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Mimmo Lucano, il sindaco calabrese noto in mezzo mondo per aver trasformato il suo borgo abbandonato nel paese dell’accoglienza, ieri è stato condannato a 13 anni di galera. «Neanche a un mafioso», è stato il laconico commento dell’imputato. È un numero che fa tremare le vene e i polsi, soprattutto perché i giudici hanno aumentato di 6 anni la pena richiesta dai pm. Non sappiamo ancora il motivo di tanta durezza, e la frase d’ordinanza dietro la quale possiamo rifugiarci è sempre la stessa: “aspettiamo le motivazioni della sentenza”. Ma una cosa possiamo dirla: nessun magistrato ci convincerà mai che Mimmo Lucano sia un trafficante di essere umani, né che si sia arricchito compiendo abusi. La verità è che a questo punto della vicenda, Lucano assume il profilo di un disobbediente civile che paga un prezzo altissimo per aver sostenuto chi chiedeva aiuto: bambini, donne e uomini che fuggivano da guerre, carestie, torture. E nel momento stesso in cui Lucano stendeva la sua mano verso di loro, quella stessa mano è stata fermata dai ferri del nostro Stato. Come si sia potuto verificare una tale deformazione dei fatti, una tale distorsione della realtà è un mistero. Certo, noi continuiamo a ripeterci come un mantra che le sentenze vanno rispettate ma ciò non toglie che ognuno di noi, nel proprio intimo, è convinto che quella condanna sia una ingiustizia. E per un momento abbiamo sperato che anche da Matteo Salvini, avversario storico di Lucano, arrivasse l’onore delle armi e la preoccupazione per una giustizia che punisce scelte politiche. Speranze immediatamente disattese: pochi minuti dopo la sentenza di condanna, e con una “Bestia” tornata a pieno regime, sulla bacheca di Salvini sono apparse dichiarazioni di giubilo e soddisfazione. Un vero peccato che il leader leghista, colpito al cuore con un’indagine discutibilissima sul suo braccio destro, Luca Morisi, non abbia colto l’occasione per stabilire un principio valido per tutti, anche per gli avversari. Ma noi non cadremo nel tranello: continueremo a difendere Morisi, “la Bestia”, dalla valanga mediatico giudiziaria che lo ha travolto e, nello stesso tempo, a proclamare l’innocenza di Mimmo Lucano fino a sentenza definitiva. E anche oltre.