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Lo so che è prematuro, anche un po’ azzardato, ma vorrei tentare di fare il punto nave. L’Italia è chiusa per virus. Prima di domandarci chi approfitterà e quali sono gli scenari dell’avvenire – che è pressoché impossibile stabilire oggi – proviamo a chiederci da dove viene questa chiusura. Arriva il virus. Ha una velocità di propagazione maggiore rispetto all’influenza degli ultimi anni. Basta lavarsi le mani per sospendere il contagio. Le strutture ospedaliere sono sovraccariche di lavoro.
Verrebbe da pensare che occorra aumentare il personale medico e sanitario. Invece parte una campagna mediatica incredibile che semina terrore e panico. Incominciando con la storia delle mascherine.
Che non servono a nulla perché non impediscono lo scambio di “goccioline” e perché una volta toccate con le mani non sono più sterili. Ma questo non viene detto. Neppure viene detto che il sapone lava meglio dei detergenti a base di alcol. Alcune norme igieniche di base, compiute con maggiore frequenza, l’igienizzazione dei mezzi pubblici e degli uffici sarebbero state misure sufficienti per proseguire fino alla riduzione del contagio. Come in ciascuna epidemia. Invece no. Partendo dal presupposto, inoppugnabile, che i cittadini sono tutti sozzoni, ignoranti, ribelli e deficienti, hanno chiuso tutto. A poco a poco a Milano stanno chiudendo anche i negozi. Cosa stanno aperti a fare che in giro non c’è nessuno. L’idea del popolo ignorante e fragile ha preparato il terreno alla legislazione emergenziale. A cominciare dalle leggi antiterroristiche dopo il caso Moro – quando Moro era già stato lasciato morire – alle leggi antimafia degli anni ’ 90, dopo le stragi dovute alle indagini sugli appalti, fino al codice antimafia e alla legge spazzacorrotti che equipara la corruzione alla mafia. In mezzo, il caso Verdiglione, con l’eliminazione della cultura e dell’arte non ideologizzate, e Tangentopoli, con l’eliminazione, anche fisica, di un’intera classe politica e imprenditoriale. Il cittadino, a ciascun passaggio, è sempre più colpito dal sospetto. E il sospetto ha la particolarità di allargarsi, “Malleus maleficarum” docet. Dal terrorismo alla mafia, dalla mafia alla corruzione, fino all’unzione. Il processo accusatorio in Italia non è ancora arrivato, perché la cultura emergenziale ha sempre richiesto il mantenimento della procedura inquisitoria. E il popolo diventa sempre più giustizialista. Per forza. Le persone nascono e crescono con la cultura del sospetto, della delazione, dell’inquisizione. Qualsiasi transazione finanziaria oggi è sospetta, anche qualsiasi compravendita ormai. E allora ecco il virus. Il virus per cui oggi persino parlare è sospetto, incontrarsi vietato. Mantenere un metro e mezzo di distanza.
Gli scenari che si aprono a questo punto non sono per nulla chiari. Però una cosa possiamo dirla: basta con la demonizzazione della vita, dello scambio, della solidarietà, della generosità, del fare, dell’intrapresa in ciascuna forma, dalla ricerca all’impresa, all’arte, al diritto e alla ragione. La morte non è la pena da assegnare a coloro che non la pensano secondo il luogo comune, che non hanno il sentimento sociale. La morte non ha alcun potere sulla vita. E proseguire a minacciarla e a comminarla in tutte le sue declinazioni non gioverà alla riuscita e alla salute, tanto meno alla salute pubblica, di cui sarebbe opportuno occuparsi con investimenti e raziocinio nell’allocazione delle risorse invece di continui tagli.