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Victoria Vdovychenko del “Centre for geopolitics” dell’Università di Cambridge
L’ingresso dei soldati ucraini nella regione di Kursk e l’occupazione di circa mille chilometri quadrati di territorio russo potrebbe far perdere ulteriormente la lucidità a Vladimir Putin e indurlo a mosse sbagliate. Il boss del Cremlino ha sempre ostentato sicurezza e arroganza, dopo l’avvio dell’invasione ai danni dell’Ucraina. Ora, però, qualcosa potrebbe cambiare. «La perdita prolungata del controllo di parte dell’oblast di Kursk – dice al Dubbio Victoria Vdovychenko del “Centre for geopolitics” dell’Università di Cambridge e direttrice del programma per gli studi sulla sicurezza del think tank ucraino “Centre for defence strategies” - potrebbe diventare una palla al piede per Putin» .
L’offensiva ucraina in territorio russo è la novità di questi giorni. Sta cambiando qualcosa nella guerra di invasione avviata dalla Russia?
L’ «Operazione Kursk» delle forze di difesa ucraine mostra che il Cremlino non ha un’iniziativa assoluta nella guerra e non è pronto a sorprese. Ciò potrebbe portare a una complicazione della situazione per la Russia dal punto di vista militare e a conseguenze negative per la reputazione del regime di Putin. Al momento non è chiaro se l’ «Operazione Kursk» porterà ad una diminuzione della pressione dell’esercito russo nelle aree temporaneamente occupate. Tuttavia, in caso di mantenimento del controllo da parte delle forze di difesa dell’Ucraina sull’area dell’oblast di Kursk, Putin dovrà prestare grande attenzione alla situazione che si sta delineando. Anche se Putin considera le terre occupate in Ucraina come “parte del territorio russo”, dal punto di vista del Cremlino queste hanno comunque una priorità inferiore rispetto al territorio riconosciuto a livello internazionale. Pertanto, la perdita prolungata del controllo di parte dell’oblast di Kursk potrebbe diventare una palla al piede per Putin.
Quanto sta accadendo potrebbe avere delle ripercussioni sullo strapotere di Putin?
La situazione alla quale stiamo assistendo potrebbe potenzialmente ridurre il livello di fiducia della società russa nei confronti del dittatore e alimentare il discorso sulla necessità dell’aggressione ai danni dell’Ucraina. Si pongono, quindi, nuove e complesse sfide per la propaganda russa e le strutture di potere che potrebbero essere incanalate sotto forma di eventuali sentimenti di protesta. Sul fronte militare è possibile che il Cremlino dirotti significativi contingenti militari verso Kursk.
Mosca deve rivedere una serie di piani e rafforzare i propri confini?
Anche in vari scenari di sviluppo dell’ «Operazione Kursk» il Cremlino potrebbe correre ai ripari per anticipare diverse conseguenze militari e politiche. In primo luogo, se le forze di difesa ucraine tornassero lungo il confine con la Russia, quest’ultima dovrebbe investire risorse significative nel rafforzare l’intero confine con l’Ucraina per prevenire ulteriori attacchi. Ciò significherebbe anche la necessità di dispiegare truppe, che, date le risorse limitate di Mosca, potrebbero ridurre l’intensità dell’offensiva sul territorio ucraino. Inoltre, una notevole quantità di infrastrutture militari russe verrebbe distrutta.
Qualche osservatore, forse in maniera superficiale, ha affermato che l’Ucraina non può attaccare. Cosa risponde?
Certe affermazioni riflettono una visione limitata della situazione. L’Ucraina ha dimostrato una notevole capacità di difesa e di passare all’attacco, quando necessario. Le forze armate ucraine hanno affinato le loro tattiche, utilizzando sia risorse interne che supporto internazionale per condurre operazioni militari efficaci. La storia recente ha mostrato che l’Ucraina non solo è in grado di attaccare, ma lo fa con una determinazione e una strategia che non dovrebbero essere sottovalutate.
A due anni e mezzo dall'inizio della guerra ci sono margini per iniziare a ragionare su una tregua?
Il livello di paura tra i nostri partner è diminuito significativamente, ma lo spauracchio nucleare continua ad essere agitato. Sempre più persone in Occidente comprendono che la retorica sull’utilizzo dell’arma nucleare da parte del Cremlino, pensiamo a quanto dice Dmitry Medvedev, è utilizzata solo per spaventare. È del tutto evidente che Putin non vuole negoziare con l’Ucraina. Lo ha affermato in modo chiaro dall’inizio dell’aggressione, dopo i primi tentativi di negoziati. Putin vuole che l’Ucraina venga costretta a sedersi al tavolo delle trattative e che le venga dettato cosa firmare. Ovviamente, conta di negoziare prima di tutto con gli americani. Per lui tutto ciò che è successo negli Stati Uniti è molto scomodo e spiacevole. Putin puntava su Biden come candidato alla Casa Bianca, essendo, per varie ragioni, un presidente molto prevedibile. Con Trump, la situazione è incerta: c’è la speranza di poter raggiungere un accordo, ma non è escluso un fallimento qualora Trump decidesse di fornire armi all’Ucraina. Anche con Kamala Harris la situazione è poco chiara. Per Putin, Harris è una figura sconosciuta e insignificante, dietro la quale non è ancora chiaro chi si stia muovendo. Al momento non ha assunto una posizione per negoziare e sta aspettando. Inoltre, la probabilità che inizino quest’anno dei negoziati tra Russia e Ucraina è pari a zero. L’avvio di negoziati completi potrebbe avvenire solo quando ci sarà una nuova amministrazione alla Casa Bianca. Sarà necessario, pertanto, costruire relazioni e tenere colloqui preliminari con la nuova amministrazione statunitense. Solo dopo potrebbero iniziare veri e propri negoziati.