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«Farò lo sciopero della fame fino a che ci sarà anche solo un’ora, anche solo un minuto per discutere in Aula dello ius soli». Il senatore del Partito Democratico Luigi Manconi, presidente della Commissioni diritti umani, non si rassegna a lasciar finire il disegno di legge in un binario morto ( nonostante la calendarizzazione di ieri) e sfida la propria maggioranza a un atto di coraggio.
Senatore, quante possibilità ci sono di approvare lo ius soli?
Riconosco che, oggi, le possibilità di approvare questa legge sono assai scarse e si stanno riducendo di ora in ora. Tuttavia continuo a pensare che sia rimasta ancora un’opportunità e nego che, come sembra essere opinione prevalente, non vi sia tempo e non vi siano i numeri. Ogni volta che lo si è voluto, il tempo e i numeri si sono trovati, sempre che se ne abbia la necessaria determinazione.
Se non sono il tempo e i numeri, che cosa manca per approvare la legge?
Mi trovo d’accordo con il ministro dell’Interno Marco Minniti, dal quale pure mi dividono tante questioni, quando dice: «Non è il tempo che manca, ma il coraggio». È proprio così.
Eppure siamo agli sgoccioli di questa legislatura e trovare uno spiraglio nel calendario sembra davvero improbo.
Contesto questa tesi con un esempio inequivocabile. Il primo giorno di questa legislatura, il 15 marzo del 2013, ho presentato il disegno di legge sul testamento biologico e, per quattro anni e 10 mesi, si è pensato che fosse definitivamente affossato. Lo si considerava divisivo e lacerante per l’opinione pubblica e per il Parlamento, ma poi è bastato un atto di volontà politica per portare il testo alla discussione in Aula e approvarlo in un paio di settimane. Tutto dipende dalla volontà politica, appunto.
Lei sta ancora digiunando per sollecitare l’opinione pubblica e politica?
Io ho iniziato il digiuno martedì e andrò avanti fino a che vi sarà una manciata di ore per discutere quel disegno di legge. Lo farò fino a che le condizioni di salute me lo consentiranno, dal momento che, come noto, non dispongo di un fisico propriamente bestiale.
A chi fa paura questo provvedimento?
A mio avviso non può fare paura a nessuno. Lo ius soli, però, ha un valore simbolico che induce settori della classe politica a utilizzarlo come posta in gioco di un aspro conflitto ideologico. Vi si ricorre, cioè, come una merce elettorale che dovrebbe tradurre politicamente il senso di smarrimento di settori della società di fronte agli stranieri. Tuttavia, per poterlo usare come strumento di galvanizzazione della paura, bisogna dire bugie e presentare lo ius soli come collegato allo sbarco dei migranti, quando invece nulla ha a che vedere con quel drammatico fenomeno.
Chiariamo ancora una volta, allora, che cosa prevede il decreto.
Si riferisce a bambini e ragazzi nati in Italia o comunque arrivati prima di 12 anni, da genitori stranieri già residenti, e che realizzano qui un intero ciclo di studi. Uno ius soli temperato, privo di qualunque automatismo, e che prevede un percorso di istruzione e formazione. Nulla che possa far paura, ma al contrario un mezzo capace di garantire la sicurezza collettiva.
In che senso parla di sicurezza collettiva?
Su mio invito quattro ex ministri dell’Interno di diversa ispirazione culturale, Enzo Bianco, Beppe Pisanu, Anna Maria Cancellieri e Rosa Russo Jervolino, hanno sottoscritto un documento in cui affermano che la riforma della cittadinanza costituisce un importante contributo alla convivenza pacifica, all’integrazione e al rafforzamento del legame sociale. È quanto pensa l’attuale ministro Minniti. Ecco, questa è la risposta più eloquente a quell’agitazione demagogica, che crea artificiali allarmi sociali, e vuole trasformare l’inquietudine degli strati popolari più deboli in razzismo.
Quante possibilità ci sono che le sue ragioni convincano l’attuale maggioranza, che deve compiere l’atto politico di calendarizzare lo ius soli?
Se c’è stata una larga maggioranza sul testamento biologico, mi ostino a pensare che sia ancora possibile ottenerla sullo ius soli. Rinunciare a provarci significa rinunciare alla politica, perpetuando l’errore rovinoso che ha portato al disastro della sinistra, la cui classe politica ha scelto un atteggiamento codardo e opportunista.