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Lì, davanti al nuovo Tribunale di Marsala inaugurato dopo 15 anni di lavori, ci sono i massimi rappresentanti della giurisdizione. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, avvocato. Il vicepresidente del Csm, Davide Ermini, avvocato. Il presidente del Consiglio nazionale forense l’organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura - Andrea Mascherin, ovviamente avvocato. Il fatto che tutti e tre abbiano intrapreso una professione che esalta ruolo e diritti della difesa, e che ora si trovino ai massimi vertice giurisdizionali non è un caso. È piuttosto la conferma che l’avvocatura ha acquisito uno spessore, una dimensione e un’importanza - politica, sociale, professionale - che è impossibile sottovalutare o sottacere. È ciò che fa da sprone e rende urgente l’inserimento della figura dell’avvocato nella Costituzione. Come dice il Guardasigilli, va «scolpita» nella Carta per sancirne l’autonomia e l’indipendenza.
L’obiettivo è chiaro e a portata di mano. Il Parlamento in attesa di dimagrimento ha di fronte a sé un’opportunità fondamentale per rendere concreto un principio da tutti condiviso: la parità effettiva tra accusa e difesa nell’esercizio della giustizia. Si tratta perciò di una occasione da non tralasciare: risulterebbe imperdonabile. Inserito in Costituzione, l’avvocato sarebbe ancora meno condizionabile dai poteri economici, politici, dello Stato. Attrezzato nel modo giusto in difesa dei più deboli. Che è il suo obiettivo.