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Quarant’anni dopo la morte in diretta da Vermicino del povero Alfredino vegliato oscenamente nella sua disperata agonia da un popolo di voyeur, arriva , in parallelo con lo sviluppo tecnologico , il VAR di una strage. Assistiamo tutti ipnotizzati alla ripetizione rallentata degli ultimi istanti delle povere vite umane intrappolate nella funivia e spazzate via, immaginandoci cosa debbano aver provato nel momento in cui si sono sentite mancare la terra sotto di loro, i lunghi istanti del volo finale prima dello schianto. La cosa più oscena non sono tuttavia le immagini ma i commenti con cui tutti i responsabili dei media ( tra le poche eccezioni questo giornale) hanno giustificato la scelta “ pecorona” di accodarsi al tg 3 nel pubblicare la sequenza. Retorica a fiumi e solenni richiami al diritto di cronaca, senza avere il coraggio di ammettere che l’unica molla era una manciata di click e copie in più cui in questi tempi di magra non si può rinunciare. Spiccano tra le giustificazioni quelle del quotidiano di Torino diretto da Massimo Giannini, che una volta prima della svolta anti-5 stelle del giornale dove allora scriveva ( La Repubblica) guardava con simpatia al populismo giudiziario dei seguaci di Grillo e Casaleggio( non è un mistero che a votarli furono anche insospettabili liberals “ de noantri” come Galli della Loggia, lui almeno confesso).Scrive il commento di accompagnamento de La Stampa “ che la potenza delle immagini…che non lasciano spazio ad irricevibili guardonismi ( sic!) e’ più forte di mille parole e chiarisce come l’intervento dei freni avrebbe potuto impedire il disastro. “ Dopo la morte alla moviola abbiamo la sentenza in presa diretta, senza quelle inutili formalità come perizie e processi, roba da “ impunitisti “ come direbbe un altro cristallino liberal come Enrico Letta. Secondo Giannini “ la scelta di disarmarli ( i freni) ha avuto come conseguenza ciò che si vede” e se qualcuno non avesse capito lo spiega lui : il filmato “ definisce una responsabilità umana di cui sarà necessario chiedere conto”. Toni che sarebbero stati bene in bocca ad un Saint Just o ad un Viscinski, quando invocavano la ghigliottina ed i gulag per direttissima contro i nemici della rivoluzione , invece li usa il direttore di un giornale democratico e liberale. Per combinazione di taglio nella stessa pagina vi è un commento sulla questione dell’ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati che spiega come in realtà il profilo delle responsabilità sia una cosa assai più complessa di come la metta giù l’ottimo Giannini. Ad esempio prima di attribuire la patente di infamia e di colpevoli bisognerebbe stabilire “ oltre ogni ragionevole dubbio” che sarebbero bastati i freni ad evitare la tragedia ed ancora come sottolinea l’ex magistrato che l’evento fosse prevedibile per i responsabili. Tutte cose un po’ tecniche e assai difficili ( come gli effetti dei vaccini) su cui occorrerebbe si pronunciassero prima non dico qualche straccio di giudice ma almeno un perito. Certo le mani prudono di fronte alle immagini ma la ragione ronza fastidiosamente nella mente umana e dovrebbe frenare l’istinto, almeno per un illuminato liberal. Se non bastasse il parere di Bruti c’è anche l’opinione del procuratore capo di Verbania, Olimpia Bossi, che in un comunicato in cui , tanto per cambiare , riversa sui difensori l’addebito di aver diffuso i filmati ( forse per alimentare la “ giocosa macchina da linciaggio” dei propri assistiti) ma dice una cosa , una volta tanto, condivisibile. La dottoressa Bossi spiega correttamente che l’art. 114 del codice di procedura penale vieta la pubblicazione non solo degli atti di indagine espressamente coperti da segreto ma anche di quelli depositati ai difensori che non possono comunque essere divulgati alla pubblica opinione.È una tesi cara agli avvocati ed ai garantisti : mi è capitato di scriverne in un’altra vicenda assai meno drammatica , quella degli esami taroccati del calciatore Luis Suarez di cui vennero diffusi verbali e filmati mentre erano in atto ancora le prime investigazioni. Qualcuno eccepirà che i filmati non sono atti di indagine priori della polizia ma documenti in possesso di un indagato e come tali pubblicabili secondo anche una sentenza della Cassazione. Non è questo il punto : non si tratta di pubbliche registrazioni utilizzabili da chiunque ma registrazioni ad uso privato come quelle delle video-camere di sicurezza che secondo la legge e le direttive del garante della privacy ( https://protezionedatipersonali.it/videosorveglianza-e-tutela-dei-cittadini) hanno finalità strettamente limitate e non sono divulgabili. Su tale tesi procure ed organi di polizia hanno fatto sempre orecchie da mercante perché avrebbe stroncato sul nascere il fiorente mercato dei verbali clandestini e delle intercettazioni , telefoniche ed ambientali, ai giornalisti amici. Invece è proprio così e correttamente sul punto lo spiega la procura di Verbania: la pubblicazione di quei filmati è un atto illegale che deve essere sanzionato in quanto gli atti di indagine segreti e non devono restare riservati sino almeno alla richiesta di rinvio a giudizio e non pubblicabili neanche per estratti parziale fino a che degli stessi non venga a conoscenza il giudice nel processo.I l punto è che tale illecito viene punito con multe risibili per cui i giornali se ne infischiano e pubblicano impunemente la vita intima come la morte oscena di poveri cittadini, sia imputati che vittime. State certi che di fronte a sequestri di copie e siti, oltre che del pagamento di salatissime sanzioni, i cultori della libertà di stampa sarebbero ben attenti : non sarebbe male che uno degli emendamenti alla riforma penale di Cartabia se ne occupasse. Un’ultima cosa: colpisce stamani la diffusa auto-solidarietà e l’indulgenza plenaria della stampa al gran completo sulla questione. Non mancano speciosi distinguo da pseudo giuristi : il segnale che in questo paese, liberali o meno, alla fine contano interessi di prossimità .Sostiene uno che se ne intende come Giuliano Ferrara che la rivoluzione ( liberale e non) in Italia non sia possibile : “ ci conosciamo tutti”. Credo ci sia del vero.