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La sua lista si chiama “Calabria resistente e solidale”. Tre parole che raccolgono tutte le ambizioni di Domenico Lucano, ex sindaco di Riace, simbolo di un’accoglienza spazzata via da un’inchiesta giudiziaria piena di buchi neri e dall’avvento della Lega. E ora il “fuorilegge”, come si è autodefinito nel libro che racconta la sua storia, ha deciso di schierarsi a fianco di un ex pm, Luigi de Magistris, che ha scelto di spostare residenza e bagagli a sud di Napoli per guadagnarsi la guida della regione più problematica d’Italia. Una scelta che a molti è apparsa contraddittoria. Ma Mimmo “il curdo” delle contraddizioni non si interessa. Perché nella sua testa, come sempre, c’è solo un obiettivo: inseguire quegli ideali di convivenza tra le diversità e di fratellanza che aveva creato nel microcosmo di Riace. «Mi si dice: viene da Napoli, da fuori, uno “straniero”. Ma proprio a me si fa questa contestazione?»
Perché ha detto sì a de Magistris?
Non pensavo di candidarmi. Lo scorso anno, dopo la vittoria della destra, ho visto forte una forte rassegnazione. L’alternativa della sinistra era Pippo Callipo, un uomo di Confindustria: per me ha rappresentato la fine di tutto. Ero deluso da questa incapacità della sinistra di fare un’analisi della società calabrese e di non trovare mai un’occasione per tentare di dare una risposta. Luigi de Magistris ha fatto una cosa: mi ha subito dimostrato solidarietà per la mia vicenda giudiziaria. Mi ha definito l’antitesi del reato. Si è detto convinto che su di me si fossero scatenati poteri forti, poteri invisibili. Sotto questo punto di vista ci siamo sentiti molto simili. Per me questa è stata un’occasione.
Cosa vi accomuna?
Il fatto di essere un sindaco della sinistra, di aver avuto una relazione con i centri sociali a Napoli, di essersi speso, assieme a padre Alex Zanotelli, per l’acqua bene pubblico. Diverse persone hanno espresso preoccupazione per questa strana coppia. Ma chi si espone a fare il sindaco in aree molto complesse, come di certo lo è Napoli, merita una possibilità.
E il suo giustizialismo? Lo digerisce?
Capisco l’obiezione, ma ho voluto considerare il fatto che, quando è stato pm in Calabria, è arrivato alla borghesia delle mafie. E poi copre un vuoto dove il Pd, se si può definire di sinistra, non ha la forza per proporre.
Cosa si aspetta?
Una risposta per la vicenda politica di Riace. È una questione di principio, una storia rimasta in sospeso. Trovo che la mia vicenda giudiziaria sia piena di stranezze. A partire da quelle relazioni che hanno messo in moto la Procura e che sono state firmate, tra gli altri, anche da due funzionari oggi indagati proprio per vicende legate ai centri d’accoglienza. Quell’iter, avviato dall’allora prefetto Michele Di Bari, poi promosso da Salvini al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, doveva ribaltare tutto. C’era la necessità di inviare un messaggio politico: l’accoglienza non può essere gestita, lasciare a Lucano campo libero significa smentire un pezzo di propaganda leghista. Io ovviamente non voglio sottrarmi al processo. Ma tanti punti di questa storia non tornano.
La presenza di de Magistris come può aiutare la sua battaglia?
Vorrei impegnarmi come ho fatto a Riace. Non sono un esperto, ho fatto il sindaco con una passione forte, battendomi per i problemi sociali del mio territorio, per la questione dell’immigrazione, per l’acqua pubblica. Ci ho messo anni. E vorrei fare un lavoro simile alla Regione. Far sì che sull’acqua non sia possibile fare profitto. A Riace la mia amministrazione ha modificato lo statuto comunale affinché fosse indicata come bene pubblico imprescindibile dal quale nessuno può trarre profitto per scopi privati. Ecco, vorrei che ciò valesse per tutti i Comuni. E investire sulle energie rinnovabili.
Ha già un programma?
È tutto nella mia testa. Lo definisco “il programma delle A”. Oltre all’acqua, ovviamente c’è l’accoglienza, soprattutto nelle aree fragili. Riace è stata un’avanguardia, perché non ha escluso, ha ribaltato il paradigma e ha dimostrato che nei paesi in via di spopolamento l’immigrazione rigenera i luoghi, recuperando terreno fertile. Vorrei che la Calabria fosse composta da tante Riace, tante occasioni di rinascita, creare uno Sprar regionale che tenga conto di quel modello e della legge regionale 18 del 2009, elaborata proprio sulla base della nostra esperienza e che aveva ottenuto il riconoscimento dell’alto commissariato per i rifugiati. Voglio una trasformazione. Attendiamo da tanto tempo di vincere la rassegnazione ed è possibile anche in luoghi come la Calabria. Non dobbiamo solo piangerci addosso e andare tutti via. E poi punto sull’antimafia sociale. Nei nostri paesi non ci può essere solo un’antimafia militare. La mafia è una questione sociale che ci paralizza e porta i giovani ad andare via. Ma non si risolve solo con soluzioni giustizialiste, con i paesi pieni solo di carabinieri, poliziotti, guardia di finanza da un lato e mafiosi dall’altro. Gli spazi per noi dove sono?
E come l’avvicina questo a de Magistris?
Per me l’antimafia è il riscatto dall'oppressione. Il messaggio di Peppe Valarioti, di Peppino Impastato, l’uguaglianza, la giustizia sociale: credo siamo sulla stessa lunghezza d’onda su questi temi.