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Meglio dir chiaro ciò che tutti capiscono: non sarà cambiando la bandiera delle imbarcazioni Ong issando quella italiana al posto dei vessilli di altre Nazioni che la questione, delicatissima ed epocale, dell’immigrazione dall’Africa verrà risolta. Come pure non sarà puntando l’indice contro «le navi dei centri sociali» o personalizzando la polemica verso «pluripregiudicati coccolati da Pd e sinistra» ( il riferimento è del ministro Salvini verso Luca Casarin che guida la “Mar Jonio”, l’imbarcazione che ha raccolto una cinquantina di migranti ed è alla fonda a Lampedusa) che si ritroverà unità di intenti e spirito di collaborazione su un crinale che comunque vada è destinato a restare decisivo per i prossimi non solo anni bensì decenni.
Per questo risulta difficile allontanare lo sconcerto per il rimbombo polemico che provoca l’intreccio tra il voto di oggi del Senato su Matteo Salvini per la Diciotti e gli sviluppi della vicenda della “Mar Jonio”. Il meno che si può dire è che immaginare di affrontare la questione dei migranti attraverso strumentalizzazioni reciproche e bracci di ferro sulla pelle di disperati tra cui donne e minori, è insensato. La richiesta del Tribunale dei ministri di Catania riguardo il titolare dell’Interno da un lato, e il possibile sbarco di clandestini accolti da una nave battente bandiera italiana dall’altro, attengono a profili istituzionali, politici e giudiziari tra loro completamente diversi: mischiarli crea solo confusione e incertezza.
Fa bene dunque il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a richiamare tutti ad allontanare la tentazione di sfruttare a eventuali fini elettoralistici situazioni in cui sono coinvolte vite umane: «Di fronte alla singola emergenza siamo tutti in difficoltà: dobbiamo tutti impegnarci perché siamo tutti coinvolti». Un appello che tuttavia pare destinato a trovare scarsa o nulla accoglienza.
Oggi dunque l’aula del Senato vota e accoglierà il parere della giunta di palazzo Madama di respingere la richiesta dei giudici di processare Salvini: i dissenzienti cinquestelle sanno che se votano contro le indicazioni del MoVimento rischiano l’espulsione. Il tema dell’immigrazione e dei metodi per affrontarla d’intesa con i partner europei resterà sullo sfondo, imprigionata negli schematismi ideologici e nelle furbizie propagandistiche. Domenica si vota per le regionali in Basilicata e non c’è dubbio che il vicepremier leghista punterà ad utilizzare anche le ultime vicende per riproporre la linea dura contro gli sbarchi. Come pure, alla stessa stregua, i suoi oppositori non smetteranno di rinfacciargli atteggiamenti disumani e scarsa o nulla considerazione dei diritti di chi rischia la vita sui gommoni degli scafisti. Un cannoneggiamento da trincee opposte che forse comincia a stancare gli elettori. Tuttavia si tratta di un abbrivio che proseguirà fino alle elezioni europee, approdo verso cui in tanti guardano come una sorta di spartiacque: per arrivare ad elezioni anticipate, come lascia intendere il neo presidente del Pd, Paolo Gentiloni; oppure per rinegoziare il Contratto di governo su basi di maggior forza, come fanno intendere leghisti di primo piano anche loro però pronti a cavalcare il possibile sbocco elettorale.
Eppure i molteplici fronti aperti nel Paese, a cominciare da quello economico- finanziario, consiglierebbero al tempo stesso maggiore prudenza e un sussulto di determinazione. Dinanzi alle infinite ripicche che sembrano essere il filo conduttore dei rapporti nella maggioranza - ultima quella sulla flat tax - Luigi Di Maio si limita a replicare che «sicuramente un soluzione verrà trovata» : formula ampiamente usata in tante altre occasioni al punto da apparire logorata. Più opportuno sarebbe individuare possibili terreni di trattativa: ma forse si tratta di uno sforzo che mal si concilia con la campagna elettorale in atto. Peccato che essa sia praticamente infinita: con quali risultati è facile constatare.
Per cui è giocoforza tornare al premier, laddove avverte che il differimento della Brexit è meglio sia breve: «Per esperienza - sottolinea Conte - concedere una prospettiva lunga significa differire i problemi che si ripresenteranno uguali in prossimità della nuova scadenza». E’ un criterio saggio. Da usare, ad esempio, anche per la Tav: a differenza di quanto finora accaduto.