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Il piano rifiuti per salvare Roma dall’emergenza rifiuti c’era già alla chiusura della discarica di Malagrotta, ma fu ostacolato, per mettere i bastoni tra le ruote alla giunta guidata da Ignazio Marino.
Una lotta intestina che portò alla caduta della sua giunta, racconta al Dubbio l’ex sindaco e professore di chirurgia e senior vice president per gli Affari strategici presso la Thomas Jefferson University di Philadelphia, secondo cui l’attuale situazione è il frutto di «un fallimento dovuto all'azzeramento incomprensibile dei progetti avviati durante il mio mandato».
Professor Marino, perché non partì il suo piano per i rifiuti?
Nell’autunno del 2013, dopo la chiusura di Malagrotta, decisi di sostituire i vertici di Ama compreso il direttore generale, Giovanni Fiscon, attraverso una ricerca di mercato basata sul merito e le competenze. Non potevo mantenere in un ruolo così delicato chi aveva per anni collaborato con l’avvocato Cerroni nel momento in cui avevamo chiuso la sua discarica. Il Cda di Ama fu sostituito, ma l’ingegner Fiscon rimase al suo posto, difeso da tutti i partiti politici, fino al 2 dicembre 2014 quando venne arrestato per Mafia Capitale. Invito ad ascoltare un’intercettazione tra il dottor Salvatore Buzzi e il signor Massimo Carminati nella quale una frase molto efficace, “Fiscon 2 Marino 0”, spiega in che modo si era intervenuti sui partiti affinché trovassero argomenti per mantenere al suo posto in Ama l’uomo chiave che governava appalti, gare e affidamenti diretti. Restando alle date, noi chiudemmo Malagrotta il 1 ottobre 2013 e presentammo il piano alternativo ad inizio 2014, quindi poche settimane dopo.
Quindi era pronto al momento della chiusura di Malagrotta?
Sì, è falso accusarmi di aver chiuso la discarica di Malagrotta senza un piano. Ma fino a dicembre 2014 il Consiglio comunale, presieduto da Mirko Coratti, anche lui in seguito arrestato per Mafia Capitale, mi impedì di farlo votare. Alla fine il piano venne portato al voto dal nuovo presidente del Consiglio comunale. Del resto, tanti progetti che avevamo messo a punto, come quello sui rifiuti, miravano a strappare i servizi pubblici dalle mani di chi fino a quel momento aveva dettato legge in Campidoglio ma che al nostro arrivo fu messo alla porta. Per cambiare Roma bisogna avere coraggio e visione. Sono convinto di aver pagato, e ne vado fiero, l'aver chiuso le porte a certi personaggi.
Cosa prevedeva quel piano?
Oltre 300 milioni di euro di investimenti per impianti e nuova organizzazione logistica della raccolta e della pulizia della città. Avevamo previsto 4 Ecodistretti, ciascuno con una potenzialità di circa 400mila tonnellate anno ed un investimento complessivo di circa 200 milioni di euro ottenendo, grazie all’effetto combinato di riduzione dei costi ed incremento dei ricavi da valorizzazione, risparmi per la gestione dei rifiuti di circa 80 milioni di euro per anno. È falso scrivere che gli Ecodistretti erano solo sulla carta. A Rocca Cencia avevamo avviato la realizzazione di un Ecodistretto per il trattamento dei rifiuti organici e della plastica, circa 100mila tonnellate/ anno, con un impianto all’avanguardia. Tutto venne fermato perché, dopo la mia amministrazione, Roma e la Regione Lazio si sono accordate per esprimersi negativamente sulla realizzazione di questo impianto pubblico, e vorrei sottolineare l’aggettivo “pubblico”: infatti, mentre veniva proibito l’impianto pubblico è stato autorizzato con la determinazione G509021 del 27 giugno 2017 della Regione Lazio ed inserito nel Piano Regionale Rifiuti, anche nell’ultima revisione, un impianto per rifiuti indifferenziati, adiacente ad esso ma di proprietà privata. La giunta Raggi, e prima di lei il commissario Tronca, hanno deciso di lasciare chiuso nei cassetti il nostro lavoro, condannando Roma all'attuale situazione di degrado e sporcizia le cui immagini stanno facendo il giro del mondo.
Come fu la gestione rifiuti sotto il suo mandato?
Nei primi 100 giorni di governo, come detto, chiusi Malagrotta, sulla quale pendevano da 6 anni procedure Europee d'infrazione, ignorate dai miei predecessori, e in due anni di mandato ( 2013- 2015) portai la differenziata dal 30,5 al 44%. Se a distanza di 4 anni, di cui gli ultimi 3 a guida Cinquestelle, quel dato è rimasto intorno al 44% è evidente che ci troviamo di fronte ad un fallimento dovuto all'azzeramento incomprensibile dei progetti avviati durante il mio mandato. La mia amministrazione ha assunto atti fondamentali per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, a partire dai primi di febbraio del 2014, cioè solo 3 mesi dopo la chiusura di Malagrotta. Penso a quattro delibere, in particolare la 52/ 2015 sull’affidamento Ama che fu a lungo contrastata dai rappresentanti di tutti i partiti.
Come interpreta l’ennesimo rimpasto ai vertici Ama? Se in tre anni di governo della Capitale sono stati sostituiti oltre venti fra assessori e dirigenti apicali delle aziende di Roma è evidente che manca una visione del futuro e si punta soltanto a distruggere qualunque cosa fatta prima, come nel caso del nostro progetto sulla gestione dei rifiuti che avrebbe trasformato la raccolta e lo smaltimento da continua emergenza ad un'industria che produce ricchezza per la Capitale.
Quanto sta facendo la Regione Lazio basta? O manca pianificazione?
A questa domanda dovrebbe rispondere l’attuale segretario del Pd e presidente della Regione Lazio al quale, nei 28 mesi di governo della nostra giunta, ho più volte chiesto di intervenire affinché il sistema impiantistico di proprietà della Regione Lazio venisse riparato e reso più efficiente con un investimento di Acea che non gravasse sulle tasse dei cittadini. Ricordo come Acea si fosse resa disponibile. E ricordo anche come, dal 2014 al 2015, ogni tentativo si è arenato sulle scrivanie della Regione Lazio.
Proclamare lo stato di emergenza e creare un deposito- discarica nel territorio di Roma è una possibilità? Roma non può più tornare ad avere una discarica per gestire i suoi rifiuti. Serve creare degli Ecodistretti per favorire la chiusura del ciclo dei rifiuti urbani di Roma nel proprio territorio, massimizzando l’autosufficienza degli impianti industriali di Ama, in un’ottica di sostenibilità ambientale ed economica.