Gianfranco Rotondi, conoscitore di lungo corso delle dinamiche parlamentari e di centrodestra, non minimizza le schermaglie tra Lega e Fi ma li riconduce ai desiderata del “partito romano”, che vuol tenersi buone la Rai e Unicredit. «La famiglia Berlusconi non c’entra nulla, ma certo con una battuta potremmo dire che “Mediaset che salva la Rai” - spiega Rotondi - Ebbene, è una pernacchia a quelli che per tanti anni hanno parlato di conflitto di interesse».

Onorevole Rotondi, le schermaglie tra Lega e Fi sono normale dialettica tra partiti o c’è da preoccuparsi, come ha suggerito Maurizio Lupi?

Lupi ha ragione, ma io non drammatizzerei la dialettica tra Forza Italia e Lega. Sono forze politiche che hanno un terreno elettorale comune soprattutto al nord e poi diciamolo francamente: come appeal elettorale non è facile sopravvivere a un fenomeno crescente e carismatico come Giorgia Meloni. Oggi FdI è al 30% ma gli alleati sanno che se si votasse domani prenderebbe molto di più. Questo provoca un legittimo smarcamento che però non va esagerato sennò si innesca un meccanismo di crisi e rischiamo di buttare via il bambino e l’acqua sporca.

Crede che proprio per questo FdI, come il Pd nel centrosinistra, rischi di fagocitare gli alleati?

In realtà semplicemente il bipolarismo sta cominciando a viaggiare a tutto motore. Nella seconda repubblica il bipolarismo è stato coalizionale, adesso si va assestando principalmente intorno a due partiti, un po’ come nella prima repubblica. Allora il mercato elettorale se lo dividevano democristiani e comunisti, oggi FdI e il Pd.

Dunque FdI sarebbe la nuova Dc?

In politica non si butta via niente e Forza Italia, Noi moderati, la mia Democrazia cristiana, rappresentiamo tutti una cultura e una storia, della quale Giorgia Meloni ha mostrato di avere grandissimo rispetto. Direi che è abbastanza relativo se questa storia debba essere “esternalizzata” come avviene adesso o se invece non debba rientrare in un disegno unitario che può immaginare un ulteriore espansione al centro di FdI.

Non ha citato la Lega.

La Lega è la Lega. Non è assimilabile a nessuna ricomposizione del quadro politico perché ha un’identità storica non mutabile. Ci ha provato Salvini con lo sfondamento al Sud ma è un fenomeno largamente in rientro. La Lega rimane il partito nordista che oggi, principalmente per merito di Salvini, parla un linguaggio più nazionale ma resta un fenomeno a sé. Non a caso non entrò nemmeno nel Pdl di Berlusconi, che fu il primo esperimento di partito unitario del centrodestra.

Primo e unico, almeno fin qui.

Io spero che non sia l’unico. Nell’ultimo periodo prima che morisse ho parlato molto con Berlusconi e posso dire che il suo vero sogno non era Forza Italia maggioranza relativa ma una ripresa di un disegno e del pensiero lungo di un partito unitario del centrodestra. Berlusconi sognava un’Italia all’americana con democratici e repubblicani anche se lui vedeva in Italia un’area moderata segnata principalmente dalla cultura popolare piuttosto che dal pragmatismo di destra alla Trump.

A proposito di Berlusconi, ci sono Mediaset e la sua famiglia dietro lo scontro in maggioranza?

Io do un’altra lettura: oggi Forza Italia ascolta molto il partito romano, che è quello della Rai e del resto la stessa designazione alla guida della Rai Simona Agnes è una vittoria del partito romano a cui sono iscritti sia Giorgia Meloni che Gianni Letta tanto per fare due nomi. Queste schermaglie sono state dettate dal partito romano per il quale guai chi tocca la Rai e la famiglia Berlusconi non c’entra nulla. Certo con una battuta potremmo dire che “Mediaset che salva la Rai”. Ebbene, è una pernacchia a quelli che per tanti anni hanno parlato di conflitto di interesse.

Quindi non c’entrano nulla le questioni di pubblicità tra Mediaset e Rai?

Posso dire solo una cosa: sono stato ministro di Berlusconi e tra le persone a lui più vicine per quasi 30 anni. Ebbene: non ho mai percepito una ingerenza di Mediaset nelle politiche del centrodestra. Ed escludo che possano cominciare adesso.

Beh, prima non c’era bisogno di intervenire dall’esterno...

I Berlusconi anche allora gestivano i rapporti parlamentari in maniera autonoma. Non dimentichiamo la visita del presidente del Consiglio Massimo D’Alema agli studi Mediaset, la quale come azienda parla con tutti come è giusto che sia per un grande gruppo industriale.

A proposito di grandi gruppi, altro tema di scontro è la partita bancaria, come la vede?

Anche qui diciamo che il partito romano non se la vuole guastare con Unicredit mentre ovviamente il partito lombardo vuol difendere il carattere di Bpm che è quello di banca vocata alla piccola impresa. È del tutto legittimo che ci siano opinioni diverse.

Il Colle ha confermato l’avvenuto pranzo con Meloni, nel pieno delle polemiche: dobbiamo aspettarci interventi del Quirinale?

Se c’è una critica che voi giornalisti potete fare alla Meloni è che questa è una legislatura noiosa, perché lei è troppo brava. Cura il rapporto con gli alleati, con l’opposizione, partecipa al congresso della Cgil, a quello dell’Anci, è in ottimi rapporti con von der Leyen e Mattarella. Insomma, francamente capisco che non ci sia molto da dire ma il paese è contento di questa noia perché significa stabilità. Una volta tanto siamo noi a essere stabili mentre gli altri ballano, a partire da Francia e Germania.

Però non ha risposto alla domanda.

Diciamo che magari quello tra Meloni e Mattarella è stato un “natalino”, come a Roma vengono chiamati i pranzi aziendali per farsi gli auguri di Natale anticipati. Ma c’è da aspettarsi che Giorgia Meloni mangi ancora tre panettoni, questo e quelli dei prossimi due anni.