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«L’unico amico di Renzi, in questa fase, è il presidente Mattarella » . Clemente Mastella, oggi sindaco di Benevento e storico esponente della Democrazia Cristiana, ministro del Lavoro nel governo Berlusconi e della Giustizia nel governo Prodi, è un profondo conoscitore delle dinamiche che hanno dato corpo alla Prima e alla Seconda Repubbica. E, in questa delicata fase di crisi, traccia un quadro della stasi politica post- referendaria.
Sindaco, proviamo a mettere qualche punto, in questa fase liquida delle consultazioni?
Io credo ce ne sia uno soltanto: per fortuna, tutto è in mano a un uomo che ha gestito moltissimi momenti di crisi politica. Il presidente Mattarella è la persona giusta per traghettarci oltre questa fase, altrimenti sarebbe davvero il panico istituzionale.
Proviamo a fare un passo indietro, all’origine scatenante di questa crisi. Che scenario politico ci consegna il voto referendario di domenica?
Partiamo da un assunto: il voto sulla riforma costituzionale è avvenuto in una dinamica bipolare, che non rispecchia in alcun modo la situazione politica attuale. Il 60% del No non rappresenta nessuna coalizione, ma nemmeno il 40% è un blocco coeso.
Il 40% del Sì non rappresenta l’attuale misura di Renzi?
No, basta guardare i flussi: ha votato sì il 20% di Forza Italia e anche una piccola parte dei Cinque Stelle. Il punto è che oggi il sistema è tripolare, con tre poli - il Pd, il centrodestra e il Movimento 5 Stelle - tutti al 30%. Bisogna ripartire da queste tre posizioni in campo.
Tre blocchi solidi sul piano politico?
Questa è stata un’apocalisse per tutti. Nel Pd è solo più evidente, ma anche il centro- destra è in difficoltà profonda. E poi basta vedere come s’appiccicano Di Maio e Fico per capire che anche nel Movimento 5 Stelle si stanno aprendo le prime crepe. Gli unici a stare peggio sono i verdiniani, direi.
Destinati all’irrilevanza?
E’ una difficoltà che sta nell’aritmetica, il loro è un partito solo parlamentare che non ha proiezioni esterne.
Questo referendum ha fatto tabula rasa, quindi. E ora come ci si muove?
Per ora siamo fermi al tentativo di Renzi di salvarsi per il rotto della cuffia. Ora nel Partito Democratico si apre uno scontro all’arma bianca e i primi a pagare saranno i membri del cerchio magico del segretario. Le correnti rispunteranno come funghi e non ci sarà spazio per la generosità verso il leader sconfitto.
Renzi non ha nemmeno un amico nel partito?
In questa fase l’unico vero amico di Renzi è il presidente Sergio Mattarella, nella sua veste istituzionale. Dentro il partito, rimprovero a chi poteva farlo di non aver alzato i toni quando era il momento, per evitare che Renzi s’incaponisse su questa riforma costituzionale, che è stata sbagliata nel metodo e nella sua personalizzazione.
E’ possibile già azzardare qualche ipotesi sull’esito di queste consultazioni?
Innanzitutto bisogna dire che qualsiasi governo, guidato da Renzi o da chi per lui, è destinato a durare al massimo fino a primavera. E questo non perché manchino le condizioni parlamentari: i voti ci sono, se non altro per la paura di onorevoli e senatori, molti dei quali sanno che non verranno rieletti. Mancano invece le condizioni nel Paese per arrivare al 2018: c’è profonda insoddisfazione e il flauto magico di Renzi si è rotto.
L’ipotesi delle urne, però, apre un altro problema: con quale legge elettorale?
Esiste un’unica soluzione che garantisce tutti, da Berlusconi a Renzi, ed è un sistema proporzionale. A mio modo di vedere, però, servirebbe un correttivo: un proporzionale con premio di coalizione, che però deve costituirsi prima del voto, con un vincolo morale di mandato a rispettarla.
Quale sarà la variabile che determinerà l’esito di queste consultazioni?
Bisogna vedere dove si deposita la limacciosità interna al Partito Democratico. E’ ciò che succede all’interno del partito di governo a poter modificare i termini della questione. Certo è che la crisi politica è molto forte, e l’unica fortuna è stata la saggezza popolare, che con questo voto ha tenuto salde le istituzioni.
Il “ totonomi” impazza: da Padoan a Gentiloni, passando per Franceschini. Lei vede qualche ipotesi credibile?
In questa situazione sono tutti deboli. Certo è che qualsiasi leader di ora sarà momentaneo. Però, se dovessi azzardare, toglierei dalla rosa il nome di Dario Franceschini.
Per quale motivo?
E’ troppo amico di Mattarella e il presidente sa che, se gli desse il mandato, darebbe l’idea di aver scelto autonomamente. Franceschini viene dalla Dc ed è una persona accorta: saprà avere l’intelligenza pratica di rasserenare la situazione, sia fuori che dentro al suo partito. Per non sommare al suicidio al referendum un altro suicidio.
Sa in piedi, invece, l’ipotesi di un governo Renzi- bis?
Qualsiasi governo rimandato alle Camere nasce molto debole. Renzi poi è sotto schiaffo, perché tutto può fare tranne che rimettere gli stessi dov’erano prima. Il che significa sacrificare i suoi: una Maria Elena Boschi, per esempio, dove potrebbe essere collocata ora?
Lei ha lunga esperienza di leader: domenica è stato il colpo di grazia per il renzismo?
Nella mia vita ho visto clamorose interruzioni di carriera e anche clamorose resurrezioni. Matteo Renzi ora deve giocare bene le carte che gli sono rimaste. Certo è che oggi tutto è più difficile.
GIULIA MERLO