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È una manovra povera, anzi poverissima: tolti i 23 mld per evitare l'aumento dell'Iva restano appena 6 mld, da dividersi in gruzzoletti perché nelle coalizioni, sia, “a ciascuno il suo”. E' una manovra ancora traballante: la formula «salvo intese» si usa quando non tutto è definito ma bisogna chiudere lo stesso. In effetti sino all'ultimo secondo il varo della manovra vera e propria, legge di bilancio più dl fiscale, sembrava destinato a slittare per licenziare solo il Documento programmatico di bilancio, non rinviabile dato che alla mezzanotte di ieri scadeva il termine per inviarlo a Bruxelles.
Dunque non tutto è definito, anche se il premier Conte sostiene che quel “salvo intese” riguarda solo la definizione di infimi particolari. E' una manovra “vecchio stile”: quei 3 mld usciti fuori dal cassetto del Ministero dell'Economia all'ultimo secondo hanno salvato la situazione e impedito una prolungata rissa, ma somigliano come una goccia d'acqua alle coperture che il leggendario Giulio Tremonti “trovava” giocando con le cifre. In questo caso la proroga dei pagamenti delle partite Iva soggette a Isa.
Il rinvio della rata al prossimo marzo va bene a tutti: a chi deve pagare, allo Stato che si ritrova 3 mld liquidi in più, alla commissione europea che doveva certificare una manovra fondata sul presunto ( e impossibile) introito di 7 mld dalla lotta all'evasione e che li vede ora ridotti di molto. Al momento, salvo intese e salvo sorprese parlamentari, M5S vince su tutta la linea.
Respinti i tentativi del ministro Gualtieri e del Pd di rimodulare l'Iva. Affossata non solo la richiesta renziana di abrogare quota 100 ma anche quella, più contenuta ma anche molto più realistica, di ritoccare la legge del governo gialloverde spostando di 3 mesi le finestre. Di Maio è stato irremovibile. La mazzata arriva invece sulla mini Flat Tax per le partite Iva varata sempre dal governo gialloverde ma con in calce la firma della sola Lega. Senza più Salvini, nulla ostava a colpire lì.
Per quanto sostenuto da un fondo portato da 2,7 a 3 mld tondi, il cuneo fiscale, misura “di bandiera” dei 5S per ora è poca cosa. Porterà nella tasche dei lavoratori interessati una quarantina di euro in più al mese ma lascerà a secco le imprese. “Speriamo nell'anno prossimo”, cinguettano i governanti. L'abolizione del superticket è una misura importante ma più sul piano simbolico che su quello reale: in molte Regioni erano già stati cassati e dovrebbero essere compensati da una sforbiciata netta sulle detrazioni per le aliquote al 19%.
Inoltre partirà non a gennaio e neppure a luglio, per dimezzare i costi, ma a settembre, per ridurli a un terzo. Gli investimenti, nota dolente che espose il precedente governo Conte a un uragano di critiche, ma in questo caso si può stare certi che quasi non si sentirà volare una mosca. Una cosa è un governo nel mirino, un'altra, opposta, un “governo amico”.
Il solo elemento che caratterizza questa manovra è la scelta di puntare tutto, anche dal punto di vista dell'immagine e del consenso, sulla lotta all'evasione. E' stato lo stesso Conte a insistere e come crociata è certo tra le più meritorie. Con il rischio, però, che molto, se non tutto, si riduca a una crociatA più efficace sul piano della pubblica sanzione che su quello degli incassi effettivi. Il messaggio di Travaglio, è a dir poco inquietante: «Bisogna farli vedere in manette in modo che tutti gli altri si spaventino».
Sulla carta la maggioranza ha una sola idea forte, particolarmente importante perché si tratta anche del solo elemento che accomunava tutti i partiti al momento della nascita del governo anche se dopo la nascita di Italia Viva non è più così: la svolta verde, l'accelerazione della riconversione energetica, il Green New Deal appoggiato, nelle speranze dei governanti, da una Green Rule concessa da Bruxelles, dalla possibilità cioè di non contare gli investimenti verdi nel calcolo del rapporto deficit/ Pil.
La manovra sarà “modesta”, non perché modeste sono le risorse a disposizione ma perché modestissime sono le sue ambizioni . Del resto è proprio questa la scommessa di questa maggioranza: sostituire con l'ordinaria amministrazione il fragore propagandistico. Ma contrapporre alle promesse spesso effettivamente propagandistiche ma dotate di una loro visione una politica di margine e senz'anima potrebbe rivelarsi una scommessa molto azzardata.