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Ma non doveva essere tutto più chiaro un minuto dopo la chiusura delle urne europee? Non doveva succedere - come per mesi annunciato e assicurato - che misurati i veri rapporti di forza politici, si sarebbe capito se andare subito a elezioni anticipate o proseguire nell’esperienza gialloverde con rinnovato slancio? Insomma il 26 maggio non doveva rappresentare lo spartiacque per stabilire dove si collocava l’Italia e quali chance avrebbe avuto di far squillare forte e chiara la sua voce nelle polverose stanze di Bruxelles? Doveva: nelle menti delle attuali leadership.
Invece più passano i giorni e più la situazione si confonde; i paletti del percorso da intraprendere scompaiono nelle nebbie negli ultimatum rivolti allo specchio; le coordinate politico- economiche che dovrebbero far da bussola per ottenere i migliori risultati, si attenuano e ballonzolano davanti agli occhi come miraggi nel deserto. Sul fronte più delicato di tutti - quello del rapporto con la Ue - la situazione assume nuances surreali.
Salvini, indiscusso Lord vincente, vuole il taglio delle tasse e precisa che la Commissione Ue che si appresta ad avviare la procedura d’infrazione contro l’Italia è «vecchia e delegittimata» e «non può imporre sanzioni». Senonché si tratta della medesima Commissione verso la quale il premier Conte ed il ministro Tria si rivolgono per avviare una mediazione. Chi pensa che gli insulti aiutino la trattativa vive nell’iperuranio. Sempre il presidente del Consiglio assicura che la maggioranza procede spedita e tranquilla: maggiori entrate fiscali consentono di tappare i buchi del bilancio e tranquillizzare gli euroburocrati.
Il fatto che possa trattarsi di surplus una tantum e che non c’è intesa se debbano abbattere il debito o essere spese per misure “espansive” e “anticicliche” ( cioè in deficit) non appare degno di nota. L’M5S, mentre si lecca le ferite aperte del cataclisma elettorale e assiste alle intemerate di Beppe Grillo che vuole ricominciare daccapo (?), si ritraggono covando l’idea che se è Salvini a scottarsi le dita peggio per lui. Come se l’eventuale legnata della Commissione non colpisse anche loro. Che stanno al governo. Doveva essere tutto più chiaro. Certo: peccato sia la chiarezza dell’incomprensibilità.