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Non sappiamo ancora quale esito daranno i tamponi cui sono stati sottoposti i membri della giunta regionale lombarda. Il presidente Fontana si è comunque già tutelato mettendosi la mascherina sul viso in diretta Facebook. E’ scomparso dietro quella museruola bianca che lascia intuire ma non vedere. Politico mascherato. Lui giura, tra le polemiche, che il gesto s’imponeva per motivi igienico- sanitari. In queste ore convulse un altro suo assessore,
Alessandro Mattinzoli, è risultato positivo. L’Italia a rischio si copre il viso, mantiene le distanze. E fin qui, sarebbe fisiologico, anche comprensibile. Se non fosse che vengono in mente impulsi di mascheramento non dettati dall’emergenza pubblica. Impulsi di mascheramento che si sono materializzati ben prima delle mascherine adottate in queste ultime settimane anche in Parlamento, con una certa teatralità ( Per la serie “mi si nota più con o senza?”).
Ci viene in mente il fazzoletto nero, con monogramma dell’Arma, indossato dal neo assessore all’Ambiente della Regione Calabria. L’avete visto ( anzi non visto) tutti. Capitan Ultimo, alias Sergio De Caprio, l’uomo che arrestò Totò Riina nel 1993, si è presentato alla conferenza stampa di presentazione della nuova giunta di Jole Santelli, con il volto coperto.
L’ha sempre fatto, da carabiniere. «Devo essere nessuno per tutelarmi» spiega. E aggiunge: «Non lo faccio per fare paura o fare il figo». Intanto, però, è il primo caso di assessore mascherato. Ci si chiede: come affronterà le riunioni di giunta e gli incontri con le categorie? Per non farlo sentire in imbarazzo si metteranno tutti la sciarpa sulla bocca?
Che stia succedendo qualcosa, che si stia affermando un nuovo trend? In aggiunta al trasformismo di alcuni, malattia endemica, ecco il “travestimento”, arte dell’apparire e non apparire, dell’esserci o non esserci. Il che, in politica, avrebbe i suoi vantaggi. Lascerebbe un margine di incertezza. Prendete il governatore Fontana e quel suo ghigno sempre vagamente disgustato. Sotto la mascherina proteggi- virus, sparisce la possibilità di cogliere reazioni in diretta. E non è poco: anche lui ne trarrebbe i suoi bei vantaggi...
Diceva Luigi Pirandello: «C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro, e quando stai solo resti nessuno».
Per essere qualcuno, e far parlare di lui, il cantante Achille Lauro, a Sanremo, si è mascherato infilandosi in una aderente tutina all glitter, prodotta in Salento e creata da Gucci, nascosta sotto un mantello nero, poi fatto abilmente cadere.
Si è parlato di questo, non della canzone. Esibizionismo del vedo/ non vedo. Il rapper Junior Cally si è presentato al microfono con la maschera antigas, aggeggio che certo non potenzia la qualità della performance. Col senno di poi, quasi una premonizione.
Per dirla alla Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Perciò, se nei prossimi mesi, mascherine, sciarpe , tutine color carne, visiere, elmetti, giacche col bavero alzato, dovessero trovare altri numerosi estimatori pubblici, potremmo cominciare a sospettare che ci si trovi davanti ad una svolta.