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L’uccisione di Guido Rossa determina la rottura tra Br e sinistra tradizionale ( cioè il Pci e i sindacati)? Credo di no. La rottura tra il Pci e tutte le forze che si collocavano alla sua sinistra avviene nell’autunno del 1969, quando Longo e Berlinguer, spinti soprattutto dall’ala riformista del partito ( cioè da Giorgio Amendola) provvedono all'espulsione dei dirigenti che avevano fondato la rivista il manifesto. Rossanda, Natoli, Magri, Pintor, Castellina.
Nei mesi precedenti, e soprattutto durante il ’ 68, il Pci di Longo aveva tentato di dialogare con il movimento. Storico l'incontro proprio di Longo con Oreste Scalzone, uno dei capi degli studenti romani, alla vigilia delle elezioni politiche. Dopo l’incontro Scalzone dichiarò: “scheda rossa”. Poi le cose cambiarono e il movimento si allontanò. Specie nel corso delle lotte operaie del 1969 e con la radicalizzazione dei due principali gruppi dell’arcipelago estremista, e cioè Potere Operaio e Lotta Continua.
Quando nacquero le Brigate Rosse, e iniziarono ad agire ( e cioè attorno al 1971- 72) la rottura era già consumata. Non ci fu bisogno di nessun atto di condanna, perché la condanna già c’era nei confronti di tutto ciò che si muoveva a sinistra del partito. Ed era durissima, irrevocabile. Lo scontro era costante e spesso era uno scontro fisico. Nelle scuole, all’università, nelle fabbriche, nei cortei.
Il Pci nei primi anni settanta sbagliò il giudizio sul brigatismo. Lo denunciò come un fenomeno frutto di un complotto della destra e dei servizi segreti. Ritenne che le azioni delle Br fossero frutto dello stesso disegno che aveva portato alla strage di piazza Fontana. La strage era stata addebitata agli anarchici, in un primo tempo ( dalla polizia, dai magistrati, dai giornali), solo un paio d’anni dopo si capì che non era una strage anarchica ma una strage organizzata dai servizi segreti con manovalanza fascista e poi fatta ricadere sulla sinistra. Il Pci pensò che il meccanismo si ripetesse, quando le Br sequestrano i dirigenti della Fiat, Macchiarini ed Amerio. Fu un grave errore di valutazione, ma certo non cambiò niente dal punto di vista della condanna. Durissima. I sindacati, in particolare la Cgil, seguirono il Pci.
Probabilmente la svolta nel giudizio ci fu con il sequestro del giudice Sossi, primavera 1974. Allora si capì che le Br erano una scheggia impazzita del movimento studentesco e dei gruppi estremisti. Non c’entravano niente col terrorismo stragista. Ma la condanna non cambiò.
Il Pci e il sindacato resero sempre più acceso lo scontro con gli estremisti. Nel 1977, due anni prima dell’uccisione di Rossa, gli studenti e quelli dell’autonomia romana diedero l’assalto al palco di Luciano Lama, che era il segretario della Cgil e cercava, inutilmente, di fare un comizio all’università. Il mitico e potentissimo servizio d’ordine della Cgil fu sbaragliato, ci furono molti feriti. Giorgio Amendola definì i giovani in modo durissimo: “fascisti rossi”. Berlinguer, poco dopo, li chiamò “untorelli” e poi “diciannovisti” ( con riferimento al diciannovismo di Mussolini).
L’attacco della lotta armata, alla fine degli anni ’ 70, in Italia, fu devastante. E la barriera la alzò più di tutti il Pci. Che assunse posizioni di estremo rigore, anche rinunciando a pezzi significativi dello stato di diritto. Si può condannare il Pci per “complicismo” con le Br? E’ una follia farlo, un falso storico. Casomai il Pci si macchiò della colpa di una scelta di opposizione alle Br quasi militarista.
Dopodichè io penso che sarebbe l’ora di aprire una discussione diversa. Rispondendo a queste tre domande: 1) Come nasce, perché e che funzione ebbe la lotta armata in Italia? 2) Spinse l’Italia a destra o a sinistra ( e che rapporto c’è tra terrorismo e riforme)? 3) Non è arrivata l’ora di un provvedimento di amnistia per i reati di quegli anni, che permetta anche un'operazione seria di verità?