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Sul Colle la preoccupazione politica è ormai una sorta di condizione esistenziale permanente. Il peso di termini come ' sollievo' o ' tensione' va quindi riadattato alle circostanze specifiche: parlare di sollievo vuol dire che non si teme il crollo a breve. Insomma, si vive, se non alla giornata, almeno alla mesata.
Messe così le cose, al Quirinale un certo sollievo c'è davvero. Perché l'eventualità più temuta sembra ormai evitata: lo scioglimento delle Camere prima del referendum del 29 marzo. Sarebbe, e ormai quasi sarebbe stato, il quadro peggiore.
Formalmente nulla avrebbe impedito di votare per un Parlamento non ancora tagliato e il capo dello Stato, rigoroso com'è nel rispetto della lettera della Costituzione oltre che del suo spirito, non avrebbe esitato indire nuove elezioni. Consapevole però della contraddizione che si sarebbe creata con un Parlamento composto da 900 eletti proprio alla vigilia di un referendum nel quale, prevedibilmente, gli elettori sanciranno invece che i parlamentari devono essere solo 600.
La temuta eventualità non è ancora ufficialmente scartata ma le probabilità che si realizzi sono quasi pari a zero. A quel punto, ragionano sul Colle, le elezioni regionali saranno alle porte e il clima pre- elettorale, con sei regioni in ballo, un test nazionale se mai ce ne furono, basterà a frenare ogni tentazione di crisi. Dunque si arriverà a giugno. Oltre quella data, però, i binocoli del Quirinale non arrivano.
Molto dipenderà dall'esito di quel voto e dalla reazione delle singole forze politiche. Una sconfitta secca e per così dire ' senza onore' del Pd sarebbe una mina deflagrante, ma anche una sconfitta onorevole o un pareggio del Nazareno, accompagnata dall'avvicinamento tra Pd e M5S potrebbe avere conseguenze letali. In quel caso infatti Renzi potrebbe scegliere di bloccare la marcia di avvicinamento, prima die essere stritolato, facendo saltare la maggioranza.
Si tratta sempre, sia chiaro, di previsioni parziali. La principale incognita che campeggia resta infatti la sorte del M5S. Se il Movimento riuscirà a tenersi almeno formalmente unito il governo dovrebbe reggere alla fibrillazione permanente del formicaio pentastellato impazzito. Ma se invece si arrivasse a una scissione formale, si tratterebbe di fatto di un colpo di grazia. Un governo che già stento a muovere ogni passo con una maggioranza a quattro imploderebbe con una riedizione del ' pentapartito'.
Il capo dello Stato è probabilmente del tutto consapevole dell'immobilismo al quale le divisioni interne condannano il governo. Certo non gli sfugge il paradosso nel quale si è impantanata la parabola della prescrizione: la sfida tra i tre partiti di maggioranza che, sia pure a diversi livelli di mediazione, vogliono reintrodurre la prescrizione impedisce quella reintroduzione e premia la posizione dell'unica forza politica che la prescrizione vuole abolirla: quella di cui fa parte il ministro Bonafede.
Ma la consapevolezza delle difficoltà estreme in cui si dibattono governo e maggioranza non è motivo sufficiente perché il Colle possa o voglia decretarne la sorte. Sia perché finché i numeri in parlamento ci sono e finché il termometro dello spread tiene non c'è motivo per sciogliere le camere, sia perché una crisi, oggi, porterebbe a una situazione drammatica e difficilissima. Mattarella ha già fatto sapere con la dovuta discrezione che non accetterebbe maggioranza alternative raffazzonate, prive di credibilità, tenute insieme solo da un cieco istinto di sopravvivenza.
Ma è evidente che le cose non andrebbero affatto così lisce. La priorità di Renzi, l'obiettivo che non ha mai perso di vista, è infatti eliminare Conte senza sacrificare la legislatura. Il gioco di avvicinamento tra i due Mattei, con Giorgetti come figura di raccordo, mira precisamente a questo. Non è detto che Renzi riesca a costruire una trama abbastanza robusta per sostenere la legislatura in caso di caduta di Conte. Ma, nella situazione caotica che imperversa nella politica in generale e tra i gruppi parlamentari ancora di più, non è neppure detto che non ci riesca e in questo caso per il capo dello Stato dar seguito concreto alla minaccia di sciogliere le camere se questo governo cadrà diventerebbe molto più arduo.
A forse, alla fine, a decidere della sorte della legislatura e del paese saranno forze che sfuggono completamente al controllo dei partiti e delle istituzioni italiane. La vera rete di protezione del governo, nonostante il conclamato immobilismo, è il responso che resta positivo dei mercati, con uno spread precipitato a poco più di 130 punti dopo le elezioni in Emilia. Se quell'indicatore, stressato da numerosi focolai di crisi tra i quali quello del virus cinese è il più temibile, dovesse passare dal verde al rosso, aggiungendosi a quello già drasticamente negativo della produzione industriale, tutte le previsioni finirebbero nel cestino della carta straccia.