dello Stato, dopo il veto contro Savona ministro dell’Economia, che lo stesso Di Maio si dovette rimangiare in pochi giorni scusandosene formalmente e personalmente con il presidente che appena poche ore prima voleva destituire.
La centralità di Salvini è stata invece un imprevisto e al Quirinale il leader leghista è sempre stato visto sospetto e diffidenza molto maggiori di quelli riservati al pentastellato. Senza contare la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di farlo accettare da un’Europa moltopiù che ostile. Ma con Salvini, o meglio con la Lega, i conti vanno fatti e di conseguenza il Colle ha inizato a muoversi in quella direzione, con l’obiettivo abituale: istituzionalizzare la nuova Lega salviniana.
La sponda principale è stata individuata subito: Giancarlo Giorgetti, eminenza grigia del Carroccio ma anche massimo esponente dell’area ragionevole, tanto da godere del non secondario apprezzamento di Mario Draghi. Poi, lunedì scorso, Mattarella si è misurato direttamente con Salvini. Ha insistito sulla necessità, ai fini degli stessi obiettivi che il ministro degli Interni persegue, di non puntare solo sull’effetto propagandistico ma di sapersi muovere politicamente. La missione Sophia, ha martellato per due ore il Colle direttamente e indirettamente, è importantissima e la guida italiana garantisce un peso e un potere di contrattazione impareggiabili. Strillare “ce ne andiamo” può pagare a breve in termini di propaganda, ma per ottenre risultati concreti conviene invece tenersi stretto quel ruolo e farlo valere nella sede e nel luogo adeguati, dunque non domani al vertice di Innsbruck ma in settembre. Stessa musica sui 49 milioni che la magistratura ha ordinato di confiscare alla Lega. Chiedere un impossibile intervento del presidente è insensato, e Salvini lo sa da solo, ma anche strepitare a vuoto serve a poco. Bisogna invece che il Carroccio stesso individui una strada giudiziaria o politica per parare il colpo.
Salvini è uscito dal faccia a faccia col presidente contentissimo. L’istituzionalizzaione del Carroccio versione Salvini è cominciata.